CAPITOLO UNDECIMO
Il museo di Andropoli. - La Galleria e i peripatetici. - La sezione delle
scienze naturali. - Gli uomini possibili. - L'analisi e la sintesi messe
vicine. - Parte del Museo riservata al lavoro umano. - I circoli concentrici e
i raggi centrifughi. - La macchia sulla carta topografica della storia
dell'arte.
Paolo e Maria
vollero vedere anche il Museo d'Andropoli, che è alquanto discosto dalla
capitale, e si vede da lontano; posto com'è sopra l'altipiano d'una vasta
collina.
È un immenso edifizio
circolare e intorno ad esso gira un portico a colonne, dove nei giorni di
pioggia passeggiano spesso e volentieri i cittadini di Andropoli.
Quella passeggiata è
la prediletta degli uomini di studio, che sono sicuri di trovarvi sempre qualche letterato o qualche scienziato, che
vi passa qualche ora, riposandosi delle fatiche del pensiero e godendo nello
stesso tempo lo splendido panorama della città posta in basso; e dei giardini
sparsi qua e là, fra quartieri e quartieri dell'immensa metropoli planetaria.
È quello un luogo
poco frequentato dalle signore galanti e dai ricchi oziosi e non vi si odon che
dispute scientifiche e letterarie: tanto che in Andropoli, con un'ironia che
pare un elogio, si dice di un uomo saccente o di un saputello: tu sei un
peripatico o un uomo della galleria del Museo.
La satira però non
attacca quella galleria, dove gli uomini più colti della città si istruiscono a
vicenda, disputando e conversando in amichevoli parlari.
E la galleria è
anche bella, ornata di piante peregrine sempre
in fiore, che fanno risaltar meglio le candide statue, che si innalzano fra
esse e che sono erette ai più grandi uomini di ogni tempo e che si sono resi
illustri nelle scienze, nelle lettere e nelle arti.
Quella mirabile
corsìa ha fatto nascere l'idea di fondare un giornale ebdomadario, La
Galleria del Museo; che pubblica, sotto forma di conversazioni, le
controversie letterarie e scientifiche del giorno e che si fanno veramente in
quel luogo o si immaginano avvenute.
Chi ha poco tempo o
poco denaro per leggere molti giornali, anche colla sola lettura della Galleria
del Museo, può dire di seguire il movimento del pensiero in tutto il mondo,
tenendosi al corrente di tutte le nuove scoperte, di tutte le nuove invenzioni.
Dalla galleria si
entra per varie porte nel vero Museo, che riunisce in un solo centro tutti i
prodotti della natura e dell'uomo.
Il Museo di storia
naturale è circolare anch'esso e gira intorno all'interno della galleria, e chi
faceva tutto il giro poteva ben dire di aver fatto un viaggio intorno al mondo.
Infatti, partendo da
un capo si incomincia a percorrere il mondo dei minerali e delle roccie, tutti
quanti rappresentati da grossi e splendidi esemplari,
che portano il nome del minerale e la sua provenienza.
In quel Museo
l'analisi, si alterna sempre colla
sintesi; per cui nel dipartimento consacrato ai minerali, dopo averli veduti
raccolti insieme secondo la loro natura, si vedono poi riuniti invece secondo
il paese che li ha prodotti.
Così ad esempio, dove è rappresentata l'Italia minerale e
geologica, vedete un campione di tutti i suoi minerali e poi spaccati
bellissimi delle Alpi, dell'Apennino e delle roccie stratificate delle catene
minori.
Dai minerali si
passa al Regno delle piante e anche qui analisi e sintesi si danno la mano.
I funghi, le alghe,
i licheni, gli organismi più semplici
del mondo vegetale aprono la schiera e gli esseri microscopici sono riprodotti
in grandi proporzioni, onde a primo colpo d'occhio se ne possa vedere la
struttura.
Questo per il volgo
della gente colta; chè per gli studiosi di botanica, ogni creaturina è
conservata in liquido antisettico, per poterla studiar col microscopio.
