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ROS. Che cosa vuoi?
COL. È qui il signor Florindo.
ROS. È solo?
COL. Lo ha accompagnato sino alla scala il signor Lelio, il quale poi se n’è andato, ed il veneziano è rimasto solo.
COL. Egli è in sala, che parla con vostro padre.
ROS. Sì, mio padre lo vede volentieri, perché gli fa dei regaletti.
COL. Sentiva che ora lo pregava mandargli da Venezia due para d’occhiali e un vaso di mostarda.
ROS. Ma che? Parte forse il signor Florindo?
COL. Mi pare certamente che abbia preso congedo.
ROS. (Oh me infelice! Questo sarebbe per me un colpo mortale). (da sé)
COL. Che c’è, signora padrona, vi siete molto turbata a queste parole? Sentite, io già me ne sono accorta. Il signor Florindo vi piace.
ROS. Cara Colombina, non mi tormentare.
COL. Vi compatisco: è un giovine di buonissima grazia, e mostra essere molto amoroso. Il signor Lelio ha una certa maniera sprezzante che non mi piace punto, e poi basta dire che il signor Lelio, in sei mesi e più che pratica in casa vostra, non mi ha mai donato niente, e il signor Florindo ogni giorno mi dona qualche cosa.
ROS. Certamente il signor Florindo ha delle maniere adorabili.
COL. Dite il vero, siete innamorata di lui?
ROS. Ah, pur troppo! A te, cara Colombina, non posso occultare il vero.
COL. Gliel’avete mai fatto conoscere?
ROS. No, ho procurato sempre occultare la mia passione.
COL. Ed egli credete voi che vi ami?
ROS. Non lo so; mi fa delle finezze, ma posso crederle prodotte da mera galanteria.
COL. Prima ch’egli parta, fategli capir qualche cosa.
COL. Siete ancora in tempo.
ROS. Se parte, il tempo è perduto.
COL. Può essere che egli non parta.
COL. Vi vuol coraggio.
ROS. Eccolo.
COL. Via, portatevi bene, e se non avete coraggio voi, lasciate far a me. (parte)