Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

4. Le idee ed i fatti

1. LA CRISI ATTUALE DELL’ANARCHISMO NEL MOVIMENTO SOCIALE

a.Via e mezzi

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4. Le idee ed i fatti

 

1. LA CRISI ATTUALE DELL’ANARCHISMO NEL MOVIMENTO SOCIALE

 

a.Via e mezzi39

 

Sono ormai quarant’anni che le idee anarchiche han preso consistenza di ideale completo di demolizione e ricostruzione sociale; quarant’anni che gli anarchici predicano e lottano e soffrono; quarant’anni che i più devoti tra loro languono per le prigioni o lasciano la vita sui patiboli.

Sono i risultati in proporzione del tempo decorso, degli sforzi e dei sacrifici fatti?

La nostra critica ha trionfato di tutti i sofismi con cui si pretende giustificare il sistema sociale attuale: il nostro pensiero ha agito sulla letteratura e sulla scienza; le nostre previsioni sull’evoluzione delle istituzioni e dei partiti si vanno verificando, a riprova della giustezza delle nostre idee: l’opera nostra, o il bisogno di opporsi all’opera nostra, ha spinto in avanti gli altri partiti, o ne ha limitato la regressione; il nostro numero è cresciuto. Ma è la nostra influenza sul movimento sociale proporzionata al valore delle nostre idee, alla somma di energie spese e di sacrifici fatti, o anche semplicemente alla nostra, per quanto scarsa forza numerica?

Certamente no!

Nel corso degli anni molte occasioni si sono presentate in cui avremmo potuto affermarci efficacemente, ed esse ci han sempre trovati impreparati, disorganizzati, incerti, capaci solo di proteste senza portata o di sacrifici quasi inutili.

Recentemente il governo d’Italia impegnò il paese in una guerra infame, e non potemmo opporre nessuna valida resistenza e dovemmo assistere impotenti allo spettacolo doloroso di un popolo che dimentica i suoi più vitali interessi e le sue più nobili tradizioni, che rinnega ogni sentimento di giustizia e di libertà e si fa strumento volenteroso in mano ai suoi oppressori per conquistar loro, fra la strage e le devastazioni, nuovi sudditi da sfruttare ed opprimere.

Ed oggi che la massa incomincia a rinsavire ed il momento sarebbe propizio per raccogliere le nostre forze, iniziare una larga e sistematica propaganda e prepararci per poter mettere a profitto gli eventi che maturano, oggi ancora noi restiamo impotenti ed inerti, perchè divisi ed indecisi sul da farsi; o, almeno, gli sforzi che già fanno tanti compagni devoti sono ancora impari al bisogno ed alle possibilità, e perciò noi, con questo giornale, veniamo ad aggiungervi i nostri.

Occorre indagare le ragioni del nostro insuccesso, e portarvi rimedio.

Certamente, grandi sono le forze che dobbiamo combattere ed abbattere, immensi i pregiudizi che dobbiamo sradicare, le energie che dobbiamo scuotere; ed era naturale che le illusioni di rapidi, immediati successi che animavano i primi assertori dell’anarchismo si dileguassero al contatto delle dure realtà della vita.

Ma oltre i ritardi, le oscillazioni, gl’insuccessi causati dalle fatali lentezze dell’evoluzione sociale, vi sono state, secondo noi, errori e deficienze nostre, che avrebbero potuto essere evitate se avessimo avuto una più chiara concezione della via da percorrere, una più coerente attività, una maggiore resistenza contro le mille cause di deviazione...

Noi siamo nel regime attuale, la minoranza ribelle: una minoranza che è convinta che il male dipenda dalle basi stesse della costituzione sociale e che vuole perciò la distruzione radicale di tutto il sistema.

Noi dobbiamo dunque suscitare nel popolo la coscienza dei suoi diritti e della sua forza, dobbiamo svelare tutti gli errori, le menzogne, le ingiustizie che formano il fondamento della società presente, dobbiamo sforzarci di propagare, pur tra gli ostacoli e le difficoltà dell’ambiente, il nostro ideale di libertà, di giustizia, di solidarietà umana; dobbiamo favorire tutto ciò che può servire ed educare e migliorare gl’individui; ma non dobbiamo mai dimenticare che, in ultima analisi, la società presente si regge sulla forza brutale, sulla forza delle baionette e dei cannoni, e che è solo con la forza che si potrà risolvere la grande vertenza.

