CAPITOLO TREDICESIMO
Il malumore di Maria e il segreto di Paolo. - Una seduta dell'Accademia
di Andropoli e la distribuzione del premio cosmico. - Il matrimonio fecondo.
Maria era da più
giorni di pessimo umore. Le meraviglie di Andropoli, ch'essa vedeva per la
prima volta, la distraevano per qualche ora, ma poi ripiombava nella solita
tristezza.
Dico male: essa non
era triste, nè poteva esserlo. Amava Paolo con tutto il suo cuore e con tutto
il suo pensiero ed ora si stava realizzando il sogno più alto della sua vita,
quello di visitare la capitale planetaria, facendo nello stesso tempo il giro
del mondo.
No, non era triste.
Era impermalita, dispiacente, contrariata.
Paolo, che era
avvezzo a vederla sempre serena,
passando i suoi giorni da un sorriso ad un altro sorriso, le aveva chiesto già
più volte:
- Ma che cosa hai,
amor mio? Ti senti male? Ti senti stanca? Vuoi forse riposarti per qualche
giorno dalle nostre continue escursioni?
Ed essa rispondeva
seccata, con quel piglio che rende quasi sempre
impossibile l'insistenza della domanda:
- Non ho nulla, mi
sento benissimo.
Un giorno però alla
domanda Paolo aggiunse anche le carezze e a tante forze alleate messe insieme,
essa non seppe, essa non potè più resistere.
- Ecco qui perchè io
sono di cattivo umore. Tu mi hai detto sempre
che la prima prova di amarsi e di vivere una vita sola in due era quella di non
avere il più piccolo segreto l'un per l'altro. E mi hai ripetuto non so quante
volte, che la prima bugia detta dalla bocca di una amante all'amato lacera la
concordia e mette in pericolo l'amore.
Tu lo sai, che io
dal giorno che ti dissi: son tua, non pensai cosa che tu non sapessi
un'ora dopo, nè provai una sola volta una gioia o un dolore, che subito dopo
non fosse anche tuo.
E anche tu, Paolo
mio, mi hai aperta tutta quanta l'anima tua, ma mi hai però detto, che ti
riservavi un piccolo segreto, che però non era una colpa; ma che non me lo
avresti rivelato che ad Andropoli.
Di quel mistero io
non mi sono mai offesa, sembrandomi
che non era che un ingegnoso artifizio per farmi desiderare qualcosa di nuovo,
a me, che vivendo con te, non avevo più nulla a desiderare. Ma ormai, siamo in
Andropoli da due mesi e tu non mi hai svelato il tuo segreto.
Ed ho sempre aspettato e aspetto ancora; ma ormai la
curiosità è divenuta impazienza e l'impazienza è divenuta dolore. - E mi
tormento e mi martello, sospettando che il segreto non sia un mistero, ma una
colpa, che non hai il coraggio di confidarmi, temendo forse che in me
diminuisca la stima per te, ch'è grande come il mio amore. E se non è una
colpa, è almeno una debolezza, e tu, che sei il forte dei forti, hai paura che
nello specchio della tua anima, tersa e brillante come l'acciaio, io non veda
una macchia.... -
Paolo stava a
sentirla e sorrideva, baciandole le mani e accarezzandola nei capelli....
- Pazzerella,
mattacchiona mia cara! Non ti sapevo così sospettosa e permalosa. Io ti ho
promesso di svelarti il grande segreto, l'unico ch'io mi abbia per te, ad
Andropoli; ma non ti ho però detto in qual giorno te l'avrei rivelato, se
appena giunti, o più tardi, o magari l'ultimo giorno, quello della nostra
partenza. Tu vedi dunque, che non ho mancato di parola, nè dimenticato la mia
promessa.
Or bene, il giorno
della rivelazione è giunto e te lo annunzio ad alta voce, solennissimamente.
Domani avrai il mio
segreto, nel giorno della proclamazione del premio cosmico.
- E a qual'ora di
questo giorno e in qual luogo?
- Nell'ora della
proclamazione e nella grande sala dell'Accademia.
Maria saltò al collo
di Paolo, e allegra come un puledro in festa lo baciò più e più volte.
