CAPITOLO PRIMO
Paolo e Maria partono per l'Andropoli. - Una sera nel golfo di Spezia.
Paolo e Maria
lasciarono Roma, capitale degli Stati Uniti d'Europa, montando nel più grande
dei loro acrotachi, quello destinato ai lunghi viaggi.
È una navicella mossa
dall'elettricità. Due comode poltrone stanno nel mezzo e con uno scattar di
molla si convertono in comodissimi letti. Davanti ad esse una bussola, un
tavolino e un quadrante colle tre parole: moto, calore, luce.
Toccando un tasto l'aerotaco
si mette in moto e si gradua la velocità, che può giungere a 150 chilometri
all'ora. Toccando un altro tasto si riscalda l'ambiente alla temperatura che si
desidera, e premendo un terzo si illumina la navicella. Un semplice commutatore trasforma l'elettricità in calore,
in luce, in movimento; come vi piace.
Nelle pareti dell'aerotaco
eran condensate tante provviste, che bastavano per dieci giorni. Succhi
condensati di albuminoidi e di idruri di carbonio, che rappresentano
chilogrammi di carne e di verdura; eteri coobatissimi, che rifanno i profumi di
tutti i fiori più odorosi, di tutte le frutta più squisite. Una piccola cantina
conteneva una lauta provvista di tre elisiri, che eccitano i centri cerebrali,
che presiedono alle massime forze della vita; il pensiero, il movimento e
l'amore.
Nessun bisogno nell'aerotaco
di macchinisti o di servi, perchè ognuno impara fin dalle prime scuole a
maneggiarlo, a innalzare o ad abbassare secondo il bisogno e a dirigerlo dove
volete andare. In un quadrante si leggono i chilometri percorsi, la temperatura
dell'ambiente e la direzione dei venti.
Paolo e Maria
avevano portato seco pochi libri e fra questi L'anno 3000, scritto da un
medico, che dieci secoli prima con bizzarra fantasia aveva tentato di
indovinare come sarebbe il mondo umano dieci secoli dopo.
Paolo aveva detto a
Maria:
- Nel nostro lungo
viaggio ti farò passar la noia, traducendoti dall'italiano le strane fantasie
di questo antichissimo scrittore. Son curioso davvero fin dove questo profeta
abbia indovinato il futuro. Ne leggeremo certamente delle belle e ne rideremo
di cuore.
È bene a sapersi che
nell'anno 3000 da più di cinque secoli non si parla nel mondo che la lingua
cosmica. Tutte le lingue europee son morte e per non parlare che dell'Italia,
in ordine di tempo l'osco, l'etrusco, il celtico, il latino e per ultimo
l'italiano.
Il viaggio, che
stanno per intraprendere Paolo e Maria, è lunghissimo. Partiti da Roma vogliono
recarsi ad Andropoli, capitale degli Stati Uniti Planetarii, dove vogliono
celebrare il loro matrimonio fecondo, essendo già uniti da cinque anni col
matrimonio d'amore. Essi devono presentarsi al Senato biologico di Andropoli,
perchè sia giudicato da quel supremo Consesso delle scienze, se abbiano o no il
diritto di trasmettere la vita ad altri uomini.
Prima però di
attraversare l'Europa e l'Asia per recarsi alla capitale del mondo, posta ai
piedi dell'Imalaia, dove un tempo era Darjeeling, Paolo voleva che la sua
fidanzata vedesse la grande Necropoli di Spezia, dove gli Italiani dell'anno
3000 hanno come in un Museo raccolte tutte le memorie del passato.
Maria fino allora
aveva viaggiato pochissimo. Non conosceva che Roma e Napoli e il pensiero
dell'ignoto la inebbriava. Non aveva che vent'anni, avendo data la mano d'amore
a Paolo da cinque anni.
Il volo da Roma a
Spezia fu di poche ore e senza accidenti. Vi giunsero verso sera, e dopo una
breve sosta in uno dei migliori alberghi della città, cavarono fuori dall'acrotaco
una specie di mantello di caucciù, che si chiama idrotaco e che gonfiato
da uno stantuffo in pochi momenti si converte in un barchetto comodo e sicuro.
Anche qui nessun bisogno di barcaiuolo e di servi. Una macchinetta elettrica,
non più grande di un orologio da caminetto, muove l'idrotaco sulle onde,
colla velocità che si desidera.
