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Tommaso Grossi
Marco Visconti

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  • CAPITOLO XII
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CAPITOLO XII

 

L'ora era tarda: non s'udiva altro che il muggir basso del lago, coperto a quando a quando dallo stormire del vento fra i rami dei castagni che ascondevano la capanna del barcaiuolo. Quand'ecco il cane che stava accovacciato sul letticciuolo, leva il muso, rizza le orecchie e comincia a brontolare, poi balza giù e corre verso l'uscio ringhiando ed abbaiando stizzosamente. Michele e la sua donna tendono l'orecchio; non s'ode nulla di strano, nulla fuorchè il consueto rumore. Il marito leva la stanga, apre, esce fuori all'aperta, e sente in lontananza sulla sua diritta verso Limonta l'abbaiar d'un altro cane, il cane del pescatore: sale in cima ad un masso che stava dietro la sua casupola, guarda verso il paese, vede il cielo da quella parte tutto rosso, vede le rupi più alte ripercuotere una luce mutabile e come scorrente, la luce d'un incendio. - Fuoco a Limonta! - grida subito, e parte correndo per dar quell'aiuto che il bisogno chiedesse. - Guardatevi da male! - gli gridò dietro la donna, e tornata tosto in casa, inginocchiossi a pregare il Signore.

Michele camminando udì alcune grida che venivano dal paese; e poco stante altre grida di qua e di , in alto verso la vetta della montagna, giù, presso la spiaggia; distinte in prima le une dalle altre in modo ch'egli avrebbe saputo indicare da qual casa, da quale capanna uscissero; ma a poco a poco crescevano, si mischiavano, si confondevano insieme perdendosi tutte in un solo gridìo.

Giunto su d'un'altura, potè certificarsi che il fuoco era stato appiccato deliberatamente, però che vide ardere in un punto due case poste ai due capi del paesello. Tese l'orecchio, vi pose dietro una mano aperta per coglier meglio il suono, e fra quello strepito confuso distinse alcune voci di minaccia e di bestemmia; fissò l'occhio intentamente su pel sagrato, e in mezzo a un gran rimescolamento scorse un luccicar di corazze e di lance: allora entrò in sospetto di quel che poteva essere; e s'appose.

Intanto l'incendio cresceva: in un momento tutta la terra non fu che una fiamma. Il lago parea di fuoco; si vedevano alcune barchette staccarsi dalla riva facendo forza di remi: alla prima apparivan rosse infocate esse e la gente che v'era dentro, ma si venivan smortendo a mano a mano che guadagnavan l'alto: e tinte d'un albore mancante, ora svanivano dallo sguardo, ora tornavano a farsi vedere fra le ultime strisce di luce saltanti qua e sulle onde, finchè si perdevano del tutto nel buio interminabile della notte.

Il barcaiuolo talvolta stava per ispingersi innanzi, per, precipitarsi in mezzo a quello sterminio, ma ne lo ritraeva il pensiero di lei che aveva lasciata sola nella povera capanna.

Così dimorando egli, sentì un frascheggiare, poscia un fruscìo come di qualcosa di vivo che venisse innanzi; si trasse dietro al tronco d'un vecchio ulivo, e al lume che mandavano le fiamme fin , scorse una donna che aveva un bambino in collo, una fanciulletta a lato attaccata al grembiale, e si traeva dietro una vaccherella. La bestia ritrosa volgeasi a guardar verso il paese, tirata forse dall'amor del presepe abbandonato, e mugghiava; allora s'intesero intorno a varie distanze, in diverse direzioni, molti muggiti che risposero a quel primo: altri sventurati che trafugavano la famigliuola, la vacchetta, quella poca roba.

Michele riconobbe tosto la donna, si fece innanzi, e chiamatala per nome: - A che termine siam condotti? - le domandava. - Ditemi, si può egli dar qualche aiuto?

