Carlo Goldoni
La donna stravagante

ATTO PRIMO

SCENA TERZA

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SCENA TERZA

 

Donna Livia  ed il suddetto; poi il servitore.

 

LIV.

Signor, voi mi volete?

RIC.

Nipote, io vi ho cercata.

LIV.

Come mai a quest'ora pensar ch'io fossi alzata?

RIC.

Nella vicina stanza qualche rumore intesi.

Del calpestio ragione alla famiglia io chiesi:

Dissermi donna Livia sorger di letto or ora.

RIC.

Nella vicina stanza qualche rumore intesi.

Del calpestio ragione alla famiglia io chiesi.

Dissermi donna Livia sorger di letto or ora.

 

 

 

LIV.

Disservi mal, signore, letto non vidi ancora.

 

 

 

RIC.

Per qual ragion?

 

 

 

LIV.

Ne ho cento delle ragioni in seno,

Che tolgonmi al riposo.

 

 

 

RIC.

Ditene alcuna almeno.

Svelatemi i motivi ch'esser vi fanno inquieta.

 

 

 

LIV.

Signor... meglio è ch'io taccia; lasciatemi star cheta.

 

 

 

RIC.

Rimedio al mal non reco, s'emmi la fonte oscura.

 

 

 

LIV.

Soffra tacendo il male, chi rimediar non cura.

 

 

 

RIC.

Ma se fanciulla incauta nutre l'occulto affanno,

Chi la governa e regge, vuol evitarne il danno.

 

 

 

LIV.

Difficile è svelare a forza un mio segreto.

 

 

 

RIC.

Forza non vel richiede, amor giusto e discreto.

 

 

 

LIV.

amor con sue lusinghe, né forza con orgoglio,

Farmi parlar potranno, quando parlar non voglio.

 

 

 

RIC.

Ostinata?

 

 

 

LIV.

Ostinata.

 

 

 

RIC.

Dunque, se tal voi siete,

Uditemi, nipote, pensate e risolvete.

Della paterna cura, ch'ebbi finor per voi,

Son stanco, e vuol ragione usar i dritti suoi.

Morte crudel vi tolse e padre e genitrice;

Nubili in casa meco tener più non mi lice.

Da voi, dalla germana dee eleggersi un partito:

O chiedasi un ritiro, o scelgasi un marito.

RIC.

Dunque, se tal voi siete,

Uditemi, nipote, pensate e risolvete.

Della paterna cura, ch'ebbi finor per voi,

Son stanco, e vuol ragione usar i dritti suoi.

Morte crudel vi tolse e padre e genitrice;

Nubili in casa meco tener più non mi lice.

Da voi, dalla germana dee eleggersi un partito.

O chiedasi un ritiro, o scelgasi un marito.

 

 

 

LIV.

Tempo e consiglio esige l'elezion di stato. (siede.)

LIV.

Tempo e consiglio esige l'elezion di stato. (siede)

 

 

 

RIC.

(Il momento opportuno l'ho cerco, e l'ho trovato). (siede.)

Quanto alla scelta vostra tempo accordar si deve?

RIC.

(Il momento opportuno l'ho cerco, e l'ho trovato). ()

Quanto alla scelta vostra tempo accordar si deve?

 

 

 

LIV.

Ci penserò, signore.

 

 

 

RIC.

Ma che il pensar sia breve.

 

 

 

LIV.

Breve sarà: capace son, se mi vien talento, (alzando un poco la voce)

Per togliervi d'affanno, risolver sul momento.

Solo saper vorrei, né la domanda è strana,

Se scelto sia lo stato ancor da mia germana.

LIV.

Breve sarà. capace son, se mi vien talento, (alzando un poco la voce)

Per togliervi d'affanno, risolver sul momento.

Solo saper vorrei, né la domanda è strana,

Se scelto sia lo stato ancor da mia germana.

 

 

 

RIC.

Seco vegliar solete, seco posarvi in letto,

Quello che altrui non disse, forse a voi l'avrà detto.

 

 

 

LIV.

Meco parlar non usa; mi asconde i suoi pensieri:

So che di sposo il nome udir suol volentieri;

E dallo zio, che l'ama più assai della maggiore,

Certa son che saprassi di donna Rosa il cuore.

LIV.

Meco parlar non usa; mi asconde i suoi pensieri.

So che di sposo il nome udir suol volentieri;

E dallo zio, che l'ama più assai della maggiore,

Certa son che saprassi di donna Rosa il cuore.

 

 

 

RIC.

Giuro sull'onor mio, credetelo, figliuola,

Su ciò con donna Rosa non feci ancor parola.

Ella da me non seppe qual pensi ad ambedue,

penetrar mi fece finor le brame sue.

Son cavalier, son giusto; son padre, e non comporto

Che alla maggior si faccia dalla minore un torto.

Voi per la prima io cerco; a voi dico: eleggete.

Tempo vi do al consiglio; pensate, e risolvete.

RIC.

