FAB.
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Signor,
lascia ch'io baci di questa toga un lembo,
Che Roma
copre in faccia delle sventure al nembo.
Tanto l'onor
sublime di tuo cliente estimo,
Ch'essere mi
procaccio ad inchinarti il primo.
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LUC.
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Al Senato
m'invio. Tu mi precedi, e prendi,
Per l'umili tue
cure la sportula che attendi. (dà alcune monete a Fabio.)
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FAB.
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Deh non fia
ver... (mostra ricusarle.)
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LUC.
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Ricevi
questo leggier tributo
Dai padri
della patria agli umili dovuto.
La cena
offriasi un tempo per sportula ai clienti,
Or della cena
in luogo, ori si danno e argenti.
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LIS.
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Ad altri
offerte sono le cene ed i conviti.
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LUC.
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Sì, Lisca,
offerte sono le cene ai parassiti.
Chi nome tal
non sdegna, alle mie mense attendo.
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LIS.
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L'onor mi fa
superbo; del nome io non mi offendo.
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LUC.
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Che dicesi da
Roma del mio comico vate?
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FAB.
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Andrà di gloria
carco in questa e in ogni etate.
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LIS.
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Stupido ognun l'ammira.
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FAB.
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Piace lo stile eletto.
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LIS.
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Felice è negl'intrecci.
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FAB.
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Nel scioglierli perfetto.
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LIS.
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Dai stranieri non ruba.
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FAB.
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Cerca l'invenzione.
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LIS.
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Parlasi per giustizia.
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FAB.
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Non è adulazione.
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LUC.
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Da me sua
libertade Roma impaziente attende.
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FAB.
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La libertà de'
schiavi o si dona, o si vende.
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LIS.
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Venderla non
conviene a chi ha gli erari aperti.
Donarla? Per
tal dono si esigono altri merti.
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FAB.
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Vedrai, se tu
lo rendi al libero suo stato,
Mostrarsi
l'Africano al benefizio ingrato.
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LIS.
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Rari son que'
liberti che serbino la fede.
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LUC.
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Mel chiedono
gli edili, Lelio, Scipion mel chiede.
Pende da lui
soltanto libero andar, se 'l brama;
Il merto e la
virtute stima Lucano ed ama.
Vogliano i
dei del Lazio che ad un sol punto ei ceda,
Farò che di
giustizia l'esempio in me si veda.
Onorerò sua
fronte con fasto e con decoro,
Con cene, con
trionfi, con profusione d'oro.
Conviterò il
Senato, i patrizi, i clienti,
Prodigo in ciò
spendendo le mine ed i talenti.
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FAB.
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Da tutti
commendata fia l'opera famosa.
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LIS.
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Loderà
ciascheduno la mano generosa.
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FAB.
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Con pompa e con
decoro sciogli pur sue catene.
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LIS.
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Onora il tuo
liberto coi pranzi e colle cene.
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LUC.
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Vanne ai curuli
edili; sappian che ad essi io vengo. (a Fabio.)
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FAB.
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Obbedisco.
(Son pago, se profittare ottengo.
Abbia
Terenzio pure di libertà il tesoro,
Se pascolo alla
sete sperar posso dell'oro). (da sé, e parte.)
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LUC.
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Lasciami solo,
e torna all'ore vespertine. (a Lisca.)
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LIS.
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Godrò l'ore
oziose passar nelle cucine.
(Piacemi che
Lucano i favor suoi dispense,
Quando de'
schiavi in grazia si accrescono le mense). (da sé, e parte.)
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