Carlo Goldoni
La villeggiatura

ATTO PRIMO

SCENA QUINTA

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SCENA QUINTA

 

Donna Lavinia, poi Don Gasparo da cacciatore, collo schioppo in spalla.

 

LAV. Non so s'egli lo sappia, che oggi si aspetta don Paoluccio. Vorrei che gli si preparasse un accoglimento onorevole. È un cavalier che lo merita, ed ha per me una bontà assai grande. Oh, se mio marito avesse tanta stima di me, quanta ne ha don Paoluccio, sarei contentissima!

GASP. Eccomi qui ai comandi della signora consorte. Per venir presto, non mi ho nemmeno levato dalle spalle lo schioppo.

LAV. Eh voi quel peso lo soffrite assai volentieri.

GASP. Sì certo. Tanto a me piace lo schioppo, quanto a voi un mazzo di carte.

LAV. Io gioco per mero divertimento.

GASP. Ed io vado a caccia per mera soddisfazione.

LAV. Non so come facciate a resistere. Ogni giorno faticare, camminare, sudare! Non siete più giovinetto.

GASP. Io sto benissimo. Non ho mai un dolore di capo.

LAV. Fareste molto meglio a starvene a letto la mattina, come fanno gli altri mariti colle loro mogli.

GASP. Allora non istarei bene, come sto.

LAV. Già, chi sente voi, la moglie è la peggiore cosa di questo mondo.

GASP. La moglie è buona e cattiva secondo i tempi, secondo le congiunture.

LAV. I tempi e le congiunture fra voi e me sono sempre simili.

GASP. Perché non c'incontriamo nell'opinione.

LAV. Il male da chi deriva?

GASP. Non saprei. Io vado a letto alle quattro. Ci sto fino alle dodici. Ott'ore non vi bastano?

LAV. E chi è, che da questi giorni voglia andare a letto alle quattro?

GASP. E chi è colui, che ci voglia stare sino alle sedici?

LAV. Non c'incontreremo mai, dunque.

GASP. Mai, se seguiteremo così.

LAV. La sera non posso abbandonare la conversazione.

GASP. La mattina non lascierei la caccia per la più bella donna di questo mondo.

LAV. Per la moglie non si può lasciare la caccia?

GASP. Per il marito non si può lasciare la conversazione?

LAV. Bene. Lasciate voi la caccia, ch'io vedrò di sottrarmi dalla conversazione.

GASP. Verrete voi a dormire, quando ci anderò io? Verrete voi a letto alle quattro?

LAV. Sì, ci verrò. E voi starete a letto sino alle sedici?

GASP. Diavolo! dodici ore si ha da stare nel letto?

LAV. Dunque vi anderemo più tardi.

GASP. Dunque ci leveremo più presto.

LAV. Già, quando si tratta di stare meco, vi pare di essere nel fuoco.

GASP. Dodici ore di letto? altro che andare a caccia.

LAV. Ma io non posso la mattina levarmi presto.

GASP. Ed io non posso la sera stare levato tardi.

LAV. Pare siam fatti apposta per essere d'un umore contrario.

GASP. Divertitevi dunque, e lasciatemi andare a caccia.

LAV. E dopo la caccia, in conversazione con i villani e colle villane.

GASP. Io con i villani, e voi con i cavalieri. Se non v'impedisco di fare a modo vostro, perché volete impedirmi di fare al mio?

LAV. Bene, bene. Lo sapete che oggi si aspetta don Paoluccio?

GASP. Ben venga don Paoluccio, don Agapito, e don Marforio, e tutta Napoli, se ci vuol venire.

LAV. Voi forse non lo vedrete nemmeno.

GASP. Lo vedrò a desinare; non basta?

LAV. Un cavaliere amico di casa, che torna dopo tre anni, merita che gli si faccia un accoglimento grazioso.

GASP. Ehi! viene per trovar me, o viene per ritrovar voi?

LAV. Non è amico di tutti due?

GASP. Sì; ma circa all'accoglimento pensateci voi, cara donna Lavinia.

LAV. Qual camera, qual letto gli vogliamo noi dare?

GASP. Basta che non gli date il mio.

LAV. Spropositi! il vostro ed il mio non è il letto medesimo?

GASP. Per questo diceva...

LAV. Voi avete voglia di barzellettare.

GASP. Sono allegro questa mattina. Ho preso sei beccaccie, quattro pernici ed un francolino.

LAV. Ho piacere che vi sia del selvatico. Se viene don Paoluccio...

GASP. Oh, del mio selvatico don Paoluccio non ne mangia.

LAV. E che ne volete fare dunque?

GASP. Mangiarmelo con chi mi pare.

LAV. Colle villane?

GASP. Colle villane.

LAV. Si può sentire un gusto più vile?

GASP. Consolatevi, che voi avete un gusto più delicato.

LAV. Se non foss'io che sostenessi l'onore della casa...

GASP. Veramente vi sono obbligato. Se non ci foste voi, non averei la casa piena di cavalieri.

LAV. E che cosa vorreste dire?

GASP. Zitto; non andate in collera.

LAV. Se stesse a me, quanti meno verrebbono a mangiar il nostro. Don Ciccio per il primo non ci verrebbe.

GASP. Guardate che diversità d'opinione! Ed io quello me lo godo infinitamente.

LAV. Fra voi e me non si va d'accordo perfettamente.

GASP. Ehi, ps, ps. (chiama verso la scena)

LAV. Chi chiamate?

GASP. Chiamo quelle ragazze.

LAV. Che cosa volete da loro?

GASP. Quello che vogl'io, non lo avete da saper voi.

LAV. Andate ; che bisogno c'è che le facciate venire in sala?

GASP. Non ci possono venire in sala? Avete paura che dai piedi delle contadine sia contaminata la sala della vostra nobile conversazione?

LAV. Quando ci sono io, non ci devono venire le contadine.

GASP. Il ripiego è facile, cara consorte.

LAV. Come sarebbe a dire?

GASP. Non ci devono essere, quando ci siete voi: io voglio che ci sieno, dunque andatevene voi.

LAV. Ho da soffrir anche questo?

GASP. Soffro tanto io.

LAV. Non occorr'altro; sarà questo l'ultimo anno che mi vedete in campagna.

GASP. Oh, il ciel volesse che mi lasciaste venir da me solo!

LAV. Indiscretissimo.

GASP. Tutto quel che volete.

LAV. Nemico della civiltà.

GASP. Sfogatevi pure.

LAV. Senza amore per la consorte.

GASP. C'è altro da dire?

LAV. Ci sarebbe pur troppo. Ma la prudenza mi fa tacere. Parto per non vi dire di peggio; perché l'onore non vuole ch'io faccia ridere la brigata di me, di voi, e del vostro modo di vivere e di pensare. Divertitevi colle villane; meritereste ch'io vi amassi come mi amate, e che insegnassi ad un marito indiscreto come si trattano le mogli nobili, le mogli oneste. (parte)

 

 

 


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