Scena
quinta
Goldoni,
Medebac (entrambi mascherati in domino), e detti.
Il domino di Goldoni dev'essere perfettamente
eguale a quello di Zigo.
GOLDONI (entra parlando piano con Medebac e
vengono avanti) Caro Medebac non seccarmi di piú: già tu capisci benissimo
che piuttosto che permettere Le putte da castello non solo mi farei
fischiare, ma mi farei appiccare. Tu lo capisci cosí bene che non hai
minacciato di dare quella commediaccia se non che per farmi paura, certo che
con questo scongiuro avresti da me anche l'anima mia.
MEDEBAC Caro Goldoni, voi pensate male...
GOLDONI Eh! ci conosciamo; ed io non sono maligno,
ma vedo, capisco, indovino un po' piú di te. Questo però non conta. Tu potrai
annunziare a lettere di scatola, L'Erede fortunata, commedia brillantissima,
interessantissima, del chiarissimo signor Carlo Goldoni, vi metterai sopra
un cartellone dipinto con dei Turchi che si ammazzano e che non ci hanno niente
che fare; la sera empirai la tua cara cassetta di biglietti per la gente che
accorrerà a vedere i Turchi, e per la tua avarizia ce n'è anche di troppo.
Dunque lasciami dire.
MEDEBAC Infine dite quel che volete: ma badate a
non far altri pentimenti.
GOLDONI No, no, caro: ti darò L'Erede fortunata;
stasera faremo una prova, dimattina un'altra, e domani sera anderemo in iscena;
sarò fischiato in tutte le regole, ma non importa, te la darò.
MEDEBAC (piano) Avete osservato quella
maschera? Che sia lui?
GOLDONI (guarda Zigo poi dice come sopra)
Sí, sí: è lui senz'altro; è Zigo in persona: non mi hanno ingannato. Secondami
se occorre, se no sta' quieto; e bada: ci sono dei comici, non farti scorgere.
MEDEBAC (come sopra) Ho capito (Va al
tavolino verso il fondo) Bottega!... Un bicchier d'acqua e la gazzetta (viene
servito).
GOLDONI (viene verso Zigo) Maschera, noi ci
conosciamo. (Siede allo stesso tavolo al posto di Sigismondo che glielo cede
con grandi inchini; Sigismondo si pone nel terzo posto di fronte al pubblico).
ZIGO Può darsi. (Gli altri prestano attenzione).
GOLDONI Vedo che leggete il giornale; che abbiamo
di nuovo?
ZIGO (fra sé) Tastiamolo. (A Goldoni
forte) Nulla, tranne il gran successo della Vedova scaltra di ieri
sera.
GOLDONI (con sprezzo prendendo il giornale e
guardandolo qua e là con trascuratezza) Se i gran successi sono fatti cosí,
rinunzio ai gran successi per sempre.
ZIGO (fra sé) Oh! diavolo! (Forte)
Eh! eh! già... (Sigismondo lo tira per l'abito). (Con calore come se
fosse Goldoni) Non vorrete però negare che otto o novecento persone siano
state soddisfatte di quella commedia. Gli applausi erano fragorosi abbastanza:
e se cosí è vuol dire che la commedia ha avuto successo.
DON PEDRO (a don Fulgenzio piano indicando Zigo)
Non ve l'avevo detto che è Goldoni?
MARZIO (alle donne come sopra) È
Goldoni, care mie, è Goldoni.
GOLDONI (fra sé) È Zigo senza dubbio. (Forte
con sprezzo) Mi accorgo, maschera, che voi dovete essere molto amico del
signor Goldoni...
MARZIO (ridendo a Goldoni) Oh! amicissimo,
signora maschera: gli vuol bene come a se stesso...
DON PEDRO (ridendo esso pure) Verissimo,
verissimo.
GOLDONI Eppoi se non foss'altro l'essere in
compagnia di un altro buon amico (marcato riferendo a Sigismondo) di
casa Goldoni lo prova.
SIGISMONDO Oh! io sono amico di tutto il mondo
ve'!...
Zigo lo tira per l'abito.
GOLDONI Insomma vi prego scusare se ho parlato con
un poco di sprezzo del riformatore del teatro italiano (si alza e passa alla
destra sua).
MARZIO (alle donne piano) E quello è
Zigo, a scommettervi la testa (accenna Goldoni, e le donne approvano e
mostrano curiosità).
DON PEDRO (piano a don Fulgenzio) Capite
mo' chi è quest'altro? (accenna Goldoni).
DON FULGENZIO (come sopra) Io direi Zigo (don
Pedro approva, e prestano attenzione).
ZIGO (alzandosi e restando a sinistra poco lontano
da Goldoni) E perché volete troncare questo discorso? Io non rifiuto la
discussione, e desidero che continuiamo a parlare. (Piano) Non badate a
quello che ho detto: ci sono i comici del Goldoni, diciamone delle grosse.
