Carlo Goldoni
Il vero amico

ATTO PRIMO

SCENA DODICESIMA

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SCENA DODICESIMA

 

Rosaura, poi Florindo.

 

ROS. No, no, senti. Costei è troppo ardita, non sa che una figlia onorata deve reprimere le sue passioni. Io le reprimerò? Farò degli sforzi.

FLOR. Faccio umilissima riverenza alla signora Rosaura.

ROS. Serva, signor Florindo; s’accomodi.

FLOR. Obbedisco. (Oimè! in qual impegno m’ha posto l’amico Lelio). (da sé)

ROS. (Mi par confuso). (da sé, e siedono)

FLOR. (Orsù, vi vuol coraggio. Bisogna passarsela con disinvoltura). (da sé)

ROS. Che avete, signor Florindo, che mi parete sospeso?

FLOR. Una lettera che ho avuto da Venezia, mi ha un poco sconcertato; mio zio è moribondo, e domattina mi conviene partire.

ROS. Domattina?

FLOR. Senz’altro.

ROS. (Oh Dio!) (da sé) Domattina?

FLOR. Domattina.

ROS. Vostro zio è moribondo? Povero vecchio, mi fa compassione. Anche mio padre è avanzato assai nell’età, e quando sento vecchi che muoiono, mi sento intenerire, non posso far a meno di piangere. (piangendo)

FLOR. Ella ha un cuore assai tenero.

ROS. Partirete voi da Bologna, senza sentire veruna pena?

FLOR. Ah! pur troppo partirò di Bologna col cuore afflitto.

ROS. Dunque il vostro cuore ha degli attacchi in questa città, che vi faranno sembrar amara la vostra partenza?

FLOR. E in che maniera! Non avrò mai penato tanto in vita mia, quanto prevedo di dover penar domattina.

ROS. Caro signor Florindo, per quelle finezze che vi siete compiaciuto di farmi nel tempo della vostra dimora, fatemi una grazia prima della vostra partenza.

FLOR. Eccomi a’ suoi comandi, farò tutto per obbedirla.

ROS. Ditemi, a chi partendo lascerete voi il vostro cuore?

FLOR. Lascio il mio cuore ad un caro e fedele amico. Lo lascio a Lelio, ch’amo quanto me stesso.

ROS. (Ah, son deluse le mie speranze!) (da sé)

FLOR. Adesso è ella contenta?

ROS. Voi amate molto questo vostro amico.

FLOR. Così vuol la legge della buona amicizia.

ROS. E non amate altri che lui?

FLOR. Amo tutti quelli che amano Lelio e che da lui sono amati. Per questa ragione posso ancora amare la signora Rosaura.

ROS. Voi mi amate?

FLOR. Certamente.

ROS. (Oimè!) Voi mi amate?

FLOR. L’amo, perché è amata da Lelio; l’amo, perché vuol bene a Lelio, che è un altro me stesso.

ROS. Come potete voi assicurarvi ch’io ami Lelio?

FLOR. Non deve essere la sua sposa?

ROS. Tale ancora non sono.

FLOR. Ma lo sarà.

ROS. E se non avessi da essere la sposa di Lelio, non mi amereste più?

FLOR. Non avrei più la ragione dell’amicizia, che mi obbligasse a volerle bene.

ROS. E se Lelio mi odiasse, mi odiereste anche voi?

FLOR. Odiarla?

ROS. Sì, questa grande amicizia che avete pel vostro Lelio, vi obbligherebbe a odiarmi?

FLOR. Odiarla non potrei.

ROS. Se per l’amicizia di Lelio non mi odiereste, non sarà vero che per una tal amicizia mi amiate; dunque concludo, o che voi mentite, quando dite di amarmi, o che mi amate per qualche altra ragione.

FLOR. Confesso il vero, che una donna di spirito, quale ella è, può confondere un uomo con facilità; ma se mi permette, risponderò che la legge dell’amicizia obbliga l’uomo a secondar l’amico nelle virtù, e non nei vizi, nel bene, e non nel male. Fino che Lelio ama, come amico sono obbligato a secondare il suo amore; se Lelio odia, non ho da fomentare il suo odio. Se Lelio ama la signora Rosaura, l’amo ancora io; ma se l’odiasse, procurerei disingannarlo, fargli conoscere il merito, e far che tutto il suo sdegno si convertisse in amore.

ROS. Voi mi vorreste di Lelio in ogni maniera.

FLOR. Desiderando questa cosa, non faccio che secondar la sua inclinazione.

ROS. Le mie inclinazioni a voi non sono ben note.

FLOR. Dal primo giorno che ho avuto l’onore di riverirla, ella mi ha detto che era innamorata di Lelio.

ROS. È passato un mese, da che vi ho detto così.

FLOR. E per questo? Per esser passato un mese, si è cambiata già d’opinione? Perdoni, signora. Per coronar le sue belle virtù, le manca quella della costanza.

ROS. Ah! signor Florindo, non sempre siamo padroni di noi medesimi.

FLOR. Signora Rosaura, domani io parto.

ROS. (Ahimè!) Domani?

FLOR. Domani senz’altro. La ringrazio delle finezze ch’ella si è degnata di farmi, e giacché ha tanta bontà per me, la supplico di una grazia.

ROS. Voglia il cielo ch’io sia in grado di potervi servire.

FLOR. La supplico di esser grata verso il povero Lelio.

ROS. Credevami che voi domandaste qualche cosa per voi.

FLOR. Via; la pregherò di una grazia per me.

ROS. Vi servirò con più giubbilo.

FLOR. Sì, la prego voler bene a Lelio, che è l’istesso che voler bene a me. Le raccomando il mio cuore, che resta a Bologna con Lelio, e se il mio caro amico s’è demeritato in qualche maniera la sua grazia, la supplico di compatirlo e volergli bene. (Non posso più. Ah! che or ora l’amicizia resta al di sotto, e l’amor mi precipita). (da sé)

 

 

 


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