Il Golfo di Spezia
era in quella sera divino. La luna dall'alto, nella pace serena della sua luce,
spargeva su tutte le cose come un fiato soave di malinconia. Monti, monumenti,
isole parevano di bronzo; immoti come chi è morto da secoli. La scena sarebbe stata
troppo triste, se le onde chiacchierine, che parevano cinguettare e ridere fra
la rete infinita d'argento, che le inserrava come migliaia di pesciolini presi
nella rete dal pescatore, non avessero dato al golfo un palpito di vita.
I due fidanzati si
tenevano per mano e si guardavan negli occhi. Si vedevano anch'essi come velati
in quella luce crepuscolare, che toglie la durezza degli oggetti; facendo
giganti le anime delle cose.
- Vedi, Maria, -
disse Paolo a lei, quando potè parlare: - qui intorno a noi dormono nel
silenzio più di ventimila anni di storia umana. Quanto sangue si è sparso,
quante lagrime si son versate prima di giungere alla pace e alla giustizia, che
oggi godiamo e che pure sono ancora tanto lontane dai nostri ideali. E sì, che
fortunatamente per noi, dei primi secoli dell'infanzia umana, non ci son
rimaste che poche armi di pietra e confuse memorie. Dico fortunatamente, perchè
più andiamo addietro nella storia e più l'uomo era feroce e cattivo.
E mentre egli
parlava, si andavano avvicinando alla Palmaria, convertita allora in un grande
museo preistorico.
- Vedi, Maria, qui
vissero in una grotta dieci o venti secoli or sono uomini, che non conoscevano
metalli e si vestivano colle pelli delle fiere. Sulla fine del secolo XIX un
antropologo di Parma, certo Regalia, illustrò questa grotta, che era detta dei
Colombi, descrivendone gli avanzi umani e animali, ch'egli vi aveva trovati. In
quel tempo però, cioè sulla fine del secolo XIX, tutta l'isola era coperta di
cannoni, ed una batteria grande, un vero miracolo di arte omicida, difendeva il
golfo dagli assalti del nemico.
Tutto il golfo del
resto era un trabocchetto gigantesco per uccidere gli uomini. Sui monti,
cannoni; sulle sponde, cannoni; sulle navi, cannoni e mitragliatrici: tutto un
inferno di distruzione e di orrore.
Ma già qualche
secolo prima questo golfo portava memorie di sangue. Lì ad oriente sopra Lerici
tu vedi un antichissimo castello, dove fu prigioniero un re di Francia,
Francesco I, dopochè ebbe perduta la battaglia di Pavia.
Noi non vediamo più
l'ecatombe di ossa, che devono trovarsi sul fondo del mare, perchè sul
principio del secolo XX ebbe luogo una terribile battaglia navale, a cui
presero parte tutte le flotte d'Europa; mentre per fatale coincidenza in
Francia si combatteva un'altra grande battaglia.
Si battevano per la
pace e per la guerra, e l'Europa era divisa in due campi. Chi voleva la guerra
e chi voleva la pace; ma per volere la pace si battevano, e un gran mare di
sangue imporporò le onde del Mediterraneo e allagò la terra. In un solo giorno
nella battaglia di Spezia e in quella di Parigi morì un milione di uomini. Qui
dove noi siamo ora, godendo le delizie di questa bellissima sera, saltarono in
aria in un'ora venti corazzate, uccidendo migliaia di giovani belli e forti;
che avevano quasi tutti una madre, che li attendeva; tutti una donna che li
adorava.
La strage fu così
grande e crudele, che l'Europa finalmente inorridì ed ebbe paura di sè stessa.
La guerra aveva uccisa la guerra e da quel giorno si mise la prima pietra degli
Stati Uniti d'Europa.
Quei giganti neri,
che vedi galleggiare nel Golfo sono le antiche corazzate, che rimasero incolumi
in quel giorno terribile. Ogni nazione d'allora vi è rappresentata: ve n'ha di
italiane, di francesi, d'inglesi, di tedesche. Oggi si visitano come curiosità
da museo e domattina ne vedremo qualcuna. Vedrai come in quel tempo di barbari,
ingegno e scienza riunivano tutti i loro sforzi per uccidere gli uomini e
distruggere le città. E figurati, che uccidere in grande era allora creduta
gloria grandissima e i generali e gli ammiragli vincitori erano premiati e
portati in trionfo. - Poveri tempi, povera umanità!