GOLDONI (piano) Anzi, anzi. (Fra sé)
Ci sei.
SIGISMONDO (fra sé) Sono nel massimo
imbarazzo: non so se abbia da tenere per Zigo o per Goldoni con questo
pasticcio.
GOLDONI Se dunque desiderate di continuare il
discorso vi pregherò a dirmi che cosa troviate di buono nella Vedova scaltra?
ZIGO Vi è di buono ciò che il pubblico ignorante
non ha capito.
GOLDONI Spiegatevi meglio.
ZIGO Sí, il buono della Vedova scaltra è il
pensiero politico che vi è nascosto dentro, senza che nessuno se ne sia
avveduto. La Vedova è circondata da quattro amatori: uno inglese, uno
francese, uno spagnuolo, uno italiano. La Vedova pertanto raffigura la
nostra potente Repubblica Veneta sopra la quale le prime nazioni d'Europa
aspirano ad acquistarsi una influenza, forse una signoria (segni di
ammirazione degli altri). Che? vi stupite? ma pure bene è questo un sublime
scopo per una commedia: far aprir gli occhi a chi deve sui pericoli da cui è
minacciata la pubblica cosa. (Passa a destra e dice a don Pedro) Che ne
dite, signore?
DON PEDRO Oh! io non m'imbarazzo di politica; lo
protesto bene che tutti sentano: venero e rispetto il saggio nostro governo, e
non cerco altro.
ZIGO (a Marzio) E voi, che ne pensate?
MARZIO (facendo l'indiano) Io? davvero non
ho badato: parlavo qui!... Uh! di politica non me ne intendo io!
ZIGO (fingendo certo slancio) Ma se ne
intende Goldoni: e quando egli nella sua Vedova mostra che l'italiano è
l'unico che la possa su lei, attenti là, signori; egli designa alla pubblica
attenzione l'influenza che un governo potente della penisola va col mezzo dei
destri suoi rappresentanti acquistando nelle cose nostre; egli dice insomma:
“La patria è in pericolo!” (Tutti s'alzano).
GOLDONI (che è passato a sinistra fra sé)
Costui mi vuol far andare ai piombi!
MARZIO (mostrando di non volersi imbarazzare piú
oltre) Bottega, il conto, che ho da andar via.
DON PEDRO (con l'istesso tono) Garzone, il
conto, ché sono aspettato.
ZIGO Non v'incomodate, signori; ché se avete paura
dei miei discorsi, io ho finito. (Tutti si rimettono a sedere) Non vi
farò piú osservare che una cosa sola. La donna allegorica del Goldoni è vedova:
che significa pertanto, si chiederà, la vedovanza di questa donna? - Ahimè! non
mi forzate a spiegare questa parte dell'allegoria che è la piú vera purtroppo,
ma in pari tempo la piú gelosa!... Non dico altro.
GOLDONI (fra sé con certa ammirazione)
Oh! briccone, briccone!
ZIGO (con brio e rapidità crescente) E si
domanda che cosa contenga di buono un simile lavoro? Un lavoro che pare
un'insulsa sciocchezza, e nasconde un trattato di alta politica, e la soluzione
di un segreto di stato? Son io il primo a convenire che come commedia è una
bestialità, che tranne forse il carattere dello spagnuolo, figura assai
ridicola perché in quella ho preso... cioè... (azione degli altri, come dire
ch'egli si è tradito; senza interrompersi) cioè Goldoni ha preso per
modello un certo spagnuolo che tutti conosciamo... (tutti sorridono
guardando don Pedro e don Fulgenzio che fremono) tranne questo carattere
adunque non ha interesse, non ha spirito, non ha colpi di scena... Ma questi
sono nei, o signori, e come sapete i nei non li hanno che le belle donne.
GOLDONI (fra sé come sopra) Ah!
briccone, briccone!
DON PEDRO (piano e presto) Non son don
Pedro se non mi vendico... (a don Fulgenzio) e tu scuotiti, poltrone; avresti
già dovuto pensare a vendicare tuo padre.
DON FULGENZIO (risoluto) Vi vendicherò,
signor padre!
ZIGO (con brio come sopra) Tale, o signori,
è la scuola del Goldoni, di quegli che non senza qualche diritto s'intitola il
riformatore del teatro italiano. Gridino i critici, fischi il pubblico, ridano
i letterati, che importa a Goldoni? egli ha il plauso proprio e di sua moglie,
e gli basta. Con vostra licenza vado a rinfrescarmi un poco, e a calmare la mia
ira. (Piano a Goldoni) Povero Goldoni! l'ho servito per il dí delle feste (entra
nel caffè).
|