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ROB. (da sé) (Eccoli, eccoli, mi hanno detto il vero).
LIN. Ci penserò, ma in ogni caso... (piano a Zelinda, e si mette a scrivere) Oh cieli! Il padrone.
ZEL. (Povera me!) (mostra il timore, poi si determina a fingere, come segue, mostrando di non sapere che ci sia Don Roberto) Oh guardate lì il bel soggetto! Non si degna di mischiarsi nelle faccende basse. L'illustrissimo signor segretario non si degna di scrivere... Oh scusate signore, non vi aveva veduto. (mostra di voltarsi a caso e di veder Roberto)
ROB. Andate a consegnare la biancheria. La lavandaja vi aspetta. (a Zelinda)
ZEL. Ecco qui, signore. Voleva che Lindoro ne stendesse la lista, e non lo vuol fare. Si crede pregiudicato, teme di perdere il suo decoro. Oh egli è un buon umorino, ve l'assicuro.
LIN. (a Don Roberto) Ecco qui, tutto il giorno m'inquieta.
ROB. (a Zelinda) Basta così. Ho capito; andate a consegnar la biancheria, e poi ritornate qui.
ROB. Oh la lista è una cosa grande! è un affare di conseguenza! Ci vuole un segretario per farla! Povera giovane, non sa scrivere, poverina! non sa metter giù, sopra un pezzo di carta quattro rampiconi per darli alla lavandaja!
LIN. Questo è quello che le dicevo ancor io.
ROB. Oh senz'altro.
ZEL. Ma io i numeri non li so fare.
ROB. Davvero? Povera innocente! Vi troverò un maestro d'abbaco. Andate, andate; fate quel che vi dico, e poi ritornate.
ZEL. Bene, mi farò ajutare dal mastro di casa...
LIN. (a Zelinda) Ma se volete che lo faccia io...
ROB. (a Lindoro) Non signore, la non s'incomodi.
ZEL. Oh sì, che non s'incomodi, perché già lo farebbe per dispetto. (da sé) (Capisco che ha gelosia di Fabrizio). (forte per consolare Lindoro) O bene, o male, lo farò da me. (Ho gran timore che siamo scoperti). (parte)