Scena
decimaquarta
Goldoni,
Placida e Medebac.
PLACIDA Bravo Goldoni: mi avete fatto un vero
servigio.
GOLDONI Scusate se vi parlo con la mia solita
schiettezza: non l'ho fatto per farvi servigio, ma perché essi non avevano piú
niente da dirmi. Del resto, scusatemi se vi faccio il pedante, ma il vostro
contegno con loro è veramente cattivo.
PLACIDA Oh! infine non sono che seconde parti.
GOLDONI Previe sempre le mie scuse se vi faccio il
pedante, l'essere seconde parti vuol dire che guadagnano meno di una prima
donna; senza neanche avere il meschino compenso della breve fama di una prima
parte. Ecco le circostanze che, secondo voi, vi danno il diritto di
tiranneggiarle. Scusate se vi faccio il pedante.
PLACIDA (piccata) Benissimo, benissimo! vi
ringrazio del sermone: ma statemi bene a sentire...
GOLDONI (a Medebac) Che cosa abbiamo dunque
di nuovo?
PLACIDA (fra sé) Non mi bada neppure... Non
son chi sono se non mi vendico (siede al fuoco con ira).
MEDEBAC Punto primo: perché avete mandato a
prendere il manoscritto della Vedova scaltra?
GOLDONI Io? quando?
MEDEBAC Or ora.
GOLDONI Io?
MEDEBAC Voi: è venuto il vostro nuovo servitore...
GOLDONI Ma io non ho nessun nuovo servitore... Oh!
dio! e tu hai dato il manoscritto?...
MEDEBAC A un uomo che si è annunziato per vostro
nuovo servitore.
GOLDONI Va benissimo! Capirai bene dov'è andato?
MEDEBAC Non saprei.
GOLDONI In mano a Zigo per metterlo in satira!
PLACIDA (dal suo posto) Ci ho gusto.
MEDEBAC (dandosi nella fronte) Ah! bestia!
ora che ci ripenso! Era Zigo in persona, travestito! Ed io non riconoscerlo!
GOLDONI Che fosse lui?
MEDEBAC Sí certo: sapete che Zigo ha l'abitudine di
dire - Eh! eh! già, sicuramente - e di accomodarsi la parrucca...
Ebbene: due volte l'ha fatto... ed io bestia!...
GOLDONI Ormai bisogna rassegnarsi, e andare in
satira: ti darò l'altro manoscritto. Ma è un'azione assai poco onesta... è un
furto bello e buono!... Ah! signor Zigo io non combatto con queste armi. -
Andiamo avanti. Secondo punto?
MEDEBAC Domani sera al teatro San Samuele ci sarà
qualche cosa contro di voi... credo roba di Zigo... Ho dato una volta in piazza
San Marco dopo la commedia, e non si parlava d'altro; e benché sapessi che non
abbiamo molti amici nell'alta classe, pure ho dovuto essere spaventato dai
discorsi che si facevano contro di noi e in favore di Zigo. Ho sentito accordi
e appuntamenti per trovarsi domani sera al San Samuele ad applaudire Zigo, e...
(pensa).
GOLDONI E a fischiare Goldoni!
PLACIDA (dal suo posto) Ci ho gusto.
MEDEBAC Perciò pensate ai casi vostri.
GOLDONI Mi pare che abbiate da pensarci anche voi.
MEDEBAC Io? mio caro, per me quando il teatro è pieno,
sia poi pieno di gente che applaude o di gente che fischia che mi fa? I
biglietti sono sempre biglietti... Del resto non fischiano la Compagnia...
GOLDONI (amaramente) Ma il poeta; e del
poeta che importa a voi?
MEDEBAC M'importa anche del poeta; e spero che non
negherete ch'io abbia cercato di farvi del bene?
GOLDONI Ah! tu a me? Medebac a Goldoni? Ma,
venalissima creatura, se Goldoni non ti desse piú commedie?
MEDEBAC Cioè: Goldoni finché dura la nostra
scritta me ne darà sempre; ci potrebbe bensí essere il caso che io non sapessi
piú che farmene; e allora mando a quel paese le vostre riforme teatrali, e
torno alle commedie dell'arte: faremo meno fatica e forse incasseremo piú
quattrini... perché infine la gloria è una bellissima moneta, ma quando voglio
ridurla in spiccioli, il cambiavalute mi dice che è una moneta da museo, e non
me la scambia.