Però, anche dopo
aver abolita la guerra, l'umana famiglia non ebbe pace ancora. Vi erano troppi
affamati e troppi infelici; e la pietà del dolore, non la ragione, portò
l'Europa al socialismo.
Fu sotto l'ultimo
papa (credo si chiamasse Leone XX), che un re d'Italia scese spontaneo dal
trono, dicendo che voleva per il primo tentare il grande esperimento del
socialismo. Morì fra le benedizioni di tutto un popolo e i trionfi della
gloria. I suoi colleghi caddero protestando e bestemmiando.
Fu una gran guerra,
ma di parole e di inchiostro; fra repubblicani, conservatori e socialisti; ma
questi la vinsero.
L'esperimento
generoso, ma folle, durò quattro generazioni, cioè un secolo; ma gli uomini si
accorsero di aver sbagliato strada. Avevano soppresso l'individuo e la libertà
era morta per la mano di chi l'aveva voluta santificare. Alla tirannia del re e
del parlamento si era sostituita una tirannia ben più molesta e schiacciante,
quella d'un meccanismo artificiale, che per proteggere e difendere un
collettivismo anonimo soffocava e spegneva i germi delle iniziative individuali
e la santa lotta del primato. Sopprimendo l'eredità, la famiglia era divenuta
una fabbrica meccanica di figliuoli e di noie sterili e tristi.
Un gran consesso di
sociologi e di biologi seppellì il socialismo e fondò gli Stati Uniti del
mondo, governato dai migliori e dai più onesti per doppia elezione. Al governo
delle maggioranze stupide subentrò quello delle minoranze sapienti e oneste.
L'aristocrazia della natura fu copiata dagli uomini, che ne fecero la base
dell'umana società. Ma pur troppo non siamo ancora che a metà del cammino.
L'arte di scegliere gli ottimi non è ancora trovata; e pensatori e
pensatrici, i sacerdoti del pensiero e le sacerdotesse del sentimento,
travagliano ancora per trovare il modo migliore, perchè ogni figlio di donna
abbia il posto legittimo, che la natura gli ha accordato nascendo.
Si sono soppressi i
soldati, il dazio consumo, le dogane, tutti gli strumenti della barbarie
antica. Si è soppresso il dolore fisico, si è allungata la vita media,
portandola a 60 anni; ma esiste ancora la malattia, nascono ancora dei gobbi,
dei pazzi e dei delinquenti, e il sogno di veder morire tutti gli uomini di
vecchiaia e senza dolore è ancora lontano. -
Maria taceva,
ascoltando, e Paolo tacque anch'egli, come oppresso da una grande malinconia. I
ventimila anni di storia gli parevano troppo lungo tempo per così piccolo
cammino percorso sulla via del progresso.
Maria volle rompere
quel silenzio e dissipare quella malinconia; e coll'agilità mobile e
intelligente che hanno tutte le donne, volle far fare al pensiero del suo
compagno un gran salto.
- Dimmi, Paolo,
perchè fra le tante lingue morte tu hai studiato con particolare amore
l'italiano? È una curiosità che ho da un pezzo e che tu non mi hai mai
soddisfatto. Non sarà di certo per poter leggere nell'originale L'anno 3000?
- No, mia cara, è
perchè la letteratura italiana ci ha lasciato la Divina Commedia e Giovanin
Bongè, Dante e Carlo Porta, i due poeti massimi del sublime e del comico.
Li leggeremo insieme questi due grandi poeti e tu vedrai che ho cento ragioni
di voler studiare l'italiano prima d'ogni altra lingua morta.
Nessuno ha saputo
toccare tutte le corde del cuore umano come l'Allighieri e nessuno ci ha fatto
ridere più umanamente del Porta.
Per capire però il
Porta non basta saper l'italiano, ma si deve studiare il milanese, un dialetto
molto celtico, che si parlava dieci secoli or sono in gran parte della
Lombardia, quando l'Italia aveva più di venti dialetti diversi.
