PLA.
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Ha
voglia di marito; da ridere mi viene:
Povera mia sorella, è stanca di star bene.
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FAU.
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Servo di donna Placida.
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PLA.
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Don Fausto riverito. (da sé)
(Eccolo, sempre lindo e sempre mai compito).
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FAU.
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Godo
vedervi escita da quei recinti avari
A
vivere contenta fra i vostri patrii lari.
Merita
ben, chi unito ha il senno alla bellezza,
Nuotar felicemente nel mar di contentezza.
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PLA.
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Vostra
mercé, signore, dagli avidi cognati
I frutti della dote abbiam ricuperati.
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FAU.
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Astrea
ragion vi fece, e prospera vi fu.
Ha vinto il vostro merito, non già la mia virtù.
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PLA.
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Eh,
il mio dottore amabile, questa signora Astrea
Da
pochi si conosce per arbitra e per dea.
Se
usato non aveste per me l'arte e l'ingegno,
Escita non sarei sì facil dall'impegno.
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FAU.
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Vantar
soverchiamente il mio valor non uso,
Ma
pur gli encomi vostri non sdegno e non ricuso;
Poiché
labbro gentile che di sue lodi onora,
Anche un terreno sterile, anche un vil campo infiora.
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PLA.
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Sedete, se vi aggrada.
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FAU.
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Seder non si concede
Al servo, allor che stassi la sua signora in piede.
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PLA.
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Ambi sediamo. (siede)
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FAU.
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Un cenno puote obbligarmi a farlo.
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PLA.
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Sempre gentil don Fausto.
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FAU.
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Arrossisco e non parlo.
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PLA.
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Dunque
sperar possiamo che vinti ed avviliti
Gl'indocili avversari non tentino altre liti.
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FAU.
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Vivete
pur sicura, sotto i legali auspici
Godrete
in lieta pace, godrete i dì felici;
Ma provvida
pensate, e liberal qual siete,
Che altrui render felice, che altrui bear potete.
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PLA.
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Deggio ai poveri forse donar l'argento e l'oro?
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FAU.
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Far parte altrui dovete di un più ricco tesoro.
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PLA.
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Di che? Non vi capisco.
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FAU.
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Spirto a virtute amico
Può
quel che dire intendo, capir da quel ch'io dico.
Pur
se vi sembra arcano di mie parole il nodo,
Porgermi può di sciorlo un vostro cenno il modo.
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PLA.
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Soddisfa al genio mio chi parla apertamente.
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FAU.
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Dunque
non sarò ardito, sarò condiscendente.
Signora,
il nuovo stato di vostra vedovanza
Destata
ha in più d'un seno la fervida speranza.
Il
primo possessore di voi tratto dal mondo,
Si può sperar che possa succedere il secondo?
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PLA.
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No,
don Fausto, credetemi, non voglio più arrischiarmi
A violentar un cuore per obbligo ad amarmi.
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FAU.
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Obbligo
tal sarebbe sì dolce e fortunato,
Che alcun desiar non puote d'esserne dispensato.
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PLA.
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E
ben, se alcun mi crede degna di qualche affetto,
Che
mi ami in libertade, senz'essere costretto.
Eccovi
del mio cuore tutta l'idea spiegata:
Io
non vo' tormentare, né essere tormentata.
Capace
son d'amare sino all'estremo giorno,
Ma ciò non vi prometto con un legame intorno.
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FAU.
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Amar
senza un legame, e amar fida e costante!
Signora, io non v'intendo. Qual genere d'amante?
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PLA.
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Ad
uomo qual voi siete, è van che più si dica.
L'amor
di cui favello, è amor di vera amica.
Quella
amistade onesta che di esibir mi lice,
Un
cuore che ben ama, può rendere felice.
Chi
più da me pretende, chi più mi chiede audace,
Aspira
ad involarmi dal cuor la cara pace.
Nell'uomo
non può dirsi amore una virtù,
Se brama, per piacere, la donna in schiavitù.
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FAU.
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Tutti
non son capaci di un virtuoso affetto.
Io
forse più d'ogni altro di ciò mi comprometto.
In
me poiché quest'alma i pregi vostri ammira,
Nuovo
amor, nuova fede, un bell'esempio ispira.
Sarem,
se vi degnate di preferirmi a tanti,
Sarem coll'amor nostro la scuola degli amanti.
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PLA.
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In
general finora parlai del genio mio.
Son
donna, e son capace d'una catena anch'io;
E
quel che in secondarmi più liberal si fa,
M'insidia
più d'ogni altro la cara libertà.
Priegovi,
se mi amate, esser men facilmente
A
quel che vi propongo di cuor condiscendente.
Se
voi mi obbligherete a risentir l'affanno,
Dirò
che lo faceste con arte e con inganno.
Avrete
una vittoria, è ver, sul mio talento,
Ma
un dì vi darà pena vederne il pentimento.
Siate
nei sacrifizi più accorto e più discreto:
Il troppo compiacermi ancora io vi divieto.
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FAU.
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Piacemi
il bel comando: un non so che vi trovo,
Vi
trovo una bellezza di carattere nuovo.
Se
voi foste veduta ad arringar nel foro,
Giudici
non saprebbero negarvi i voti loro,
E
Paride fra mille, non che fra tre donzelle,
Voi
giudicar dovrebbe la bella infra le belle.
Signora,
lungamente restai più del dovere,
Né
so se vi recassi piacere o dispiacere
Vorrei
partir temendo di rendermi molesto. (si alza)
Ma no, rammento il cenno. Per dispiacervi io resto.
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PLA.
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Certo i' sarei dolente restando di voi priva. (teneramente)
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FAU.
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Con voi, se ciò sia vero, resterò fin ch'io viva. (con
tenerezza)
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PLA.
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Ecco
una compiacenza che mettemi in periglio
Ah,
voi mi costringete fuggir dal vostro ciglio. (s'alza)
Se
ingrato e compiacente valete a cimentarmi,
Addio. Sarò la prima io stessa a licenziarmi. (vuol
partire)
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FAU.
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Fermatevi
un momento. Perdono io vi domando,
Se male
col divieto confondemi il comando.
Partirò,
e per non esservi grato, partendo, o ingrato,
Dirò
che al mio dovere mi chiama il magistrato.
Farò,
se il permettete, ritorno a riverirvi.
Spesso
verrò, sperando di meglio infastidirvi.
Se
in me per obbligarvi temete un qualche dono,
Odiatemi per questo, che il soffro e vi perdono. (parte)
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