Il malumore, la
displicenza eran volati via, s'eran sfumati come nebbia mattutina fugata dal
primo raggio di sole.
Per tutto quel
giorno la sua allegria accumulata e non spesa per tanti giorni si scatenò tutta
quanta, innondando di pazza gioia anche il suo Paolo. Ballarono, saltarono, si
rincorsero come fanciulli.
La gioia è sempre giovane e nelle sue forme più belle è anche
infantile. E Paolo e Maria per tutto quel giorno e la mattina appresso ebbero sempre fra tutti e due non più di sedici anni.
***
L'Accademia di
Andropoli è il più alto Istituto scientifico del mondo. Conta cento membri, presi
dalle più lontane regioni, e formano, direi, un vero Senato della scienza.
Eletti dal libero
voto di tutti i pensatori del mondo, rappresenta tutte le branche delle
scienze, delle lettere e delle arti, e non hanno altro obbligo che di trovarsi
in Andropoli una volta all'anno, e precisamente il 31 dicembre, quando i
segretari delle diverse regioni presentano la storia scientifica, letteraria e
artistica dell'anno; ciascuno nella disciplina che gli è affidata.
Ritornati alla loro
patria corrispondono coll'Accademia, per rispondere ai diversi problemi, che
sono affidati al loro studio. Trenta fra loro sorteggiati risiedono per tutto
l'anno nella capitale, dove hanno splendidi alloggi. Il loro onorario è di
500000 lire all'anno.
Ogni dieci anni si
riuniscono tutti quanti per distribuire il premio cosmico e che vien conferito
a colui, che abbia fatto la più grande scoperta di quel decennio. Il premio è
di un milione di lire, e colui che lo guadagna ha diritto di sedere nel
Consiglio supremo del Governo, e prende il titolo di Sofo, l'onorificenza più
alta in tutto il mondo e eguale soltanto a quella del Pancrate.
Nell'anno 3000 si
chiude appunto un decennio dall'ultimo premio, e i concorrenti sono 150.
Era appunto
all'indomani del giorno, in cui Paolo e Maria avevano avuto il dialogo da noi
riferito, che si doveva conferire il premio cosmico; e i nostri viaggiatori si
recarono all'Accademia, che trovarono affollata da cento e cento curiosi,
venuti da ogni parte del mondo per assistere alla gran festa della scienza.
La città è tutta
imbandierata, le botteghe tutte chiuse, e nella piazza musiche variopinte
riempiono l'aria, di deliziose armonie.
Entrando nella gran
sala delle assemblee Maria vide con
grande stupore, che Paolo andò a sedere con lei nei posti riservati al Pancrate
e ai suoi ministri, in due grandi seggiole dorate.
- Ma, Paolo mio,
perchè mai ci sediamo qui? Non sarebbe meglio confondersi col pubblico, e
sedere là nel fondo, dove potremmo senza suggezione conoscere e osservare ogni
cosa?
- No, Mariuccia mia,
perchè è il posto che mi spetta, ed io ho potuto ottenere dal Presidente, che
anche tu sieda qui accanto a me. E oggi è qui che ti sarà svelato il mio
segreto, l'unico mio segreto. -
Maria tacque e
rimase immersa nell'estasi di una grande meraviglia, di un grandissimo stupore.
Intanto la sala si
andava affollando sempre più e una
musica deliziosa confortava in tutti la fatica dell'aspettare.
A un tratto la
musica cessò, si diffuse all'intorno un silenzio solenne e i membri della
presidenza presero i loro posti, sedendo fra i cento senatori della scienza.
In mezzo ad essi, in
una poltrona più alta sedeva il Presidente, che portava al collo sospesa da una
catena di palladio una grande medaglia d'oro, che stava a dire, ch'egli aveva
riportato altre volte lo stesso premio cosmico, che si stava per conferire.
Il Presidente si
alzò, e dopo aver dichiarata aperta la seduta, invitò il Segretario generale a
leggere la relazione sul premio cosmico, e noi la riassumeremo per sommi capi.
- I concorrenti al
premio cosmico dell'anno 3000 sono 150. Un primo lavoro di analisi dei lavori
presentati li ridusse subito a 50.