GOLDONI (a tutto questo discorso ha mostrato
un'ira crescente, e in ultimo quando sarebbe per scoppiare, dà una giravolta e
si avvicina dissimulando a Placida dicendole) Avete freddo eh?
PLACIDA (con sprezzo) Ho quel che mi pare!
GOLDONI (torna a Medebac e gli offre tabacco)
Una presa di gingè del serraglio?
MEDEBAC (prende) Grazie.
GOLDONI Veniamo al terzo punto.
MEDEBAC Ecco il terzo punto. Voi capite che se
domani sera la satira al San Samuele contro di voi incontra, non sono cosí
bestia a tirar avanti con La Vedova scaltra, che già sarà il
soggetto della satira. Dunque per martedí grasso, dopo domani, ultimo
del carnevale, voglio commedia nuova.
GOLDONI (secco) Non ne ho.
MEDEBAC Avete L'Erede fortunata che abbiamo
già studiata e che non si diede perché v'ostinaste a crederla cattiva; bisogna
lasciare da banda le paure e darmela: con un paio di prove siamo all'ordine, e martedí
grasso si mette in scena.
GOLDONI (come sopra) Non ve la do.
MEDEBAC Riflettete che voi...
GOLDONI (come sopra) Non ve la do.
MEDEBAC Scrivetene un'altra.
GOLDONI In due giorni! scrivete una commedia in
due giorni: su, calzolaio, martedí grasso voglio le scarpe accomodate;
mettici le mezze suole: in due giorni c'è tempo!
MEDEBAC Non ci riflettevo. - Dunque L'Erede
fortunata.
GOLDONI Non ve la do.
MEDEBAC Siate compiacente: sarete contento di me;
vedo il rischio a cui vi esponete e saprò il mio dovere...
GOLDONI Ma se il mio dio fosse l'oro, credi tu che
immolerei all'amore dell'arte... Eh! ma che giova sprecar teco queste eroiche
parole: per te è greco, ti parlerò italiano. Se me la copri con tutti i tuoi
adorati zecchini, veri, caro Medebac, L'Erede fortunata non te la do.
MEDEBAC Allora non vi rincrescerà ch'io metta in
scena Le putte da castello.
GOLDONI (con la massima sorpresa) Le
putte da castello?
MEDEBAC So quello che volete dire: che è una
commediaccia dell'arte, senza gusto, piena d'immoralità e di laidezze, ma
questa commediaccia è buona di tirar tutta Venezia al Sant'Angelo, e di empirmi
la platea di biglietti.
PLACIDA (dal suo posto) Ci ho gusto.
GOLDONI Oh! dio! Medebac, non dirlo neppur per
ischerzo...
MEDEBAC Lo dico sul serio, e vi assicuro in
onore...
GOLDONI Dopo tante fatiche, tanti sacrifizi per
svezzare il pubblico da quello schifoso genere di commedie, per rimettere in
onore la buona, la vera scuola di Plauto e di Terenzio!...
PLACIDA (alzandosi e con sprezzo) Oh!
infine la colpa è vostra. Dategli L'Erede fortunata.
GOLDONI (sempre frenandosi a stento) Bravo
Goldoni! Viva Goldoni! e tu presumi, sciocco, di essere l'uomo di genio, il
riformatore del teatro... e intanto, scimunito, hai sí poco buon senso da
adattarti a vivere con una compagnia di venali saltimbanchi, senza cuore né
dignità, che esercita un'arte nobile come il piú vile dei mestieri, che
minaccia continuamente di trascinarti, o imbecille, nel ridicolo della sua
rovina!... Ah!... (prende una seggiola e fa per percuoterla con violenza in
terra, poi la trattiene, e la posa adagio volgendosi ai due che sono un po'
sbigottiti). Ah! ah! siete ammutoliti? Infatti debbo far paura in questo
momento, perché ho il diavolo in corpo!... Ma non temete... sono in casa mia...
(Suona il campanello) Non temete! (Corallina si presenta con lume).
Fate luce a questi signori che se ne vogliono andare. (Medebac e Placida
partono senza parlare).
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