Carlo Goldoni
Le smanie per la villeggiatura

ATTO TERZO

Scena Quinta. Leonardo, poi Cecco

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Scena Quinta. Leonardo, poi Cecco

 

LEONARDO: È fuor di sé dalla consolazione. Certo, che se restava in Livorno, non le si poteva dare una mortificazione maggiore. E io? Sarei stato per impazzire. Ma! il puntiglio fa fare delle gran cose. L'amore fa fare degli spropositi. Per un puntiglio, per una semplice gelosia, sono stato in procinto di abbandonare la villeggiatura.

CECCO: Eccomi di ritorno.

LEONARDO: E così, che hanno detto?

CECCO: Li ho trovati padre e figlia, tutti e due insieme. M'hanno detto di riverirla; che avranno piacere della di lei compagnia per viaggio, ma che circa il posto nella carrozza, abbia la bontà di compatire, che non la possono servire, perché sono impegnati a darlo al signor Guglielmo.

LEONARDO: Al signor Guglielmo?

CECCO: Così m'hanno detto.

LEONARDO: Hai tu capito bene? Al signor Guglielmo?

CECCO: Al signor Guglielmo.

LEONARDO: No, non può essere. Sei uno stolido, sei un balordo.

CECCO: Io le dico, che ho capito benissimo, e in segno della mia verità, quando io scendeva le scale, saliva il signor Guglielmo col suo servitore col valigino.

LEONARDO: Povero me! non so dove mi sia. Mi ha tradito Fulgenzio, mi scherniscono tutti, son fuor di me. Sono disperato. (Siede.)

CECCO: Signore.

LEONARDO: Portami dell'acqua.

CECCO: Da lavar le mani?

LEONARDO: Un bicchier d'acqua, che tu sia maladetto. (S'alza.)

CECCO: Subito. (Non si va più in campagna). (Parte.)

LEONARDO: Ma come mai quel vecchio, quel maladetto vecchio, ha potuto ingannarmi? L'averanno ingannato. Ma se mi ha detto che Filippo ha con esso lui degli affari, in virtù dei quali non lo poteva ingannare; dunque il male viene da lui; ma non può venire da lui. Verrà da lei, da lei; ma non può venire nemmeno da lei. Sarà stato il padre; ma se il padre ha promesso. Sarà stata la figlia; ma se la figlia dipende. Sarà dunque stato Fulgenzio; ma per qual ragione mi ha da tradire Fulgenzio? Non so niente, son io la bestia, il pazzo, l'ignorante...

CECCO (viene coll'acqua).

LEONARDO: Sì, pazzo, bestia. (Da sé, non vedendo Cecco.)

CECCO: Ma! perché bestia?

LEONARDO: Sì, bestia, bestia. (Prendendo l'acqua.)

CECCO: Signore, io non sono una bestia.

LEONARDO: Io, io sono una bestia, io. (Beve l'acqua.)

CECCO: (Infatti le bestie bevono l'acqua, ed io bevo il vino).

LEONARDO: Va subito dal signor Fulgenzio. Guarda s'è in casa. Digli che favorisca venir da me, o che io andrò da lui.

CECCO: Dal signor Fulgenzio, qui dirimpetto?

LEONARDO: Sì, asino, da chi dunque?

CECCO: Ha detto a me?

LEONARDO: A te.

CECCO: (Asino, bestia, mi pare che sia tutt'uno). (Parte.)


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