Scena
settima
Marzio,
Sigismondo e detti.
SIGISMONDO (entrando con enfasi) Alle
stelle, alle stelle, alle stelle!
MARZIO (entrando con sorriso) O poco piú
giú.
SIGISMONDO Un vero trionfo, un vero fanatismo; battimani,
fazzoletti dai palchi, grida, urli...
MARZIO Fischi.
SIGISMONDO Uno o due... gente pagata, figuratevi,
gente pagata... Insomma un trionfo, vi dico, un fanatismo, badate a me.
MARZIO Non c'è pericolo che vi aduli.
NICOLETTA (un po' vivacemente) Ma insomma,
signori, con questo vostro fare non so che cosa credere, non so che pensare...
DON PEDRO (sorridendo) Aggiungete
all'uno...
DON FULGENZIO (sorridendo) Togliete
all'altro...
NICOLETTA (a Sigismondo) Orsú, ditemi voi,
schiettamente... ma no. (A Marzio) Voi, voi che siete il piú...
MARZIO Maldicente?...
NICOLETTA Ditemi voi com'è andata.
MARZIO (seriamente) Sinceramente, signora
Nicoletta, in questa circostanza non saprei né di che, né di chi potessi dir
male: sono condannato a dir bene per forza. La Vedova scaltra del
signor Goldoni è una produzione di tal bellezza che si sospetterebbe rubata a
Molière. Il fanatismo che ha prodotto è stato immenso, e sarebbe stato maggiore
se il pubblico veneziano fosse meno imbecille di quello che è; se la compagnia
Medebac impiegasse a studiare tutto il tempo che perde in gelosie di donne, in
pettegolezzi di convenienze, in ragazzate d'ogni genere; e se infine il signor
Goldoni consacrasse alle boriose signore veneziane, e ai nostri patrizi...
influenti, la corte e le premure che prodiga alla prima donna, alla prima
servetta, alla amorosa e che so io, con molto poco suo decoro, la qual cosa,
sia detto per incidenza, ci vuole proprio una moglie al di là di buona come
siete voi, per sopportarla.
NICOLETTA (agli altri) Del resto poi il
signor Marzio non saprebbe né di che né di chi potesse dir male.
MARZIO Non ho detto questo per dir male...
SIGISMONDO L'amico Marzio ama vestire le sue
parole di qualche frizzo brillante e innocente: ma la conclusione si è, come
avevo l'onore di dirvi, che è stato un vero trionfo... Figuratevi: Scipione
reduce dall'Africa... Cesare di ritorno dalle Gallie... Non lo dico per
adularvi.
MARZIO C'è poi il carattere di uno spagnuolo che è
una maraviglia: alcuno anzi ha preteso trovare una somiglianza... (guarda
don Pedro).
SIGISMONDO (piano a Nicoletta) Con don
Pedro!
Nicoletta sorride.
DON PEDRO (fra sé) Non crederei mai d'esser
io!
DON FULGENZIO (fra sé) Avrebbe a essere il
signor padre!
MARZIO (a Nicoletta) Siete contenta? Il risolino
della compiacenza vi spunta sulle labbra.
SIGISMONDO E vi fa ancora piú bella se è
possibile.
NICOLETTA Confesso che attacco un po' d'importanza
e di vanaglorietta ad essere moglie...
MARZIO Di Scipione e di Cesare eh?
DON PEDRO (piano a Nicoletta) Oh! foss'io
quel Scipione!
DON FULGENZIO (piano) Vorrei essere quel
Cesare!
Nicoletta sorride.
MARZIO (a Sigismondo) Il signor don Pedro,
secondo me, fa la corte a madama Goldoni.
SIGISMONDO (a Marzio) Vorrebbe dire il
signor don Fulgenzio.
MARZIO (piano come sopra) Benissimo! Padre
e figlio: tutti due!
NICOLETTA Oh! sento la voce di mio marito!...
Eccolo, eccolo! (Gli va incontro).
MARZIO (agli altri) Adesso, scena patetica.
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