Più difficile fu il
lavoro della seconda cernita, perchè in quelle cinquanta scoperte e invenzioni,
molte avevano un valore reale; ma un po' per volta i cinquanta divennero tre, e
dei tre non fu troppo difficile scegliere l'uno, essendo riservato agli altri
due il secondo e il terzo premio.
L'ingegnere inglese
John Newton ha inventato una trivella gigantesca mossa da una nuova macchina
elettrica, che ci permetterà di perforare tutto il nostro pianeta, giungendo al
centro della terra. Potremo così conoscere la vera struttura del globo, fin qui
divinata, ma non conosciuta; e chi sa di quali nuove forze potremo disporre
nell'avvenire. L'invenzione è di una straordinaria importanza e perciò abbiamo
dato all'ingegnere Newton il terzo premio.
Lo invito a recarsi
alla Presidenza, per ricevere il premio.
L'ingegnere Newton
era seduto accanto a Paolo. Si alzò, e recatosi al banco del Sofo, ricevette un
diploma e una medaglia.
La musica intonò le
sue armonie, e tutti gli astanti si alzarono ad applaudire il premiato.
E il segretario
continuò a leggere la sua relazione:
Il celebre astronomo
Carlo Copernic ha perfezionato talmente il telescopio da permetterci di vedere
gli abitanti dei pianeti più vicini. Questa invenzione segna un'era nuova nella
storia della civiltà, e permettendoci di allargare i confini del mondo
conosciuto, accrescerà all'infinito i tesori del nostro pensiero, lasciandoci
anche sperare, che in un tempo non troppo lontano noi potremo metterci in
relazione coi nostri fratelli planetarii.
Si trovò quindi
ragionevole e giusto di accordare il secondo premio all'astronomo Copernic.
E qui nuovi applausi
e nuove armonie.
Dopochè il Copernic ebbe
ricevuto il premio, vi fu una lunga pausa di silenzio e di aspettazione. Quel
silenzio esprimeva l'infinita curiosità di sapere, chi mai avesse potuto fare
una scoperta ancor più grande. Perforare la terra da parte a parte e comunicare
direttamente cogli antipodi!
E spiare la vita
degli abitanti di Venere, di Mercurio, di Marte! Che cosa vi può essere mai di
più grande?
***
E il segretario
riprese la parola.
La terza scoperta,
signori e signore, e di certo la più grande, è quella dello psicoscopio,
strumento che ci fa leggere facilmente i pensieri dell'uomo, verso cui si
dirige.
Prego il signor
Paolo Fortunati, di Roma, a voler venire al banco della presidenza per
dimostrare praticamente come agisce il psicoscopio.
Maria a queste
parole si sentì battere il cuore forte forte, guardò Paolo, che dopo averle
stretta una mano convulsivamente, le disse all'orecchio:
- Ecco il mio
segreto!
Si alzò, e salito a
fianco del presidente dell'Accademia, si levò di tasca un piccolo strumento, a
guisa di un doppio cannocchiale di tasca e lo rivolse verso il pubblico.
Il silenzio era
stato grandissimo, appena il segretario aveva parlato, ma ora un grande rumore
di seggiole smosse e di gente che si alzava, turbò la serena pace di quel luogo
sacro alla scienza.
Era il rumore di
molti, che improvvisamente lasciavano la sala, perchè avevano paura che si
leggessero i pensieri, che in quel momento, passavano per il loro cervello.
Paolo, benchè in
quel momento fosse estremamente commosso, non potè a meno di ridere a quella
fuga tumultuosa.
Appena si ritornò al
silenzio dell'aspettativa e più nessuno si mosse, Paolo rivolse il psicoscopio
verso un fanciullo sui dieci anni, che stava seduto accanto alla sua mamma, e
poi:
- Ecco là quel
fanciullo, che pensa con grande dolore, che egli si sta annoiando in questa
sala, ascoltando discorsi che non intende; mentre a casa sua i suoi fratelli
giuocano a palla nel giardino. Egli dirige mentalmente a tutti noi delle
maledizioni....
Tutta l'assemblea scoppiò in una risata omerica.
