Carlo Goldoni
Terenzio

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

 

 

FAB.

Lisca, di buon mattino prender ti vuoi la pena

Di coltivar Lucano per meritar la cena?

E pur saper dovresti, che facili i conviti

Trovano a laute mense di Roma i parassiti..

LIS.

Fabio, di questo nome che a me schernendo apponi,

Offender non mi deggio, ed ho le mie ragioni.

Diceasi parassito, ne' tempi più remoti,

Chi parte delle vittime godea coi sacerdoti.

La dignità primaria per noi serbasi ancora,

Da noi mensa de' grandi s'accredita e si onora.

Essi colle rapite spoglie degl'infelici

Mandano alle cucine fagiani e coturnici,

E contasi per vanto de' nomi principali

Ai splendidi conviti aver più commensali

FAB.

Tu prodigo di grazie ti mostri con più d'uno.

Più mense un frequenti, e sempre sei digiuno.

LIS.

Ciascun perito in arte, merito acquista e lode;

Tale in battaglia, e tale fra gli oratori è prode.

A tutti il sommo Giove varia virtù dispensa:

A me quella è concessa che esercito alla mensa,

Siccome in te il valore ammirasi eccellente

D'esser coi protettori adulator cliente.

FAB.

Tale sol di Lucano, non d'altri esser mi vanto.

LIS.

Ma il protettore aduli, ma lo schernisci intanto.

De' clientuli l'uso nell'inchinarlo osservi;

T'unisci indi a sfregiarlo coi schiavi e con i servi.

Chi più di te mordace contro Terenzio avventa

Le satire pungenti, e le calunnie inventa?

E pur Lucan lo stima, e in sua presenza il lodi.

Ciascuno il suo mestiere sa fare in vari modi.

FAB.

Se critico lo schiavo, soffrir lo deve in pace;

Lavinio mi diletta, Terenzio a me non piace.

E se del signor nostro lo lodo alla presenza,

Opra è del mio rispetto, di mia convenienza.

LIS.

Anch'io teco m'accordo nel condannar colui,

Che i parti di Menandro ci pubblica per sui.

Dell'Andria e la Perintia, ambe dell'autor greco,

Le favole tradotte Terenzio portò seco,

E fattane una sola, di due ch'erano in prima,

La gloria dai Romani procacciasi, e la stima.

FAB.

Non son le lodi sparse pel merto dell'autore,

Ma in grazia di Lucano, di Roma senatore.

Mille, qual noi, Terenzio in pubblico han lodato,

Che l'han trovato degno di biasimo in privato.

LIS.

Dicesi che il padrone farallo un liberto.

FAB.

Coronasi fortuna, non si corona il merto.

LIS.

Mira Lucano. (guardando fra le scene.)

FAB.

Osserva il grave passo altero. (facendo lo stesso.)

LIS.

Grave lo fa ricchezza.

FAB.

Ha dalla sorte impero.

 

 

 


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