- I soldati del Monastero hanno messo fuoco al paese, - rispondeva la spaventata, - e ammazzano quelli che danno nelle loro mani: siam disfatti, siam perduti tutti quanti: oh misericordia! che cosa m'è toccato di vedere! quest'è l'ultima notte per Limonta; il Signore vuol castigarci d'un qualche gran peccato. - Michele, - aggiunse poi con un accento supplichevole, - giacchè la provvidenza vi ha mandato, fate la carità d'aiutarmi a tirare innanzi questa bestia, che è tutto quello che mi rimane per sostentare i miei poveri figliuoli.

Il barcaiuolo prese la corda colla man destra, si tolse sul braccio sinistro la fanciulletta, la quale prima seguitava piangendo la madre a piedi, e pareggiava a fatica i suoi spessi passolini ai concitati passi di quella; e così s'avviarono tutti insieme verso Bellagio.

- Il Signore ve ne rimeriti, e i poveri morti, - diceva quella meschina; - la misericordia che fate alla povera vedova, la troverete all'altro mondo, e sarà tanto suffragio per l'anima buona del vostro Arrigozzo... Ah Michele! voi eravate la compassione di tutto il paese, non si parlava d'altro che della vostra disgrazia, ma domani, quanti avranno a piangere un figlio, quanti vi porteranno invidia dell'aver voi perduto il vostro come l'avete perduto!

Egli andava innanzi col cuore serrato, gettando qualche occhiata, ora al paese in fiamme, ora al suo tugurio. Ma poich'ebbe ridotto in salvo la vedova con la famigliuola tornò giù a corsa alla sua capanna.

Al primo mettervi dentro il piede vide venirsi incontro un uomo mezzo vestito di ferro, e credendolo uno dei masnadieri che desertavano Limonta, dato di piglio alla stanga che era dietro l'uscio, gli andava incontro risolutamente; ma il soldato gli gridò tosto:

- Michele, non mi riconoscete?

- Ah, sei tu, Lupo? sei venuto anche tu con questi cani?

- Dio me ne guardi! ero corso per liberarvene, ma non sono giunto a tempo, chè i soldati hanno già preso la terra, e tutto è in fiamme: e i nostri, o ammazzati, o fuggiti: ora, giacchè la forza non può, bisogna dar mano a qualche trovato, almanco per impedire il male che non è ancor fatto, per tor dalle unghie di codesti diavoli quelli che hanno presi vivi, e che vogliono impiccar domani, come mi ha detto Stefano pescatore, che ho incontrato alla riva del lago nel venir su.

- Santo Dio! per me verrei, ma... E poi, che possiam fare in due contro tanti? - disse il barcaiuolo.

- Non siamo noi due soli, v'ha qualch'altro che ci aspetta, e a quest'ora ho già pensato un certo stratagemma; ma ho bisogno che tu m'aiuti, e son venuto a posta a cercati, sapendo che sei uomo di cuore.

- Santo Dio! - tornava a dire Michele, - vedi bene...

Ma la sua donna indovinando l'amorosa sollecitudine che lo tenea dubbioso: - Non pensate a me, - gli disse tosto: - l'angelo custode veglierà su questa casa, e se mai... se anche... è carità del prossimo, e siamo obbligati... andate, andate. -

Michele non le rispose altro se non che, - Il Signore vi guardi, - e partì correndo in compagnia di Lupo. Questi, camminando sempre, gli aperse un suo progetto: vi fecero insieme alcuni cangiamenti, e ciascuno si preparò alla parte che gli toccava. Giunti presso al paese, Lupo, prendendo una via di traverso, andò a torre tre o quattro altri Limontini, armati di scuri e di coltelli, che lo stavano aspettando acquattati in una cava, e Michele, inerme affatto, senza neppure un bastone, tirò innanzi diritto verso il sagrato, dove stavan raccolti i soldati del Monastero. Appena egli fu visto comparire, che un di questi gli corse incontro colla spada sguainata per ferirlo, ma il barcaiuolo levando in alto le mani, prima che gli fosse giunto addosso, gridò: - Cerco del vostro capo, non si chiama egli il Bellebuono?