Le erbe, le piante,
gli alberi più colossali sono riprodotti al vero coi loro fiori, coi loro
frutti e queste copie formate di materie molto diverse e incorruttibili danno
la perfetta illusione del vero. In apposito scaffale poi si conservano le
piante vere, diseccate o secondo i casi conservate in liquidi antisettici per
poter servire alle ricerche degli studiosi.
Ogni pianta è esposta
nella storia della sua evoluzione. Si vede cioè la pianta fossile, che era o si
supponeva l'avo lontano delle specie viventi e poi l'una accanto all'altra le
forme, che hanno con esse vincolo di parentela e di discendenza; come chi
vedesse l'albero genealogico di una famiglia umana. Già da molti secoli la
paleontologia non è più una scienza a sè e disgiunta dalle sue sorelle e
figliuole. Il botanico, che studia una famiglia di piante, deve necessariamente
conoscere la sua progenitura e così le specie fossili, da cui esse derivano. E
ciò fa il zoologo per gli animali, e in tutti i musei accanto agli animali
tuttora viventi si vedono sempre i
loro antenati fossili, e così con un solo sguardo si può ammirare la
meravigliosa evoluzione delle forme attraverso una continuità non mai
interrotta di progresso.
Paolo e Maria,
percorrendo la Sezione del Museo dedicato alle piante, si fermarono a lungo
dinanzi ai quadri sintetici, riproducenti la flora di una data regione.
In quei quadri le
piante non sono più distribuite secondo la loro parentela morfologica, ma bensì
secondo la loro patria. Cercarono subito dell'Italia e la videro rappresentata
mirabilmente da una flora alpina, da una flora marittima, e da altre flore
minori; quali la palustre, l'insulare e parecchie altre.
Dove è rappresentata
la flora alpina, non già in pittura, ma colle piante vere mirabilmente
imbalsamate, tu vedi un alberetto d'abeto messo più in su di un faggio, che
alla sua volta vede ai suoi piedi un castagno.
E l'abeto ha i suoi
licheni, le sue borracine e intorno a sè le felci, i funghi, le sassifraghe e
tutta la minuta e mirabile microflora delle più alte regioni.
I nostri viaggiatori
si fermarono lungamente davanti ad uno dei quadri rappresentante la feconda e
magica flora di una foresta tropicale e dove i rami degli alberi maggiori si
intralciano colle liane, colle felci arboree; portando sulle loro spalle le più
vaghe orchidee, e le altre cento piante parassite, che sovrappongono la vita
alla vita, i colori ai colori, formando mazzi, che nessun giardiniere riuscirà
mai a riprodurre nelle sue aiuole e nelle sue serre.
Da per tutto, dove
in quel museo è riprodotta al vero la flora d'una data regione, è posta in uno
stereoscopio la fotografia di scene prese dal vero e che riproducono il prato,
la foresta, la palude; per cui fra la rappresentazione plastica e la
riproduzione pittorica ognuno può con tutta evidenza ammirare la vita vegetale
di un dato paese.
Anche le scene
vegetali dell'antico mondo geologico sono riprodotte nel Museo, sia colla
plastica, sia con disegni e il visitatore, così come prima poteva fare un
facile viaggio nello spazio, qui lo fa nel tempo; condensando in pochi istanti
le emozioni del viaggiatore e dello storico.
***
Dalle piante si
passa nel Regno degli animali e anche qui essi sono prima distribuiti per
famiglie, generi e specie e varietà, e poi raggruppati insieme nella fauna di
tutte le regioni del globo.
Ogni animale ha
accanto a sè i suoi antenati geologici. Non tutti però, dacchè la palentologia
antica non ha saputo trovare ancora gli avi preistorici di ogni specie, nè la
corteccia del nostro pianeta è stata tutta dissodata e messa a nudo.
Ogni animale, oltre
la sua storia attraverso i secoli, ha rappresentata anche l'evoluzione
attraverso i periodi della propria vita.
