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Paolo Ferrari
Goldoni e le sue sedici commedie nuove

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  • ATTO SECONDO
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Scena quinta

 

Goldoni, Medebac (entrambi mascherati in domino), e detti.

 

Il domino di Goldoni dev'essere perfettamente eguale a quello di Zigo.

 

GOLDONI (entra parlando piano con Medebac e vengono avanti) Caro Medebac non seccarmi di piú: già tu capisci benissimo che piuttosto che permettere Le putte da castello non solo mi farei fischiare, ma mi farei appiccare. Tu lo capisci cosí bene che non hai minacciato di dare quella commediaccia se non che per farmi paura, certo che con questo scongiuro avresti da me anche l'anima mia.

MEDEBAC Caro Goldoni, voi pensate male...

GOLDONI Eh! ci conosciamo; ed io non sono maligno, ma vedo, capisco, indovino un po' piú di te. Questo però non conta. Tu potrai annunziare a lettere di scatola, L'Erede fortunata, commedia brillantissima, interessantissima, del chiarissimo signor Carlo Goldoni, vi metterai sopra un cartellone dipinto con dei Turchi che si ammazzano e che non ci hanno niente che fare; la sera empirai la tua cara cassetta di biglietti per la gente che accorrerà a vedere i Turchi, e per la tua avarizia ce n'è anche di troppo. Dunque lasciami dire.

MEDEBAC Infine dite quel che volete: ma badate a non far altri pentimenti.

GOLDONI No, no, caro: ti darò L'Erede fortunata; stasera faremo una prova, dimattina un'altra, e domani sera anderemo in iscena; sarò fischiato in tutte le regole, ma non importa, te la darò.

MEDEBAC (piano) Avete osservato quella maschera? Che sia lui?

GOLDONI (guarda Zigo poi dice come sopra) , : è lui senz'altro; è Zigo in persona: non mi hanno ingannato. Secondami se occorre, se no sta' quieto; e bada: ci sono dei comici, non farti scorgere.

MEDEBAC (come sopra) Ho capito (Va al tavolino verso il fondo) Bottega!... Un bicchier d'acqua e la gazzetta (viene servito).

GOLDONI (viene verso Zigo) Maschera, noi ci conosciamo. (Siede allo stesso tavolo al posto di Sigismondo che glielo cede con grandi inchini; Sigismondo si pone nel terzo posto di fronte al pubblico).

ZIGO Può darsi. (Gli altri prestano attenzione).

GOLDONI Vedo che leggete il giornale; che abbiamo di nuovo?

ZIGO (fra sé) Tastiamolo. (A Goldoni forte) Nulla, tranne il gran successo della Vedova scaltra di ieri sera.

GOLDONI (con sprezzo prendendo il giornale e guardandolo qua e con trascuratezza) Se i gran successi sono fatti cosí, rinunzio ai gran successi per sempre.

ZIGO (fra sé) Oh! diavolo! (Forte) Eh! eh! già... (Sigismondo lo tira per l'abito). (Con calore come se fosse Goldoni) Non vorrete però negare che otto o novecento persone siano state soddisfatte di quella commedia. Gli applausi erano fragorosi abbastanza: e se cosí è vuol dire che la commedia ha avuto successo.

DON PEDRO (a don Fulgenzio piano indicando Zigo) Non ve l'avevo detto che è Goldoni?

MARZIO (alle donne come sopra) È Goldoni, care mie, è Goldoni.

GOLDONI (fra sé) È Zigo senza dubbio. (Forte con sprezzo) Mi accorgo, maschera, che voi dovete essere molto amico del signor Goldoni...

MARZIO (ridendo a Goldoni) Oh! amicissimo, signora maschera: gli vuol bene come a se stesso...

DON PEDRO (ridendo esso pure) Verissimo, verissimo.

GOLDONI Eppoi se non foss'altro l'essere in compagnia di un altro buon amico (marcato riferendo a Sigismondo) di casa Goldoni lo prova.

SIGISMONDO Oh! io sono amico di tutto il mondo ve'!...

 

Zigo lo tira per l'abito.

 

GOLDONI Insomma vi prego scusare se ho parlato con un poco di sprezzo del riformatore del teatro italiano (si alza e passa alla destra sua).

MARZIO (alle donne piano) E quello è Zigo, a scommettervi la testa (accenna Goldoni, e le donne approvano e mostrano curiosità).

DON PEDRO (piano a don Fulgenzio) Capite mo' chi è quest'altro? (accenna Goldoni).

DON FULGENZIO (come sopra) Io direi Zigo (don Pedro approva, e prestano attenzione).