Giuro sull'onor mio, credetelo, figliuola,

Su ciò con donna Rosa non feci ancor parola.

Ella da me non seppe qual pensi ad ambedue,

penetrar mi fece finor le brame sue.

Son cavalier, son giusto; son padre, e non comporto

Che alla maggior si faccia dalla minore un torto.

Voi per la prima io cerco; a voi dico. eleggete.

Tempo vi do al consiglio; pensate, e risolvete.

 

 

 

LIV.

Signor, vi chiedo in grazia, vi chiedo in cortesia

Fate che sia lo stato scelto dall'altra in pria.

 

 

 

RIC.

Questo non sarà mai.

 

 

 

LIV.

Non sarà mai? lo vedo,

La grazia a me si nega, sol perché ve la chiedo.

Ma se di donna Rosa non si saprà la sorte,

Mutola sarò sempre anch'io sino alla morte.

 

 

 

RIC.

Bene. Vo' soddisfarvi. Eh .

 

 

 

SER.

Signor.

 

 

 

RIC.

Se è alzata

Donna Rosa, qui venga.

 

 

 

SER.

Le farò l'imbasciata. (parte)

 

 

 

RIC.

Tutto da me si faccia quel che vi giova e piace.

Desio di contentarvi, desio la vostra pace.

Farò che la germana vi dia soddisfazione,

Ma puossi di tal brama sapersi la ragione?

Perché dall'altra in prima voler lo stato eletto?

 

 

 

LIV.

(Che a don Rinaldo aspiri la prosontuosa aspetto). (da sé)

 

 

 

RIC.

In tempo di valervi siete ancor di mia stima.

 

 

 

LIV.

No, no, ch'ella si lasci eleggere la prima.

 

 

 

RIC.

Una ragion, per dirla, di tal cession non vedo.

 

 

 

LIV.

A lei per mio piacere la preferenza io cedo.

 

 

 

SER.

Signor, di donna Rosa chiamata ho la servente,

Termina di vestirsi, e viene immantinente.

 

 

 

RIC.

Si aspetterà; frattanto, cara nipote amata,

Meco restar potete a ber la cioccolata.

 

 

 

LIV.

Farò come vi piace.

 

 

 

SER.

Un cavaliere ha brama

D'esser con lei, signore.

 

 

 

RIC.

E chi è?

 

 

 

LIV.

Come si chiama?

 

 

 

SER.

Don Rinaldo.

 

 

 

RIC.

È padrone.

 

 

 

LIV.

Fermati. (s'alza agitata)

 

 

 

RIC.

(Livia freme) (da sé)

Con noi la cioccolata ber non volete insieme?

 

 

 

LIV.

Lasciatemi partire, conosco il mio dovere.

Restar quivi non deggio, presente un cavaliere.

 

 

 

RIC.

Meco restar vi lice. Di' ch'egli venga. (al Servitore)

 

 

 

LIV.

Aspetta.

 

 

 

RIC.

Piacciavi un sol momento di trattenervi.

 

 

 

LIV.

Ho fretta.

 

 

 

RIC.

Ecco, vien la germana.

 

 

 

LIV.

Signore, inconveniente

Parmi ch'ella pur trovisi col Cavalier presente.

Potreste in altra stanza riceverlo da voi.

Spicciate don Rinaldo, vi aspetterem qui noi.

 

 

 

RIC.

Sì presto, donna Livia, la fretta vi è passata?

(Non sa quel che si voglia la donna innamorata). (da sé)

 

 

 

LIV.

Partirò, se vi aggrada. (sdegnata)

 

 

 

RIC.

No, no, frenate il caldo.

Fa che nel gabinetto mi aspetti don Rinaldo. (al Servitore che parte)

Colla germana intanto, se ciò vi cal, restate;

A far ch'ella si spieghi, voi stessa incominciate.

Ma d'una cosa sola voglio avvertirvi in pria:

Non fate che si stanchi la sofferenza mia.

Voi di pensier solete cangiar spesso di volo;

Io soglio per costume nutrir un pensier solo.

Dunque di voi ciascuna mi spieghi i desir suoi,

O saprò quel ch'io penso risolvere di voi.

Padre sarò d'entrambe, s'entrambe figlie sono.

A chi schernirmi ardisce, nipote, io non perdono. (parte)

RIC.

No, no, frenate il caldo.

Fa che nel gabinetto mi aspetti don Rinaldo. (al Servitore che parte)

Colla germana intanto, se ciò vi cal, restate;

A far ch'ella si spieghi, voi stessa incominciate.

Ma d'una cosa sola voglio avvertirvi in pria.

Non fate che si stanchi la sofferenza mia.

Voi di pensier solete cangiar spesso di volo;

Io soglio per costume nutrir un pensier solo.

Dunque di voi ciascuna mi spieghi i desir suoi,

O saprò quel ch'io penso risolvere di voi.

Padre sarò d'entrambe, s'entrambe figlie sono.

A chi schernirmi ardisce, nipote, io non perdono. (parte)

 

 

 

 

 

 

 


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