E così tu vedi per esempio l'uovo dell'aquila e il suo nido e poi
l'aquilotto neonato, il giovane, l'adulto e il decrepito. E ogni specie
presenta le sue varietà dovute al sesso, al clima e anche le sue forme
patologiche.
Un'altra cosa si
vede e che negli antichi Musei del secolo XIX non si era neppur sognato di
fare.
Ogni animale ha cioè
accanto a sè i propri parassiti, che sono riprodotti colla plastica con un
forte ingrandimento. E così tu accanto al gallo vedi i suoi acari, i suoi vermi
intestinali e tutti i microbi, che vivon sulla sua pelle e nei suoi visceri.
Anche per gli
animali ogni regione del nostro pianeta ha rappresentata la propria fauna,
dalle forme più alte alle più basse. E dove ti si presenta la ricca fauna
dell'India tu vedi strisciare ai piedi del tigre, della pantera e del cuon il
velenosissimo cobra; mentre i piccoli papagalli e gli avvoltoi sospesi ad arco
rappresentano con altri infiniti uccelli la fauna ornitologica di quella terra
feconda.
Gli animali come le
piante si seguono secondo la loro gerarchia morfologica, per cui dai vermi, dai
molluschi tu passi agli insetti, dagli invertebrati passi ai vertebrati secondo
la loro scala ascendente, finchè tu trovi dinanzi ai tuoi occhi il re
planetario; l'uomo in tutte le sue forme preistoriche, protostoriche e moderne,
trovandoti in un vero Museo d'antropologia.
Nell'anno 3000 si è
già scoperto da parecchi secoli l'uomo terziario e l'antropomorfo, che per
neogenesi lo aveva generato.
E subito dopo di lui
ti vedi davanti agli occhi l'Adamo selvaggio e irsuto dell'epoca quaternaria,
l'uomo delle caverne, l'uomo neolitico e infine tutta la lunga schiera di razze
più moderne e che sono però già scomparse dalla superficie della terra; quali
gli Australiani, i Maori, gli Ottentotti, i Boschimani, molti Negri, i Guarani
e tante e tante altre razze, di cui per alcune però rimangon le traccie nei
contemporanei del secolo XXXI.
Così nell'Africa non
c'è più un solo negro puro, ma molte razze di mulatti ricordano l'antica
origine. E in Malesia non più Malesi puri, ma parecchie razze malesoidi, nelle
quali è entrata una ricca onda di sangue ariano. Anche la China non ha più dei
veri e propri Mongoli, ma una razza nuova ibrida di Ariani, di Semiti, di
Malesi e di Mongoli.
Le rapide e facili
comunicazioni fra paese e paese e le profonde modificazioni dei climi avvenute
per opera dell'uomo tendono ad ogni generazione a fondere indefinitamente le
razze, creando un nuovo tipo, indefinitamente cosmopolita, frutto
dell'incrociamento intimo e profondo di tante e tante razze, che per lunghi
secoli eran rimaste isolate e disgiunte, facendosi paura reciproca e continua e
distruggendosi a vicenda col ferro, col fuoco e più ancora col trasporto di
terribili malattie infettive, che poi colla cresciuta civiltà sono quasi del
tutto scomparse dalla superficie della terra.
Di molte, razze
preistoriche il Museo non conserva che pochi cranii e poche ossa, ma
coll'induzione scientifica si sono indovinate le forme esteriori, mirabilmente riprodotte
colla plastica in modo da far apparire come viventi uomini spenti da centinaia
di secoli.
Quanto agli
Australiani, agli Ottentotti e a tante altre razze moderne, ma pur scomparse,
sono rappresentate da individui giovani, adulti e di ambo i sessi stupendamente
imbalsamati. E accanto a questi e a quelli tu vedi le loro armi di pietra, le
loro rozze stoviglie; tutti i poveri prodotti del loro cervello infantile.
