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MING. Signore, questo viglietto viene a lei. (dà il viglietto e parte)
COL. (Povera Rosaura! Nelle mani di Lelio?) (da sé)
OTT. Chi scrive è Rosaura. (a Colombina)
COL. Dov’è? Dove si ritrova? Povera sventurata!
OTT. Udite. Signore, sono in carcere e ne ringrazio i numi, i quali mi hanno preservata da una sventura maggiore. Ricorro a voi, che siete l’unico che possa in questa terra soccorrere un’infelice. Spero che mi userete gli atti della vostra pietà, e non abbandonerete alla disperazione la vostra serva Rosaura. Sentite? (a Colombina)
COL. Deh, non tardate a soccorrere la sventurata.
OTT. Sì, vado tosto a indagar dal governatore la causa della sua carcerazione. Farò tutto per renderle assistenza e soccorso, quando ella di ciò sia degna, e tale sia veramente, quale voi me l’avete amorosamente dipinta. (parte)
COL. Povera la mia Rosaura! ma più povera me, se torna il vecchio Ridolfo e non la trova più meco! Il povero mio marito è alla campagna e non sa nulla di ciò. Oh, voglia il cielo che vada bene, che Rosaura torni a casa come era prima; ma lo credo difficile. (parte)