- E che hai tu a partire col Bellebuono?

- Ho un segreto... via, insegnami dove si trova, chè buon per te e per lui.

- Alla peggio, - disse il soldato in cuor suo, - è un altro merlotto venuto a infilzarsi da , sarà un cero di più per la festa di domattina. - Or via, dunque, - soggiunse poi a voce spiegata, - villano, vien meco, - e ciò detto, lo menò nella chiesetta dov'era raccolto il povero bottino fatto in paese, e dove stavano legati colle mani dietro la schiena da sette miserabili caduti vivi in poter di quella scapestrata soldataglia, che li serbava per farne strazio: il Limontino riconobbe tosto fra que' poveretti il Messere; e giusto in quella che entrava, vide un soldataccio calargli un pugno sul capo.

- Eccoti il Bellebuono, - disse a Michele l'uomo che l'avea condotto dentro, additandogli appunto il percussore. Il nostro barcaiuolo andò verso di quello, che al primo vederlo parve lo volesse ingoiar vivo: ma si rammorbidì poi tosto al suono di certe parole ch'ei gli sussurrò all'orecchio: parlarono insieme qualche tempo sotto voce, e in fine il capo delle sessanta lance si tolse in compagnia quattro soldati ed avviossi a guida del Limontino verso una casetta poco discosta del paese, presso la valle di Roncate.

- Per più di trecento fiorini? m'hai detto, - domandava il Bellebuono al suo guidatore, andando innanzi essi due, otto o dieci passi, ai quattro soldati della scorta.

- Certo, - rispose l'interrogato, - c'è l'argenteria della chiesa, e il suo risparmio di forse vent'anni.

- Ma la casa del Messere non è quella presso il campanile?

- Questa, dove vi meno io, è d'un suo nipote, e il tesoro è qui.

- Diavolo! che non l'abbia trovato nessuno dei miei soldati nel frugacchiare che hanno fatto da per tutto sta notte?

- Ma se è impossibile! A chi volete mai che venga in mente di cercarlo dove vi ho detto io?

Intanto giunsero innanzi ad una casetta posta sul pendio, e Michele disse: - È questa.

- Tu Ribaldo, e tu, Vinciguerra, - comandò allora il Bellebuono, - state qui fuori in sentinella, e che nessuno esca se non è con me; e al primo avviso darete una voce per chiamar altra gente se mai bisognasse: e voi altri andiamo.

- Sentite, - disse il barcaiuolo al capo che avea dato quell'ordine, e lo disse con voce alta in modo da essere inteso anche dagli altri quattro soldati: - Dunque mi promettete di lasciare andar salvi tutti quelli che avete fatti prigioni?

- Sì, te l'ho promesso; tutti te li darò, salvo il curato, il qual m'ha tanto ristucco con que' maledetti suoi sermoni, che lo voglio proprio propagginare per vedere un po' se il poltrone avrà tanta parlantina quando sia ficcato col capo in giù.

- No, no, - replicava Michele! - tutti, m'avete detto.

- Via, , ti darò anche il curato, purchè il morto non sia di manco importanza di quel che me lo fai.

Quelli che ne avean ricevuto il comando, rimasero di guardia all'uscio: il Bellebuono, Michele e le altre due barbute salirono su per una scaletta e si trovarono in un anditino in faccia al quale era un usciuolo.

- Se volete che venga anch'io con voi, - disse il Limontino al capo, - v'indicherò il sito.

- Ah briccone! - rispose questi, - vi sarà qualche scappatoia, e tu vorresti côrtela, e piantarmi a piuolo, come un zugo: no, no, resta qui con questi due buoni amici che ti terranno compagnia. - Soldati, per caso che avvenga, non lasciatevelo uscir dalle mani finch'io non torno.

