Scena
nona
Goldoni,
poi Medebac, e detti.
Goldoni si presenta smascherato dall'uscio del
caffè. Gli altri si alzano e sfilano fuori dalla comune senza parlare e
dissimulando. Prima che sortano viene il garzone e dice:
GARZONE Signori, signori, questi conti?...
MARZIO Pagherò (parte con le donne e Paoletto).
DON PEDRO Pagheremo (parte con don Fulgenzio).
SIGISMONDO Pagherà il signor Zig... cioè... voglio
dire... insomma io non pagherò (parte con Zigo).
GARZONE Eccomi pagato (raccoglie i vassoi e
porta via).
GOLDONI (venuto avanti, pensieroso e tristo)
Li ho umiliati, schiacciati tutti... eppoi? Nuove ire dei comici contra di me:
nuovi pettegolezzi di quelle femmine, ed ora anche contra la mia povera moglie;
nuove brighe e nuove satire di quel caro Zigo... E quei due nobiluzzi
rinunzieranno ora all'idea di vendicarsi?... Ed hanno potenti aderenze!... E
queste due lettere?... (le cava). Se ella fosse stata disposta veramente
ad accettarle?... Oh! dio! che dico io mai! io perdo la testa! (mette le
lettere in tasca). - E stasera la satira al San Samuele, e fischi a
Goldoni; e domani sera L'Erede fortunata al Sant'Angelo, e fischi a
Goldoni!... L'ultima sera del carnevale essere fischiato!... E con questo avvenire
ridente dinanzi, va' là, poeta, su, riformatore, scrivi commedie!... Voglio
essere arrotato se sarò piú capace di scrivere una scena sola!
MEDEBAC (entra smascherato, e con ira va a
Goldoni) Ora, signor Goldoni, faremo i conti.
GOLDONI Va' al diavolo tu, i tuoi conti, le tue
gelosie, tua moglie, i tuoi comici e il tuo teatro, che non ne posso piú! (Parte
dalla comune).
Medebac resta guardandogli dietro.
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