Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

4. Le idee ed i fatti

2. LA SETTIMANA ROSSA

b. E ora?

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b. E ora?42

 

Oracontinueremo. Continueremo più che mai pieni d’entusiasmo fatto di volontà, di speranza, di fede. Continueremo a preparare la rivoluzione liberatrice, che dovrà assicurare a tutti la giustizia, la libertà, il benessere. Se il governo e la borghesia s’immaginano di aver vinto la rivoluzione e d’averla domata, s’accorgeranno un giorno quanto mai è grande il loro errore. Questa volta non han vinto che uno scoppio spontaneo d’indignazione popolare: non hanno avuto che un piccolo saggio della collera che van seminando nell’animo dei lavoratori. Sentiranno un’altra volta il basta formidabile del proletariato, che porterà fine al regime.

Le nostre intenzioni erano modeste. Appena all’inizio della nostra preparazione, quando non ancora erano sparite le ultime tracce dell’ubriacatura libica e il risveglio del popolo italiano era, nella più gran parte del paese, solo da poco incominciato, noi non pensavamo certamente di poter fare la rivoluzione con i comizi ed i cortei del giorno dello Statuto. Noi intentavamo soltanto di far sentire al governo la necessità di far liberare le vittime militari (Masetti, Moroni, Fioravanti e gli altri) e di abolire le compagnie di disciplina. La stupida proibizione dei comizi ed il feroce eccidio di Villa Rossa spinsero le cose ben oltre le nostre intenzioni e le nostre speranze. Senza intesa, senza preparazione, tutta Italia insorse indignata, ed in molte parti lo sciopero generale di protesta assunse subito aspetto di rivolta aperta contro le istituzioni dello Stato. Ed il movimento si andava allargando ed intensificando e nessuno può dire dove sarebbe finito, se in sul bel principio non fosse venuto a fermarlo quell’ordine della Confederazione Generale del Lavoro, che se fu un segnalato servizio reso al governo, fu perciò stesso il più nero tradimento perpetrato contro il proletariato italiano. Chi vorrà potrà dire ormai che la rivoluzione è impossibile e che l’insurrezione popolare è roba da quarantotto? Estendete ad una gran parte d’Italia – e la cosa si va facendo quasi diremo da – lo stato d’animo dei lavoratori di Romagna e delle Marche, e l’insurrezione scoppia e trionfa spontaneamente per un’occasione qualsiasi.

La lezione di questi giorni agitati non deve andar perduta. Noi abbiamo visto che le masse sono sensibili e disposte alla lotta. Abbiamo visto che le differenze di scuole, di tendenze, di partito non impediscono un’azione comune per uno scopo comune, e che lo sciopero generale è ottimo mezzo per incominciare un movimento rivoluzionario, ma che non può continuare come sciopero senza stancare la popolazione e ridurla alla fame; e che perciò l’astensione dal lavoro deve ben presto cambiarsi in lavoro fatto a favore della collettività, ed in organizzazione della raccolta e distribuzione dei generi di consumo a beneficio di tutti. Abbiamo visto che gli avvenimenti impreveduti danno quel che possono dare, ma che per riuscire bisogna prepararsi metodicamente secondo piani preordinati. Ed abbiamo visto ancora che le occasioni possono capitare quando uno meno se lo aspetta, e che perciò bisogna star pronti sempre. Tutto quanto non sarà stato visto inutilmente.

E che cosa farà il governo? V’è che parla di biechi propositi di repressione, e non mancano giornali che spingono il governo su quella via, e designano specialmente noi ai suoi colpi. Non crediamo che il governo vorrà aumentare il discredito delle istituzioni violando le leggi fatte per sorreggerle. Poichè è bene si sappia, noi, pur essendo nemici delle leggi, per misura di prudenza e finchè siamo i più deboli cerchiamo di non esporci alle loro sanzioni. Noi vogliamo fare la rivoluzione e la prepariamo; ma la prepariamo alla luce del sole, colla propaganda scritta e orale, suscitando nelle masse la coscienza dei loro diritti e delle loro forze ed ispirando loro l’ideale di una civiltà superiore, e cercando di mettere pace e concordia fra i proletari ed affratellarli nella lotta contro il nemico comune, E tutto questo, per quanto profondamente sovversivo nel fine, è anche perfettamente legale. In ogni modo noi stiamo a vedere quel che faranno e ci regoleremo in conseguenza. Il governo si trova in una tragica posizione. O ci lascia tranquilli e noi continueremo tranquillamente l’opera nostra, o si abbandona a persecuzioni, e farà più propaganda in nostro favore di quella che potremo mai fare noi stessi. Il regime è condannato, e non si salva più, con le blandizie con i rigori. Solamente la rivoluzione sarà tanto meno violenta, il trapasso alla nuova società tanto meno doloroso, quanto meno violenta sarà la resistenza.

 





42 Articolo non firmato, ma di Malatesta, In "Volontà", 20 giugno 1914.



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