Le due lance si tolsero in mezzo il barcaiuolo, il quale non fece nessuna dimostrazione; solo che, parlando sempre al Bellebuono, il quale, tratta fuori una lanterna, s'innoltrava verso l'uscio nominato di sopra, soggiungeva: - Già non si può fallare: dopo la seconda camera, una scaletta a chiocciola, sotto al quarto botticello, una pietra quadrata...

- Sì, sì, mi ricordo di tutto, - rispose il Bellebuono.

- Se però volete che venga giù anch'io, - insisteva il barcaiuolo.

- Farò da me. - Queste furono l'ultime voci del masnadiere già penetrato nella seconda camera: s'intese il rumore de' suoi passi giù per una scala: il lume della lanterna s'andava perdendo, e scomparve del tutto; passarono alcuni momenti di silenzio, dopo di che si sentì al basso, in fondo, giù in cantina, un rumor sordo, come di qualche cosa di pesante che fosse caduto.

Il barcaiuolo tremava tutto; il cuore gli voleva balzar fuori del petto: buon per lui che non c'era tanto lume nell'andito da lasciare scorgere alle due guardie lo smarrimento degli occhi e del volto.

- Che può mai essere quel fracasso? - dicevano fra loro i due soldati che tenevano in mezzo il nostro Michele. - Che il Bellebuono abbia inciampato?... che abbia smosso qualche cosa?... che vi sia qualcuno nascosto?... Andiamo a vedere?...

- Andiamo! Ma no; ha detto d'aspettarlo qui... - A buon conto costui ce n'ha da render ragione.

Intanto che facevano tali discorsi, al poco lume di qualche casa che ardeva ancora, videro il Bellebuono affacciarsi all'uscio dond'era entrato; e far un cenno al barcaiuolo: questi gli si fece vicino, ricambiò alcune parole sommesse, poscia levando la voce in modo da essere udito dai soldati, ai quali era stato lasciato in custodia: - Sicchè, - disse, la mia promessa io l'ho mantenuta, adesso tocca a voi a mantenere la vostra.

Uscirono, si tolsero insieme gli altri due che eran rimasti al di fuori in sentinella, e si avviarono tutti verso il sagrato. Quando furono in un viottoletto, il barcaiuolo rimasto indietro alcuni passi coll'uomo, al quale le quattro lance continuavano ad obbedire come al loro capo, s'affaccendava a nettargli una manopola tutta sozza di sangue.

- E che fa? - diceva sottovoce quegli a cui veniva prestato quest'ufficio, - piuttosto che l'esserne macchiato, l'esser netto di sangue sarebbe un indizio in una notte come questa. - susurrarono insieme qualche altra parola, e poi fermandosi su i due piedi, il barcaiuolo chiamò le quattro lance che andavano innanzi e disse: - Sentite; qui il vostro capo va giù un momento alla riva per deporre in barca questo non so che, che ha sotto al braccio, e tornerà subito. Intanto voi altri verrete con me, e mi farete rilasciare i prigioni.

Allora l'uomo che non aveva fin a quel punto fatto altro che susurrar con Michele: - To' qui, Ribaldo, - disse a mezza voce ai soldati, - e tu, Vinciguerra, e voi altri due, - e diede a ciascun d'essi un pugno di monete d'argento, - queste per caparra, e fate rilasciar tosto que' prigioni. - Ciò detto, avviossi giù per la china, e sparì.

Il barcaiuolo coi quattro soldati seguitarono innanzi, e uno di questi ultimi diceva al compagno: - Hai sentito come avea la voce alterata il Bellebuono? non pareva più lui.

- È per amore della visiera calata, - rispondeva l'interrogato.

- Sai che cos'è piuttosto? - diceva un altro, - è per amore di quel coso che portava sotto al braccio.

