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ELE. (con collera) Che ardir avete voi di ricomparirmi dinanzi gli occhi? Perché non ve ne andate, come vi ho ordinato, come mi avete promesso?
ZEL. (con una riverenza) Signora, voi mi avete data la permissione di unire le mie poche robe. L'ho fatto, sono pronta a partire, e vengo unicamente per far con voi il mio dovere.
ELE. Bene, andate, e prego il cielo vi dia migliore condotta, e migliore fortuna.
ZEL. Circa alla fortuna, sono avvezza ad averla contraria; ma circa alla condotta, grazie al cielo, non ho niente a rimproverarmi.
FLA. (piano a Fabrizio) (E pur la vedo partire mal volentieri.)
FAB. (piano a Flaminio) (Andremo a consolarla dove sarà.)
ZEL. (a Donna Eleonora.) Se non fosse troppo ardire il mio, vi supplicherei d'una grazia.
ELE. Se io potrò farvi del bene, lo farò volentieri.
ZEL. Vorrei... Ma se non voleste incaricarvene voi, pregherò il signor Don Flaminio, o Fabrizio.
FLA. Dite, che posso fare per voi?
FAB. Eseguirò i vostri ordini assai volentieri.
ZEL. Vorrei che l'uno o l'altro facesse le parti mie doverose col signor Don Roberto...
ELE. Sì sì, me ne incarico io; ma vi avvertisco, che se il signor mio consorte viene intorno di voi, e che voi abbiate l'ardire di riceverlo e di trattarlo, vi farò uscire di questo paese con poco vostro decoro.
ZEL. Oh cieli! e volete ancora mortificarmi sì ingiustamente? Non siete ancor persuasa della mia innocenza?
ELE. No, perché ho dei testimoni in contrario.
FAB. (piano ad Eleonora, perché non parli) (Signora mia...)
ZEL. E chi è, signora, che ardisce d'imposturare?... Quali sono li testimonj?
ELE. Eccoli lì. Don Flaminio e Fabrizio.
FLA. (da sé) (Me l'aspettava.)
ZEL. Come! hanno avuto coraggio quei due di parlare contro di me, in tempo ch'io ho avuto la discrezione di non parlare di loro? Sono falsi, sono mendaci. Rispetto il signor Don Flaminio come figliuolo del mio padrone, ma l'onor mio vuole che mi difenda. Se avessi badato a lui, meriterei, signora, la vostra collera ed il vostro disprezzo. Egli non ha mancato di tormentarmi con dichiarazioni amorose, con studiate lusinghe, e con promesse di matrimonio; e quell'indegno di Fabrizio che fa l'amico del suo padrone, mi ama egualmente, mi perseguita, ed è il suo rivale. Ecco, signora mia, chi dovete rimproverare, non un padrone pietoso, non un marito saggio e prudente, non una povera sfortunata. Parto di qui volentieri per non soffrire inquietudini, per togliermi alla vista degl'impostori, per salvare il mio decoro, la mia insidiata riputazione. (parte)