Carlo Goldoni
Le smanie per la villeggiatura

ATTO SECONDO

Scena Decima. Filippo, poi Giacinta

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Scena Decima. Filippo, poi Giacinta

 

FILIPPO: Fulgenzio mi ha dette delle verità irrefragabili, e non sono sì sciocco ch'io non le conosca, e non le abbia conosciute anche prima d'ora. Ma non so che dire, il mondo ha un certo incantesimo, che fa fare di quelle cose che non si vorrebbono fare. Dove però si tratta di dar nell'occhio, bisogna usare maggior prudenza. Orsù, in ogni modo mi convien licenziare il signor Guglielmo, a costo di non andare in campagna.

GIACINTA: Mi consolo, signore, che la seccatura è finita.

FILIPPO: Chiamatemi un servitore.

GIACINTA: Se volete che diano in tavola, glielo posso dire io medesima.

FILIPPO: Chiamatemi un servitore. L'ho da mandare in un loco.

GIACINTA: Dove lo volete mandare?

FILIPPO: Siete troppo curiosa. Lo vo' mandare dove mi pare.

GIACINTA: Per qualche interesse che vi ha suggerito il signor Fulgenzio?

FILIPPO: Voi vi prendete con vostro padre più libertà di quello che vi conviene.

GIACINTA: Chi ve l'ha detto, signore? Il signor Fulgenzio?

FILIPPO: Finitela, e andate via, vi dico.

GIACINTA: Alla vostra figliuola? Alla vostra cara Giacinta?

FILIPPO: (Non sono avvezzo a far da cattivo, e non lo so fare).

GIACINTA: (Ci scommetterei la testa, che Leonardo si è servito del signor Fulgenzio per ispuntarla. Ma non ci riuscirà).

FILIPPO: C'è nessuno di ? C'è nessun servitore?

GIACINTA: Ora, ora, acchetatevi un poco. Anderò io a chiamar qualcheduno.

FILIPPO: Fate presto.

GIACINTA: Ma non si può sapere, che cosa vogliate fare del servitore?

FILIPPO: Che maledetta curiosità! Lo voglio mandare dal signor Guglielmo.

GIACINTA: Avete paura che egli non venga? Verrà pur troppo. Così non venisse.

FILIPPO: Così non venisse?

GIACINTA: Sì, signore, così non venisse. Godremmo più libertà, e potrebbe venire con noi quella povera Brigida, che si raccomanda.

FILIPPO: E non avreste piacere d'aver in viaggio una compagnia da discorrere, da divertirvi?

GIACINTA: Io non ci penso, e non v'ho mai pensato. Non siete stato voi che l'ha invitato? Ho detto niente io, perché lo facciate venire?

FILIPPO: (Mia figliuola ha più giudizio di me). Ehi, chi è di ? Un servitore.

GIACINTA: Subito lo vado io a chiamare. E che volete far dire al signor Guglielmo?

FILIPPO: Che non s'incomodi, e che non lo possiamo servire.

GIACINTA: Oh bella scena! bella, bella, bellissima scena. (Con ironia.)

FILIPPO: Glielo dirò con maniera.

GIACINTA: Che buona ragione gli saprete voi dire?

FILIPPO: Che so io?... Per esempio... che nella carrozza ha da venire la cameriera, e che non c'è loco per lui.

GIACINTA: Meglio, meglio, e sempre meglio. (Come sopra.)

FILIPPO: Vi burlate di me, signorina?

GIACINTA: Io mi maraviglio certo di voi, che siate capace di una simile debolezza. Che cosa volete ch'ei dica? Che cosa volete che dica il mondo? Volete essere trattato da uomo incivile, da malcreato?

FILIPPO: Vi pare cosa ben fatta, che un giovane venga in sterzo con voi?

GIACINTA: Sì, è malissimo fatto, e non si può far peggio; ma bisognava pensarvi prima. Se l'avessi invitato io, potreste dir non lo voglio; ma l'avete invitato voi.

FILIPPO: E bene, io ho fatto il male, ed io ci rimedierò.

GIACINTA: Basta che il rimedio non sia peggiore del male. Finalmente, s'ei viene con me, c'è la zia, ci siete voi: è male; ma non è gran male. Ma se dite ora di non volerlo, se gli fate la mal'azione di licenziarlo, non arriva domani, che voi ed io per Livorno e per Montenero siamo in bocca di tutti: si alzano sopra di noi delle macchine, si fanno degli almanacchi. Chi dirà: erano innamorati, e si son disgustati. Chi dirà: il padre si è accorto di qualche cosa. Chi sparlerà di voi, chi sparlerà di me; e per non fare una cosa innocente, ne patirà la nostra riputazione.

FILIPPO: (Quanto pagherei che ci fusse Fulgenzio che la sentisse!) Non sarebbe meglio che lasciassimo stare d'andar in campagna?

GIACINTA: Sarebbe meglio per una parte; ma per l'altra poi si farebbe peggio. Figurarsi! quelle buone lingue di Montenero che cosa direbbono de' fatti nostri! Il signor Filippo non villeggia più, ha finito, non ha più il modo. La sua figliuola, poveraccia! ha terminato presto di figurare. La dote è fritta; chi l'ha da prendere? chi l'ha da volere? Dovevano mangiar meno, dovevano trattar meno. Quello che si vedeva, era fumo, non era arrosto. Mi par di sentirle; mi vengono i sudori freddi.

FILIPPO: Che cosa dunque abbiamo da fare?

GIACINTA: Tutto quel che volete.

FILIPPO: S'io fuggo dalla padella, ho paura di cader nelle bragie.

GIACINTA: E le bragie scottano, e convien salvar la riputazione.

FILIPPO: Vi parrebbe dunque meglio fatto, che il signor Guglielmo venisse con noi?

GIACINTA: Per questa volta, giacché è fatta. Ma mai più, vedete, mai più. Vi serva di regola, e non lo fate mai più.

FILIPPO: (È una figliuola di gran talento).

GIACINTA: E così? Volete che chiami il servitore, o che non lo chiami?

FILIPPO: Lasciamo stare, giacché è fatta.

GIACINTA: Sarà meglio, che andiamo a pranzo.

FILIPPO: E in villa abbiamo da tenerlo in casa con noi?

GIACINTA: Che impegni avete presi con lui?

FILIPPO: Io l'ho invitato, per dirla.

GIACINTA: E come volete fare a mandarlo via?

FILIPPO: Ci dovrà stare dunque.

GIACINTA: Ma mai più, vedete, mai più.

FILIPPO: Mai più, figliuola, che tu sia benedetta, mai più! (Parte.)


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