- Maladetta! - disse un terzo, - noi soldati non siam troppo usi a vederne tanti, e ci danno un rimescolamento...

- E ha ben detto che ce ne vuol far parte anche a noi, è vero? - domandò il primo al nostro Michele.

- Ecco qui, - rispose questi, - una metà la vuol riporre per , com'è di giusto, l'altra la spartirete fra voi quattro.

- Bravo villano, - tornò a dire il primo; - e anche tu non devi rimanerti a bocca asciutta, che sei un buon uomo, amico dei bravi soldati.

- Per me, non domando altro che quel che m'ha promesso il vostro capo; se poi mi volete dar qualche cosa, sarà tanta carità.

- Piglia, villano, piglia, piglia; - e ciascuno gli pose in mano un pizzico di quelle monete che avean ricevuto poc'anzi, chè in quel momento li facea liberali la speranza della grossa parte che avrebbe fatto loro il Bellebuono.

Giunsero al sagrato, passarono nella chiesetta, e qui le quattro lance comandarono, in nome del Bellebuono, alle sentinelle che lasciassero andare i prigioni, e dieder subito mano a tagliar le corde con che erano legati. Come quelli furono sciolti, e in piedi, il Vinciguerra disse al barcaiuolo: - Or va, buon uomo, che sarai contento.

Ma intanto che Michele s'incamminava verso il monte con quei liberati, i quali fuori di per la consolazione lo tempestavano di cento domande, la voce di quel fatto fece il giro del sagrato, e una folla di soldati accorse ad impedire che i prigioni se n'andassero.

- Non è vero! - si gridava dappertutto: - non è vero! non può darsi che il Bellebuono l'abbia comandato.

- Sì, sì, è vero! l'ha detto a me, l'ha detto a noi! - rispondevano le quattro lance.

- No, no, son tutte invenzioni, - replicava più forte un altro. - Pensate, che andando via di qui in compagnia di voi altri, poco fa, il Bellebuono s'è fermato un momento indietro per dirmi all'orecchio che preparassi un capestro di più per far la festa anche a questo villano, come fosse tornato.

- Ma se l'ha detto a noi! - insistevano i quattro, - se ci ha comandato di far tutto quello che volesse questo buon uomo, di mettergli in libertà i prigioni.

- No, no, non è vero! qui v'è trama sotto! - gridava il grosso di quella canaglia, e già alcuni cominciavano a metter le mani addosso ai prigioni e al barcaiuolo; quando si sentì ripetere da molte voci in una volta:

- Il Bellebuono! il Bellebuono! è qui il Bellebuono!

Ed ecco quella sua figura venir correndo; tutto chiuso nell'armi, avea la buffa calata e il suo bravo lanciotto nelle mani. Come fu giunto fra la gente, non fece altro che levare quel sodo e pesante frassino, e dar giù a dritta e a manca legnate da cristiani; a chi tocca tocca, gridando o per dir meglio ruggendo fra' denti - Ah canaglia! ah canaglia!

I bastonati si trassero indietro sommessi e confusi; ed era a chi facesse valer meglio e più umilmente le sue scuse. - Non si credeva che l'aveste comandato voi! Gli è perchè m'avevate detto prima... - ed egli non restava dal tambussare, dal tirar giù botte da orbi.

Quando tutti furono scompigliati, diede egli stesso di braccio al parroco, fece segno agli altri liberati che lo seguissero, e si allontanò insieme ad essi sul primo sentieruzzo che menava alla montagna, lasciando i soldati sul sagrato di Limonta a maravigliarsi, a gettarsi via, a rimproverarsi l'un l'altro, scotendosi le busse da dosso.

Quando furono in su un bel tratto, il curato si volse al suo liberatore, che lo teneva tuttavia pel braccio, aiutandolo alla salita, e resegli quelle grazie che seppe migliori, gli disse che ormai poteva tornarsene indietro, chè essi erano in sicuro. Tutti gli altri scampati si strinsero anch'essi intorno al creduto Bellebuono, profferendosi a lui debitori della vita. Allora questi cavandosi l'elmo di testa si diede a conoscere per chi era. I miei lettori l'hanno già indovinato da un pezzo: era Lupo.

