Carlo Goldoni
L'incognita

ATTO SECONDO

SCENA SECONDA

Precedente

Successivo

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

SCENA SECONDA

 

Beatrice, Ottavio e Colombina.

 

OTT. Signora Beatrice, ecco Colombina; ella ci darà contezza della bella incognita.

BEAT. Quel bella lo potevate risparmiare.

COL. (Già, queste signore elle sole vogliono esser belle). (da sé)

BEAT. Diteci, quella donna, Rosaura è vostra congiunta?

COL. (Quella donna? Gran superbiaccia!) (da sé) No signora, non è niente di mio.

BEAT. Come ha fatto Florindo a innamorarsi di lei?

OTT. Consorte mia, questa interrogazione non ha niente che fare con quello che noi vogliamo sapere. Garbata giovane, venite qui.

COL. (Oh, il signor finanziere tratta un po’ meglio). (da sé) Che mi comanda?

OTT. Ditemi: questa Rosaura chi è?

COL. Vi dirò: sei mesi sono giunse in questa terra un uomo civile, di età avanzata, nominato Ridolfo, il quale mi ha conosciuta in Napoli, quando andava alle fiere colla mia povera madre, ed è stato anch’egli parecchie volte a villeggiare da noi. Venne, come diceva, un giorno a ritrovarmi e aveva seco Rosaura. Mi pregò di tenerla per qualche tempo in mia compagnia, promettendo pagar per essa le spese, e in fatti mi diede subito dieci ducati. A vedere dieci ducati in una volta saltai come un daino; ma a quest’ora, per dirla, me ne ha mangiati più di trenta. Però non importa, le voglio bene. (E prego il cielo di ritrovarla). (da sé, si asciuga gli occhi)

BEAT. E Florindo come si è introdotto?

OTT. Aspettate. (a Beatrice) Dite, Colombina carissima, quello che ve l’ha consegnata, vi ha detto chi ella fosse?

COL. Mi ha detto essere una giovane assai civile che per salvare la di lei vita era forzato tenerla occulta in un luogo lontano dalla città, e che da a pochi mesi sarebbe venuto a prenderla, o per ricondurla in Napoli, o per nasconderla in qualche luogo ancor più remoto di questa terra.

OTT. E non sapete niente di più?

COL. Ho detto tutto quello ch’io so.

BEAT. Ora posso chiederle di Florindo? (ad Ottavio)

OTT. Abbiate sofferenza. Gran premura avete di questo Florindo! Dalla giovane avete mai ricavato niente? (a Colombina)

COL. Niente affatto. Ella sa qualche cosa, ma non vuol parlare.

OTT. Ha detto di esser nobile?

COL. Sì, questo l’ha detto.

OTT. Ha nulla di che paese ella sia?

COL. Per quel che si sente, pare non sappia nemmen ella dove sia nata precisamente.

OTT. È mai uscita a dire, essere stata in pericolo per qualche amoretto?

COL. Mi ha giurato più volte non essere stata mai innamorata.

BEAT. Poverina! E appena ha veduto Florindo, subito si è accesa d’amore.

COL. Oh, son passati più di tre mesi ch’ella non lo voleva nemmen salutare.

BEAT. Poi come ha principiato?

COL. Dai un giorno, dai l’altro; la seguitava per tutto; veniva a passar le notti sotto la sua finestra. La povera giovane, vedendo l’amore e la fedeltà di quell’amabil giovanetto, non ha potuto resistere.

BEAT. Come ha fatto egli a venire in casa? Gli avete fatto voi la mezzana?

COL. Signora, mi perdoni...

OTT. Cara signora Beatrice, questa è una cantilena stucchevole. Voi badate a ricercare quello che a noi non deve premere né poco, né molto.

BEAT. Certo; a me non preme; ne dimandava per semplice curiosità. (Non mancherà tempo di ricercar costei per minuto). (da sé) Se avete altre interrogazioni da farle, fatele pure, ch’io mi ritiro; parmi però che il soggetto di cui si tratta, non meriti tanta cura. (Vadasi a liberare, se fia possibile, il carcerato, e sia la mia pietà un maggiore stimolo alla di lui gratitudine). (da sé, e parte)

 

 

 


Precedente

Successivo

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA1) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2009. Content in this page is licensed under a Creative Commons License