Paolo diresse allora
il suo strumento qua e là, come se cercasse qualcuno o qualche cosa, e in modo
da non far capire dove si fermasse più a lungo.
- Non accennerò ad
alcuno in particolare, ma io leggo in più di dieci fra le persone qui convenute
un grandissimo sdegno per la solenne ingiustizia commessa a loro riguardo dai
nostri accademici. Essi avevano concorso al premio cosmico e non l'hanno
conseguito.... In uno di essi poi leggo anche pensieri orrendi di odio e di
vendetta....
A queste parole il
tumulto di prima sorse di nuovo e più violento. Alle sedie smosse e cadute di
chi abbandonava la sala, si unirono grida irose:
Profanazione!
Profanazione! Abbasso il psicoscopio....
Paolo rimase
imperterrito, e il Presidente suonò più volte il campanello, invocando silenzio
e pace.
Intanto la sala si
era vuotata più che mezza, e il segretario potè ripigliare la sua relazione:
L'Accademia ha
creduto a voti unanimi di conferire il primo premio al signor Fortunati, perchè
se le due altre scoperte ci allargano le frontiere del conoscibile, il
psicoscopio ci promette un'era nuova di moralità e di sincerità fra gli uomini.
Quando noi tutti
sapremo, che chiunque può leggere nel nostro cervello, faremo sì che pensieri e
opere non si contraddicano, e noi saremo buoni nel pensiero, come cerchiamo di
esserlo nelle opere. È a sperare che col psicoscopio la menzogna sarà bandita
dal mondo o almeno sarà un fenomeno rarissimo, che si andrà perdendo del tutto;
come tutte le funzioni e gli organi, che non hanno più uno scopo necessario o utile.
E lasciamo da parte
tutti i vantaggi, che potrà arrecarci il nuovo strumento nella diagnosi delle
malattie mentali, nell'educazione, nella psicologia. La scienza del pensiero
entrerà ben presto in un nuovo mondo, e di certo è assai più utile all'uomo il
conoscere se stesso, che il centro della terra o gli abitanti degli altri
pianeti.
Dacchè l'uomo è
comparso sulla terra, egli ha fatto immensi progressi nelle scienze, nelle
arti, nelle lettere; in tutto ciò che riguarda la vita del pensiero; ma nella moralità
il progresso e ancora molto addietro, e non è punto in armonia con quello della
mente. Il psicoscopio ci promette di realizzare questo sogno di tutti i secoli,
quello cioè che il progresso morale sia parallelo a quello intellettuale, e
siccome tutti crediamo, che il primo per la felicità degli uomini sia molto più
importante dell'altro, ecco perchè l'Accademia ha creduto di dover assegnare il
primo premio al signor Paolo Fortunati, che ha inventato il psicoscopio. -
Tutti quelli che
erano rimasti nella sala, perchè non avevano paura che il terribile strumento
ottico leggesse attraverso il loro cranio alcuni pensieri malvagi, si alzarono
in piedi, applaudendo fragorosamente il fortunato vincitore del premio cosmico,
e che anche nel suo nome portava quasi il vaticinio della sua gloria....
L'unica persona che
non si alzò, era la più felice e la più commossa.
Era Maria, che si
nascondeva il volto nel fazzoletto per celare le lagrime di una gioia infinita,
che la innondava tutta quanta dal capo ai piedi
Paolo intanto era
sceso dal banco della presidenza, era ritornato al suo posto, e là le lagrime
di due felici si univano insieme, confondendosi nell'estasi di un'ebbrezza
sola.
Tutti i presenti
guardavano commossi quel gruppo dei due felici, persuasi che l'abbraccio di
quella donna in quel momento, in quel luogo, era il premio più alto e primo
della scoperta immortale di Paolo
***
Pochi giorni dopo
Paolo e Maria, dopo aver avuto l'alto consenso del Tribunale sanitario di
Andropoli, per unirsi nel matrimonio fecondo; ne ricevevano nel Tempio della
Speranza il sacramento solenne, e da amanti, che lo erano già da varii anni,
diventavano marito e moglie; avendo acquistato per consenso della scienza il
più alto dei diritti, una volta concesso a tutti nei tempi barbari; quello cioè
di trasmettere la vita alle generazioni future.
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