Aspetta quella notte, aspetta domani, aspetta l'altro, che il Bellebuono scendesse dalla montagna, avevano bell'aspettarlo: i quattro che l'aveano accompagnato nell'ultima sua spedizione tornano a quella tal casetta, scendono per la scala, dalla quale l'aveano sentito andar giù, riescono in una cameretta terrena, giù ancora in una cantina, da quella in un altro bugigattolo, dove lo trovano steso morto per terra.

Allora si venne in chiaro dello scaltrimento del villano, come essi lo chiamavano; si capì che nella cantina dovea esservi appiattata gente; anzi se ne rinvenne una prova materiale, come dicono; si trovò un giaco e una soprasberga che uno degli uccisori del Bellebuono avea lasciato giù per nascondersi sotto l'armatura di quel ribaldaccio, e capitar così travisato addosso ai soldati del Monastero con quel garbo che abbiam visto.

La rabbia, lo scorno di quei furfanti dolorosi, è facile figurarselo: - Ah villan traditore! - dicevan essi colla schiuma alla bocca: - se ci dài nelle mani!... - Sì, ma il villan traditore è costì che cova; egli s'è messo in sicuro colla sua donna, come si son messi in salvo chi qua chi tutti gli scampati da quella tremenda notte.

Le sessanta lance stettero ancora quattro o cinque giorni a Limonta sfogando la loro rabbia su quelle grame case, su quel poveri campi; ma poi, travagliati anch'essi quei manigoldi dalle scorrerie dei profughi comandati da Lupo, si rimbarcarono finalmente per Lecco, non senza aver lasciati indietro otto o dieci dei loro a ingrassare i campi che avean devastati.

La novella di questo avvenimento giunse a Milano, e venne all'orecchio di Marco Visconti appunto la sera del giorno in cui egli avea fatto con Ottorino quella cavalcata, di cui abbiam reso conto di sopra; giorno torbido e nero per lui fra quanti ne avesse avuti mai.

Capitò al suo palazzo l'abate di Sant'Ambrogio sbuffando, e gli fece la relazione di tutta la faccenda.

L'abate di Sant'Ambrogio, fratello, come abbiam detto, di Lodrisio Visconti, era tutto devoto di Marco, il quale si serviva del suo credito, e proponeva di servirsi delle forze del convento pe' suoi fini, che il lettore conosce, ma che erano ignorati affatto dall'abate, messo in mezzo e levato su anche dal suo stesso fratello. Marco e Lodrisio sapevano troppo bene che l'abate non avrebbe voluto staccarsi dall'antipapa e dal Bavaro, col favor dei quali da semplice monaco s'era levato a tanta altezza, e però non avevan giudicato cosa buona di lasciargli conoscere il segreto. Per quanto uno ti sia stretto amico, per quanto ti riverisca e ti tema, il voler pretendere ch'egli abbia a darsi della scure su i piedi da per farti piacere, è sempre troppo; e Marco conosceva abbastanza gli uomini per non domandar mai tanto da essi.

Dopo che l'abate ebbe raccontata di punto in punto, e con gran passione, tutta la storia di Limonta, conchiuse: - E quello che non mi sarei aspettato mai, si è che tutto, fu opera d'un nostro parente, d'un vostro creato: sì, quei villani ribaldi hanno trovato chi li protesse sotto l'ombra del vostro nome.

Marco, che aveva lasciato sfogare al prelato tutto il suo mal umore senza interromperlo, a quest'ultime parole si sentì montar la stizza, e volgendo sul dicitore uno sguardo severo: - In che farnetichi mi entrate voi, di grazia Messere? - gli rispose. - Sappiate che, siccome non soglio comportare che nessuno sotto di me preterisca o oltrepassi i miei comandamenti, cosi non sono uso di patire che altri dia ingiustamente aggravio ad alcun de' miei.