ZIGO (alzandosi e restando a sinistra poco lontano da Goldoni) E perché volete troncare questo discorso? Io non rifiuto la discussione, e desidero che continuiamo a parlare. (Piano) Non badate a quello che ho detto: ci sono i comici del Goldoni, diciamone delle grosse.

GOLDONI (piano) Anzi, anzi. (Fra sé) Ci sei.

SIGISMONDO (fra sé) Sono nel massimo imbarazzo: non so se abbia da tenere per Zigo o per Goldoni con questo pasticcio.

GOLDONI Se dunque desiderate di continuare il discorso vi pregherò a dirmi che cosa troviate di buono nella Vedova scaltra?

ZIGO Vi è di buono ciò che il pubblico ignorante non ha capito.

GOLDONI Spiegatevi meglio.

ZIGO , il buono della Vedova scaltra è il pensiero politico che vi è nascosto dentro, senza che nessuno se ne sia avveduto. La Vedova è circondata da quattro amatori: uno inglese, uno francese, uno spagnuolo, uno italiano. La Vedova pertanto raffigura la nostra potente Repubblica Veneta sopra la quale le prime nazioni d'Europa aspirano ad acquistarsi una influenza, forse una signoria (segni di ammirazione degli altri). Che? vi stupite? ma pure bene è questo un sublime scopo per una commedia: far aprir gli occhi a chi deve sui pericoli da cui è minacciata la pubblica cosa. (Passa a destra e dice a don Pedro) Che ne dite, signore?

DON PEDRO Oh! io non m'imbarazzo di politica; lo protesto bene che tutti sentano: venero e rispetto il saggio nostro governo, e non cerco altro.

ZIGO (a Marzio) E voi, che ne pensate?

MARZIO (facendo l'indiano) Io? davvero non ho badato: parlavo qui!... Uh! di politica non me ne intendo io!

ZIGO (fingendo certo slancio) Ma se ne intende Goldoni: e quando egli nella sua Vedova mostra che l'italiano è l'unico che la possa su lei, attenti , signori; egli designa alla pubblica attenzione l'influenza che un governo potente della penisola va col mezzo dei destri suoi rappresentanti acquistando nelle cose nostre; egli dice insomma: “La patria è in pericolo!” (Tutti s'alzano).

GOLDONI (che è passato a sinistra fra sé) Costui mi vuol far andare ai piombi!

MARZIO (mostrando di non volersi imbarazzare piú oltre) Bottega, il conto, che ho da andar via.

DON PEDRO (con l'istesso tono) Garzone, il conto, ché sono aspettato.

ZIGO Non v'incomodate, signori; ché se avete paura dei miei discorsi, io ho finito. (Tutti si rimettono a sedere) Non vi farò piú osservare che una cosa sola. La donna allegorica del Goldoni è vedova: che significa pertanto, si chiederà, la vedovanza di questa donna? - Ahimè! non mi forzate a spiegare questa parte dell'allegoria che è la piú vera purtroppo, ma in pari tempo la piú gelosa!... Non dico altro.

GOLDONI (fra sé con certa ammirazione) Oh! briccone, briccone!

ZIGO (con brio e rapidità crescente) E si domanda che cosa contenga di buono un simile lavoro? Un lavoro che pare un'insulsa sciocchezza, e nasconde un trattato di alta politica, e la soluzione di un segreto di stato? Son io il primo a convenire che come commedia è una bestialità, che tranne forse il carattere dello spagnuolo, figura assai ridicola perché in quella ho preso... cioè... (azione degli altri, come dire ch'egli si è tradito; senza interrompersi) cioè Goldoni ha preso per modello un certo spagnuolo che tutti conosciamo... (tutti sorridono guardando don Pedro e don Fulgenzio che fremono) tranne questo carattere adunque non ha interesse, non ha spirito, non ha colpi di scena... Ma questi sono nei, o signori, e come sapete i nei non li hanno che le belle donne.

GOLDONI (fra sé come sopra) Ah! briccone, briccone!

DON PEDRO (piano e presto) Non son don Pedro se non mi vendico... (a don Fulgenzio) e tu scuotiti, poltrone; avresti già dovuto pensare a vendicare tuo padre.

DON FULGENZIO (risoluto) Vi vendicherò, signor padre!

ZIGO (con brio come sopra) Tale, o signori, è la scuola del Goldoni, di quegli che non senza qualche diritto s'intitola il riformatore del teatro italiano. Gridino i critici, fischi il pubblico, ridano i letterati, che importa a Goldoni? egli ha il plauso proprio e di sua moglie, e gli basta. Con vostra licenza vado a rinfrescarmi un poco, e a calmare la mia ira. (Piano a Goldoni) Povero Goldoni! l'ho servito per il delle feste (entra nel caffè).

 

 

 




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