La parte più curiosa
però della sezione antropologica del grande museo zoologico di Andropoli è
quella destinata a rappresentare gli uomini possibili dei pianeti.
Nell'anno 3000
fisici e astronomi sono tutti intenti a perfezionare il telescopio e si spera
da un giorno all'altro di poter vedere gli abitanti di Venere, di Marte, di
Mercurio e degli altri pianeti più vicini alla terra.
Ma già da alcuni
secoli gli istrumenti astronomici si erano talmente perfezionati da far
scorgere i mari, i monti, i fiumi e le foreste di quei mondi lontani, e su
questi dati alcuni naturalisti, più ricchi di fantasia che di scienza, avevano
immaginato quali potessero essere gli abitanti planetarii e li avevano
fabbricati colla matita e colla plastica.
Queste ardite
rappresentazioni si vedono tutte nel Museo col nome del naturalista, che le
aveva sognate, e sono davvero curiose ed interessantissime.
Maria davanti a
quegli esseri immaginarii era tutt'occhi, mentre Paolo, che anch'egli li vedeva
per la prima volta, sorrideva e a quando a quando non poteva a meno di dare in
uno scoppio di risa.
- O Maria mia, come
son buffi questi angeli planetarii, come sono grotteschi, sopratutto come sono
impossibili! Mi par che i naturalisti, che li hanno scoperti, dovevano
conoscere ben poco l'anatomia comparata e ancor meno la biologia. Noi non
possiamo immaginare che forme antropomorfe e così come gli antichi fondatori di
teogonie non hanno saputo fabbricare i loro Dei che rivestendoli colla pelle
umana, così questi bizzarri creatori di superuomini non hanno potuto
uscire dal mondo umano e dal mondo animale.
- Guarda qui, questo
abitante di Venere! Quanto è buffo! Gli hanno appiccicato due ali e questo è il
sogno più antico, che ha creato gli angeli delle teogonie cristiane, delle
maomettane e di tante altre religioni. L'uomo ha sempre
desiderato di poter volare e attaccandosi due grandi ali di oca, di cigno o di
aquila, ha fabbricato i suoi angeli. Ma questo abitante di Venere ha per di più
anche un terzo occhio all'occipite, per poter vedere all'indietro, senza
bisogno di voltarsi. L'unica cosa veramente geniale e che vedo qui rappresentata
in questo superuomo è la separazione netta degli organi urinarii da quelli
destinati alla riproduzione; fusione, che ha sempre
fatto arrossire gli uomini di tutti i tempi e che parve a tutti una grande
errore della natura, destinato a scomparire nel progresso morfologico degli
animali superiori.
Maria arrossì senza
rispondere e si mosse subito per guardare gli abitanti di Marte, di Mercurio e
di Giove.
La più scapigliata
fantasia aveva creato esseri mostruosi, strani, impossibili, che solo la penna
dell'antico Dorè avrebbe potuto rappresentare.
In tutti quei mostri
però non si poteva trovare un solo organo, che già non esistesse nell'uomo o in
altri animali, per cui la nuova creatura planetaria non era che un mosaico di
membra diverse prese ora agli'uccelli, ora ai pesci, o agli insetti, o ai
molluschi.
Tu vedi un superuomo
coperto di penne policrome, e che poteva quindi risparmiare il vestito.
Ne vedi un altro
munito di un apparecchio elettrico, che può sprigionare correnti così
formidabili da uccidere qualunque verme o animale egli volesse offendere.
In altri superuomini
planetarii sono collocati or qua or là organi speciali per la sensibilità
elettrica e la magnetica; ma se il fantasioso naturalista aveva saputo
indovinare la funzione, non aveva però potuto crear l'organo e al suo posto si
leggeva null'altro che organo dell'elettricità o organo magnetico.
Lasciando il Museo
dei mostri planetarii creati dalla bizzarra fantasia di alcuni naturalisti
dell'anno 3000, Paolo, ridendo per l'ultima volta, e più forte ebbe a dire:
- Oh quanti palmi di
naso metteranno fuori questi sognatori, quando il telescopio ci avrà mostrati i
veri abitatori degli altri pianeti!