E poi, anche senza
Dante o senza il Porta, io avrei studiato l'italiano prima d'ogni altra lingua
morta, perchè essa era la figlia prediletta e primogenita del greco e del
latino e in sè concentrava i succhi di due fra le massime civiltà del mondo, e
ad esse se n'aggiunse una terza di suo, non meno gloriosa delle altre. Parlando
italiano si ripensa Socrate e Fidia, Aristotile e Apelle; si ripensa Cesare e
Tacito; Augusto e Orazio; Michelangelo e Galileo; Leonardo e Raffaello. Mai
nessuna altra lingua ebbe una genealogia più nobile e più grande. Ecco anche
perchè, quando si fondarono gli Stati Uniti d'Europa, per facile consenso di
tutti, Roma fu scelta a capitale. -
- Paolo mio, tu mi
fai troppo superba di essere romana! -
E di nuovo i due
fidanzati tacquero, mentre il loro idrotaco scorreva sulle onde del
golfo, rompendo ad ogni suo movimento le maglie della rete d'argento, distesa
sul pelo dell'acqua.
Intanto si
avvicinavano all'antico Arsenale di Spezia e un suono monotono e lugubre
giungeva al loro orecchio; ora confuso e appena percettibile, ora chiaro e
distinto; secondo le vicende della brezza notturna.
Gli occhi di Paolo e
di Maria si volgevano là donde quel suono veniva e pareva che sorgesse
dall'onda, dove un corpo rotondo galleggiava sull'acqua, come un'immensa
testuggine marina.
Verso quel punto
diressero la loro navicella e il suono si andava facendo più forte e più triste.
A pochi passi da quel corpo galleggiante fermarono l'idrotaco.
- Che cos'è questo
corpo?
- È un'antica boa, a
cui i barbari del secolo XIX attaccavano le loro corazzate maggiori. È rimasta
qui dopo tanti secoli arrugginita e obbliata per memoria di un tempo, che per
fortuna degli uomini non ritornerà più. -
Intanto il suono
triste e monotono, che usciva dalla boa, era divenuto chiarissimo.
Era un suono doppio
e straziante, fatto di due note; un lamento e un tonfo. Prima era un ihhh
stridente e prolungatissimo, e poi, dopo una pausa breve, un bumhh cupo
e profondo, e una nuova pausa, e un ripetersi incessante del lamento e del
tonfo.
Anche il cuore umano
misura il breve giro del quadrante della vita con due suoni alterni, un tic
e un tac; ma son suoni allegri, quasi festosi.
Quell'ihhh e
quel bumhh invece sembravano
i palpiti di un cuore gigantesco e straziato, che battesse il tempo del nostro
pianeta.
- Dio mio, dimmi,
Paolo, perchè quella boa si lamenta? Par che soffra e pianga.
- Pazzarella, -
rispose egli, sorridendo forzato. - Il lamento è lo stridere dell'anello
arrugginito della boa e il tonfo è il batter dell'onda sulla cassa vuota. -
Paolo però, dando la
spiegazione fisica di quel suono alterno, era preoccupato da altri pensieri,
che spaziavano in un mondo più alto e più lontano.
E i due tacquero
ancora e lungamente.
- Andiamo via,
torniamo a terra, questa boa mi fa terrore, mi fa piangere.
- Hai ragione,
andiamo via. Questo lamento rattrista anche me. Mi par di veder qui l'immagine
dolorosa di tutta la storia umana. Un lamento, che sorge dalle viscere dei
bambini appena nati, dei giovani straziati dall'amore, dei vecchi che hanno
paura della morte; di tutti i malcontenti, di tutti gli affamati di pane o di
gloria, di ricchezza o di amore. Un lamento, che si innalza da tutto il
pianeta, che piange e domanda al cielo il perchè della vita, il perchè del
dolore.
E a quel lamento di
tutto il pianeta risponde il destino, il fato con quel tonfo cupo e profondo:
Così è, così deve
essere, così sarà sempre.
- No, Paolo, non è
così, non sarà sempre così! Pensa
alle corazzate omicide che non ci son più, pensa alla guerra che più non
esiste; pensa al progresso che mai non posa. Anche questa boa, che sembra ripeterci coi suoi palpiti l'eterno lamento
dell'umanità, e la crudele risposta del fato, tacerà un giorno, disciolta dalle
acque del mare...
- E così sia, -
disse Paolo, accelerando il moto della navicella, per fuggire all'incubo di quel
suono lamentevole e strazianteAl mattino seguente il sole più fulgido brillava
nel cielo di Spezia invece della luna. La vita operosa del lavoro teneva dietro
alla malinconia della notte; e i due fidanzati, dopo aver visitato alcune
carcasse delle vecchie corazzate, rimontando nell'aerotaco, spiccarono
il volo verso Oriente, donde sempre
è venuta agli uomini colla luce del giorno la speranza, che mai non muore.
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