- Perdonatemi, - disse tosto l'abate accorgendosi d'essere trascorso, - non è ch'io intenda di parlare d'alcuno dei vostri fedeli; diceva un de' vostri, per modo di dire, perchè è uno al servizio d'un vostro creato, ma ne è del tutto indegno, chè nasce d'un mascalzone, e fa ritratto di quel ch'egli è.

- Insomma? - domandò Marco.

- È uno scudiere di Ottorino, un certo Lupo, figlio di un falconiere del conte del Balzo; è stato lui che ha ammazzato il Bellebuono: v'ho già detto che presso al cadavere fu trovato un giaco e una soprasberga, è vero?

- Sì, me l'avete detto.

- Bene, è stata riconosciuta per roba di codesto Lupo, e mi assicurano ch'ei tornerà presto qui in Milano in casa di Ottorino, come se nulla fosse. Del resto, vi ripeto: sono ben persuaso che Ottorino non c'entra: lasciando stare la parentela che corre fra la sua e la mia casa, egli sa com'io sto bene nella vostra grazia, e certo che si sarà guardato dal farmi dispiacere. E poi si vede troppo chiaro che quel villan rifatto ha operato di suo capo, chè essendo Limontino, egli ha voluto aiutare i suoi... Sicchè era venuto per domandarvi licenza... per pregarvi, che siate contento...

- Di che cosa?

- Che il monastero di S. Ambrogio, come conte di Limonta, eserciti i suoi diritti di signoria per punire un suddito fellone.

Marco pareva esitare a dar la risposta; e l'altro lo veniva sempre più stringendo col dire: - Se si trattasse d'un'offesa fatta a me, potrei perdonarla; ma, vedete bene, ne va dell'onore e dell'interesse del Monastero.

- Sì, sì, la solita canzone, - disse Marco interrompendolo: - del resto, fatene pure come di vostro; che cosa c'entro io in codeste brighe?

- L'ho fatto per mostrarvi la mia osservanza e la gratitudine che vi debbo per tanti favori, - diceva l'abate, - non crediate che sia per dimenticarmi che anche questa mia nuova dignità è stata un vostro dono.

Quanto alla dignità d'abate, la cosa era vera; Marco gliel'aveva ottenuta lui dal Bavaro; quanto poi a quella più recente, di cardinale, non ce n'avea merito alcuno; era cascata addosso al prelato per un motuproprio dell'antipapa Pietro da Corvara, il quale, vedendosi calar al basso un più che l'altro, cercava col distribuir cariche, dignità, indulgenze, tutto fuorchè quattrini, chè di quelli non ne avea uno, cercava, dissi, di farsi dei partigiani, degl'interessati a tenerlo in piedi, dei compagni alla peggio nella sua caduta.

Marco però ricevette tutto intero il complimento, senza farsi scrupolo di ridurre alla misura del dovere la gratitudine dell'alto suo cliente, il quale partì facendogli grandi protestazioni di ossequio, offerendo stesso, i suoi monaci, e tutti i feudi del Monastero in servigio di lui e de' suoi amici.

Questo nuovo accidente invelenì sempre più l'animo di Marco contra Ottorino: quantunque in faccia dell'abate egli avesse mostrato di offendersi del solo sospetto che un suo fedele avesse avuto mano in quella faccenda, in cuor suo conchiuse e fermò che Ottorino ad ogni modo non dovea esserne interamente netto; che Lupo, per lo manco, non lo avea lasciato al buio di quanto disegnava di fare; pensò che la sua famigliarità colla casa del Balzo poteva averlo consigliato ad oprar qualche cosa a pro dei Limontini; corse colla mente a Bice, e si sentì sempre più avvampare di rabbia e di gelosia.

 

 




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