E si diressero alla
parte centrale del Museo, destinata non più ai prodotti della natura, ma a
quelli, dell'uomo.
***
Si leggono infatti
sulle molte porte che danno adito a quella regione dappertutto le stesse
parole:
Il lavoro umano.
La disposizione di
questo dipartimento è davvero molto ingegnosa ed è fatta in modo da poter
studiare ora una sola industria o forma di lavoro attraverso i tempi e i
luoghi; ora invece tutta quanta l'industria di un solo popolo.
Chi percorre le
sale, che si aprono l'una nell'altra circolarmente, studia una sola industria;
chi invece le percorre dalla periferia al centro può ammirare tutte quante le
forme di lavoro d'uno stesso popolo.
La passeggiata
circolare è lo studio di una sola industria attraverso il tempo, quella
centrifuga è invece l'esame psichico di tutto un popolo.
In quella prima visita
al Museo d'Andropoli i nostri viaggiatori non fecero che una rapida corsa, per
averne un'idea generale, per ammirare i contorni, il profilo, direi, di quel
gigantesco tesoro, che riunisce il frutto di tutti i travagli umani attraverso
il tempo e lo spazio; e vi assicuro che quando se ne ritornarono a casa, erano
stanchi non solo nelle gambe, ma più ancora nell'attenzione sostenuta troppo a
lungo e nel travaglio di tante sorprese e di tante emozioni.
In quel primo
giorno, dopo un giro fatto attraverso tutte le industrie, fra i tanti raggi,
che spiccano da quel circolo sintetico del lavoro umano, non entrarono che
nella corsia destinata all'Italia e dove non ebbero luogo di arrossire, perchè
anche nell'anno 3000 questa terra, distesa mollemente fra due mari azzurri,
quasi posta fra l'Occidente e l'Oriente, ha sempre
conservato il primo posto nelle arti del bello e erede della grande civiltà
greca ha avuto molte fioriture, che si sono succedute le une alle altre, come
altrettante primavere.
E siccome nella
prima sala, che apre la porta a tutte le cento successive, si vede
rappresentato mirabilmente sopra una grande carta murale la linea, ora
ascendente ora discendente delle principali forme del lavoro umano, Maria si
fermò sopra una macchia nera, che sta disegnata sull'ultimo periodo del secolo
XIX.
- E che cos'è, Paolo
mio, quella macchia?
- È una vergogna
dell'antica arte italiana, ma che fortunatamente durò pochissimo. Sulla fine
del secolo XIX vi fu un periodo di grande decadenza, specialmente nell'architettura
e nella pittura. E allora gli artisti mediocri, che avevano troppa superbia per
copiare l'antico, non sapendo creare nessuna nuova forma di bello, caddero nel
grottesco e immemori di essere i figli di Raffaello, di Michelangelo, del
Brunellesco, del Correggio e di tutta quanta una pleiade di ingegni divini,
fecero del brutto e dello strano un nuovo Dio, o per dir meglio un nuovo mostro
dell'estetica, fondando la scuola degli impressionisti, del pointillè,
dei decadenti, e tante altre mostruosità, che ora ci fanno ridere.
E figurati che in
quel periodo morboso dell'arte, anche i letterati si ammalarono dello stesso
male, e scrissero in un gergo così barocco, così goffo e mostruoso, da far
perdere ogni senso di estetica al popolo più estetico, che dopo il greco, ha
abitato il nostro pianeta. Fu una vera epidemia di prerafaellismo, di
superumano, che travolse anche ingegni altissimi e potenti, come fu quello d'un
abruzzese, certo Gabriele d'Annunzio, che se fosse vissuto in altri tempi,
avrebbe potuto e saputo essere uno dei più grandi maestri dell'arte.
E invece non fu che
un grande nevrastenico della letteratura italiana.
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