Carlo Goldoni
La sposa persiana

ATTO TERZO

Scena Settima. Machmut e Tamas

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Scena Settima. Machmut e Tamas

 

MACHMUT Misera, sventurata!

TAMAS Colei...

MACHMUT Taci, e m’ascolta.

TAMAS Non conoscete il cuore...

MACHMUT Rispettami una volta!

TAMAS Vi ascolterò.

MACHMUT Tu celi sotto ragion mendace

L’amor, che nutri in seno per una schiava audace.

Di questo amore indegno niun ti contrasta il foco;

Si tollera, si tace, e per te ancora è poco?

Tace, e tollera un padre, lo fa la sposa istessa;

Tu il genitore insulti, vuoi la consorte oppressa...

TAMAS Una consorte indegna...

MACHMUT Taci.

TAMAS Che per vendetta...

MACHMUT Taci.

TAMAS Non parlo.

MACHMUT Ardito! m’ascolta, e mi rispetta.

Che far puote in un giorno, anzi in pochore appena,

Al talamo guidata, figlia di rossor piena?

A preparar veleni, a meditar fierezza,

Tempo vi vuole, e un’alma ai tradimenti avvezza.

Sciocchi pretesti indegni d’alma ribalda e nera,

Sedotta da una schiava, che le comanda altera!

Empio, col ferro in mano minacci una donzella?

Ecco perché l’Europa barbari noi appella;

Non per le leggi nostre, non per il culto al Nume,

Non perché di scienza in noi non siavi il lume;

Ma perché un uom lascivo, pien di scorrette voglie

Al piacer d’una schiava sagrifica una moglie.

TAMAS Permettete, ch’io parli?

MACHMUT Oh traccotanza estrema!

Non lo permetto ancora; odimi, audace, e trema.

Trema del tuo destino, trema del tuo periglio:

Odi a che mi esponesti, ingratissimo figlio.

Non si conosce in Persia nobiltà de’ natali!

Fuor della regia stirpe, tutti siam nati eguali,

E quel più si distingue fra noi, che ha più fortuna,

Quel, che ha gli onori in casa, e le ricchezze aduna.

Lo sai che il padre mio per Angli, Ispani, e Galli

Con le sue man pescava le perle, e i coralli;

Ei col denaro, a forza di sudori acquistato,

Mi ha questo pingue officio di finanzier comprato;

Ed io per le gabelle, esposto a gente ardita,

Mille soffersi ingiurie, ed arrischiai la vita.

Or tu, che unico sei, d’ogni mio bene erede,

Cui, dopo me, comprata ho la medesma sede,

Tu, ingratissimo figlio, anzi che sollevarmi,

Con onte, e con insulti vorrai precipitarmi?

Sai pur, che ogni pretesto serve al giudice avaro

A togliere in Oriente le , e il denaro.

E sai che facilmente soggetto è a tal periglio

Anche il padre innocente, per le colpe del figlio.

Tu minacciar la sposa? Tu con il ferro in mano,

Minacciar la figliuola del terribile Osmano?

Sai tu qual pena avresti, se incauto l’uccidevi?

(E ucciderla pur troppo, s’i’ non venia, potevi).

Ecco la legge: un reo, che abbia talun svenato,

Conducesi da’ schiavi al tribunal legato;

Fatto il processo in breve, confessor ovver convinto,

Consegnasi ai parenti dell’infelice estinto;

Ed essi, con tormenti inusitati, e strani,

Dell’uccisor nel sangue si lavano le mani.

Anche le donne stesse, per legge altrui celate,

Sono per tai tragedie in libertà lasciate,

Con l’ugne, e con i denti straccian le carni, e i crini

Avide di vendetta, fiere più de’ mastini.

Di’, che ti pare? Ircana merta d’avere il vanto

Che il suo signor per lei s’accenda, e arrischi tanto?

TAMAS Posso parlar, signore?

MACHMUT Parla, sì, tel concedo.

TAMAS Padre, se per Ircana...

MACHMUT Osmano quel ch’io vedo (osservando verso la Scena).

TAMAS Se per Ircana il petto...

MACHMUT Parti.

TAMAS Ma dunque invano

Potrò sperar, signore....

MACHMUT Lasciami con Osmano.

TAMAS (Non so che dir; dal padre il cor mi si divide,

Fatima mi tormenta, ed Ircana mi uccide) (da sé e parte).

MACHMUT Parmi commosso, oh cielo! Tamas, lo sai, se ti amo,

Ma il periglioso laccio veder troncato io bramo.

 


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