Carlo Goldoni
Gli amori di Zelinda e Lindoro

ATTO PRIMO

Scena Tredicesima. Donna Eleonora e detti

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Scena Tredicesima. Donna Eleonora e detti

 

ELE. (da sé) (Ecco il caro signor consorte. Sentiamo un poco i bei ragionamenti che tiene colla cameriera.)

ROB. Sapete quanto vi amo. Quietatevi, e col tempo spero di potervi render contenta.

ZEL. Ah, voglia il cielo che diciate la verità!

ELE. (da sé) (Che sì che costoro contano sulla mia morte!)

ROB. Fidatevi di me, e non temete. Ma rallegratevi, per amor del cielo. Fate che in casa non vi vedano così trista. Non fate ridere i vostri nemici. Nascondetevi soprattutto a mia moglie.

ELE. (avanzandosi) Bravo, signor consorte, lodo il suo spirito, la sua condotta...

ZEL. (Eccomi in un nuovo imbarazzo.) (resta mortificata)

ROB. E che cosa fate voi qui?

ELE. Vengo ad ammirare ciò che ella ha la bontà di dire a questa buona figliuola.

ROB. Ebbene, se avete sentito quel che le ho detto, sarete meglio persuasa e di lei e di me.

ELE. (con collera) Sì, sono persuasissima, che vorreste ch'io crepassi per isposarla.

ROB. Circa al desiderio che voi crepiate, lasciamola ; ma circa allo sposare Zelinda...

ELE. (come sopra) E avreste coraggio di aspirare alle terze nozze?

ROB. Io non vi rendo conto del mio coraggio. Vi dico solamente che pensate male...

ELE. Ma spero che creperete prima di me.

ROB. Sarà sempre meglio crepare, che vivere con una furia, come voi siete.

ELE. Quella sfacciata me ne renderà conto.

ZEL. Signora, voi non mi conoscete...

ELE. Taci , impertinente.

ROB. Rendetele più giustizia. Ella ha delle massime, che voi non avete mai conosciute.

ELE. Ardireste di mettermi a fronte d'una mia serva?

ROB. Una serva morigerata vale assai più d'una cattiva padrona.

ELE. Questo è troppo soffrire. Prenderò il mio partito. Farò quelle risoluzioni che mi convengono.

ROB. Ne farò io una sola, che valerà per tutte le vostre.

ZEL. No, signor padrone, per amor del cielo...

ROB. (ad Eleonora) Voi perseguitate a torto questa innocente.

ELE. È innocente, come voi.

ROB. Sì, come me. Che vorreste voi dire?

ELE. Due perfidi...

ROB. Parlate bene.

ZEL. Vi prego...

ROB. (a Zelinda) Venite meco, non posso più tollerarla.

ELE. (con ironia) Sì, ricovratela sotto de' vostri innocenti auspici.

ROB. (a Zelinda, fremendo) Andiamo.

ZEL. (a ) Signore, lasciatemi qui un momento.

ELE. Ecco il bell'acquisto che ho fatto! un marito, che potrebbe esser mio padre.

ROB. Sì, per il consiglio, per la prudenza.

ELE. E ho da soffrire tutte le sue imperfezioni?

ROB. Di quali imperfezioni parlate?

ELE. Di quelle del cuore, di quelle dello spirito, e di quelle della persona.

ROB. Andate, che non posso più tollerarvi. (parte)

 


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