È vero che la società attuale sarebbe, se la borghesia fosse più intelligente e meno gretta, suscettibile di miglioramento. Molte sofferenze sono inutili e dannose agl’interessi dei dominatori, e quindi possono essere alleviate anche in regime autoritario e capitalistico. E noi siamo lieti di ogni cambiamento che venga a lenire i dolori dei lavoratori, aumentando nello stesso tempo la forza di resistenza e di attacco. Ma, preoccupati sopratutto dell’avvenire, volendo fare la rivoluzione e non farci distributori di palliativi, noi non sapremmo lottare per i piccoli miglioramenti se non in modo ed in limiti tali che essi non servano ad addormentare il popolo e a menomare la capacità rivoluzionaria nostra.

Questa necessità dell’insurrezione che deriva logicamente dal genere di rivoluzione che vogliamo fare e dalla natura dell’ideale cui aspiriamo, fu chiaramente intuita ed affermata nei primi tempi della propaganda e dell’azione anarchica. E conformemente ad essa agirono i primi anarchici, quando l’idea nostra, pur nuova e povera di seguaci, riuscì ad imporsi all’attenzione del pubblico e fu la speranza degli oppressi, il terrore degli oppressori.

I successi naturalmente non sempre rispondevano alle speranze che l’entusiasmo giovanile aveva fatto nascere nell’animo degli audaci, che, in pochi e senza mezzi, osavano continuamente sfidare in tutti i modi i governi ed i padroni. Ma intanto l’idea si propagava, la tattica si perfezionava, e tra l’alternarsi di subiti entusiasmi e transitori scoraggiamenti, si andava verso il giorno in cui il partito anarchico, conquistata a la parte più cosciente dei lavoratori, e profittando di una crisi politica ed economica come quelle che fatalmente si producono in una società in cui tutti gli interessi sono antagonistici, avrebbero potuto, anche col concorso occasionale di altri partiti propensi ad insorgere per i loro fini particolari, spingere le masse alla lotta, disfare le forze opprimenti dello Stato, metter mano sull’arca santa della proprietà individuale, e cominciare così la rivoluzione sociale.

Ma a questo punto, sopravvenne una deviazione che fu fatale a tutto il movimento. Una parte importante di rivoluzionari, quelli che volevano come gli anarchici la socializzazione della ricchezza, ma non accettavano il loro programma antistatale ed aspiravano alla conquista dei poteri governativi, comprendendo forse che una lotta condotta con metodi illegali sarebbe probabilmente riuscita contraria alla costituzione di un nuovo regime autoritario, si avvisarono di entrare nelle vie della legalità ed adottare la lotta elettorale come mezzo precipuo di azione. E con essi si unirono molti, anche venuti dagli anarchici, che erano stanchi di una lotta che presentava molti pericoli e poche speranze di immediate soddisfazioni personali, e furono felici di mascherare con pretesti speciali la loro stanchezza od il loro tradimento.

E tutti costoro, che costituirono il partito socialista democratico, una volta entrati nella via elettorale e parlamentare, scesero rapidamente di transazione in transazione, e divennero ben tosto un elemento di conservazione, e furono e sono spesso la migliore difesa dell’ordine borghese contro gli scoppi sempre possibili della collera popolare.

D’altra parte molti anarchici, vedendo che le masse seguivano più volentieri quella che sembrava la via più facile e che meglio rispettava la loro energia, perdettero fede nella possibilità dell’insurrezione e, o restarono sfiduciati ed inerti, o cercarono per altre vie la realizzazione dei loro ideali, che pur non possono realizzarsi, in tutto in parte, se prima non si è abbattuto il regime vigente. Mentre coloro che conservavano chiaro il concetto del fine da raggiungere, e dei metodi che esso fine domanda ed impone, furono impotenti ad arrestare lo sfacelo.

E così non solo non potemmo più determinare delle correnti d’opinione a noi favorevoli, ma quando si sono presentati dei fatti, di fronte ai quali ci conveniva prender partito, siamo restati disorientati, incerti, divisi.

Ma tutto questo è il passato, ed a noi ciò che importa è l’avvenire.

Bisogna rimettersi all’opera con l’energia, l’entusiasmo, lo spirito di sacrificio che già furono doti caratteristiche degli anarchici. Bisogna riaffermare i nostri ideali e la nostra tattica, e spargerne largamente la conoscenza fra le masse. Bisogna far sentire la nostra azione in tutte le manifestazioni della vita sociale. Bisogna coordinare tutte le nostre attività allo scopo che ci prefiggiamo: la rivoluzione per l’anarchia e pel comunismo.

 





39 Titolo originale Quel che vogliamo In "Volontà", 8 giugno 1913.



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