Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

4. Le idee ed i fatti

4. UN’ORGANIZZAZIONE ED UN PROGRAMMA

e. Individualismo e organizzazione

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e. Individualismo e organizzazione52

 

La risposta di Adams al mio articolo del n. 13 mi fa vedere ch’io non riuscii a bene esprimere il mio pensiero, e m’induce quindi ad aggiungere qualche schiarimento.

Io dissi che “nei loro moventi morali e nei loro fini ultimi anarchismo individualista e anarchismo comunista sono la stessa cosa o quasi”.

A questa mia affermazione si può opporre, lo so, mille testi e non pochi fatti di sedicenti anarchici individualisti i quali dimostrerebbero che tra anarchici individualisti ed anarchici comunisti vi è addirittura un abisso morale che li divide. Ma io nego che quella specie di individualisti possa includersi tra gli anarchici, malgrado ch’essi amino chiamarsi tali.

Se anarchia significa non governo, non dominio, non oppressione dell’uomo sull’uomo come mai può chiamarsi anarchico, senza mentire a se stesso ed agli altri, uno che vi dice francamente che per soddisfare il suo Io opprimerebbe gli altri senza scrupolo alcuno e senza altro limite che quello segnatogli dalla sua forza? Egli può essere un ribelle, perchè si trova in posizione d’oppresso e lotta per diventare oppressore, come altri più nobili ribelli lottano per distruggere ogni genere d’oppressione; ma anarchico non può esser di certo. Egli è un aspirante borghese, un aspirante tiranno che, impotente a realizzare da e per le vie legali i suoi sogni di dominio e di ricchezza si accosta agli anarchici per sfruttarne la solidarietà morale o materiale.

La questione, secondo me, non è dunque tra “comunisti” e “individualisti”, ma tra anarchici e non anarchici. Ed è stato grande torto il nostro, o almeno di molti di noi, quello di discutere certo pretesoindividualismo anarchico” come se fosse davvero una tra le varie tendenze dell’anarchismo, invece di combatterlo come una delle tante maschere dell’autoritarismo.

Ma, dice Adams “se si leva all’anarchismo individualista tutto ciò che non è anarchico non c’è più anarchismo individualista di sorta”. E qui non siamo d’accordo.

Moralmente l’anarchismo basta a se stesso: ma per tradursi nei fatti ha bisogno di forme concrete di vita materiale, ed è la preferenza di una forma all’altra che differenzia l’una dall’altra le vane scuole anarchiche.

Comunismo, individualismo, collettivismo, mutualismo e tutti i programmi intermedi ed eclettici non sono, nel campo anarchico, che il modo creduto migliore per realizzare nella vita economica la libertà e la solidarietà, il modo creduto più rispondente a giustizia ed a libertà di distribuire tra gli uomini i mezzi di produzione ed i prodotti del lavoro.

Bakunin era anarchico, ed era collettivista, nemico fiero del comunismo perchè in esso vedeva la negazione della libertà e quindi della dignità umana. E con Bakunin e lungo tempo dopo di lui furono collettivisti (proprietà collettiva del suolo, delle materie prime e degli strumenti di lavoro, e attribuzione del prodotto integrale del lavoro a ciascun produttore, detratta la quota parte necessaria per i carichi sociali) quasi tutti gli anarchici spagnoli, che pur erano tra gli anarchici più coscienti e più conseguenti.

Altri per la stessa ragione di difesa e garanzia della libertà si dichiararono individualisti e vogliono che ciascun abbia in proprietà individuale la parte che gli spetta dei mezzi di produzione e quindi la libera disposizione dei prodotti del suo lavoro.

Altri escogita sistemi più o meno complicati di mutualità. Ma insomma è sempre la ricerca di una più sicura garanzia della libertà che forma la caratteristica degli anarchici e li divide in scuole diverse.

Noi crediamo che la distribuzione dei mezzi di produzione naturali e la determinazione del valore di scambio delle cose necessarie in qualunque sistema fuori del comunismo, mal si potrebbero attuare senza lotte e senza ingiustizie che poi potrebbero finire colla costituzione di nuove forme d’autorità e di governi. Ma d’altra parte non ci nascondiamo il pericolo che un comunismo voluto applicare prima che ne sia ben radicato il desiderio e la coscienza e più largamente che non lo permettano le condizioni obiettive della produzione e dei rapporti sociali meni al sorgere di una burocrazia parassitaria che accetterebbe tutto nelle sue mani e diventerebbe il peggiore dei governi.

E perciò noi restiamo comunisti nel sentimento o nell’aspirazione, ma vogliam lasciare libero campo alla sperimentazione di tutti i modi di vita che si possono immaginare e desiderare.

Per noi è necessario ed è sufficiente che tutti abbiano piena libertà e che nessuno possa monopolizzare i mezzi di produzione e vivere del lavoro altrui.

Adams poi parla della necessità di “un movimento anarchico organizzato, omogeneo, continuativo e collegato per un’azione comune di lotta e di rivendicazione” e dice che la nostra propaganda a fatti deve consistere “non nell’aspettare ad agire, muoversi, organizzarsi, ecc, che tutti quelli che si dicono anarchici siano d’accordo su quello che si deve fare, ma nel fare subito, noi stessi, tutti quanti siamo d’accordo, secondo il nostro programma teorico e tattico senza astenercene per uno sciocco timore d’urtare le suscettibilità dei dissenzienti delle varie frazioni o tendenze”.

Ed io convengo perfettamente con lui; ma mi pare ch’egli si sbagli quando pensa che se quello ch’egli desidera non si è fatto finora, o si è fatto poco e male, sia la colpa degli “individualisti”.

Secondo me la colpa è di uno stato d’animo degli anarchici che li ha fatti riluttanti ad ogni piano pratico di azione e che deriva da errori teorici propagati fin dalle origini del nostro movimento. E questi errori dipendono da una specie di provvidenzialismo naturale, che ha fatto credere che le vicende umane avvengono automaticamente, naturalmente, senza preparazione, senza organizzazione, senza piani preconcetti. Come molti di noi credono che la rivoluzione verrà da , quando i tempi saranno maturi, per opera spontanea della massa, così credono pure che dopo la rivoluzione la spontaneità popolare basterà a tutto e che non v’è bisogno di prevedere e di preparare nulla. E questa è la ragione dei mali che Adams lamenta, e non già gli “individualisti” che dopo tutto sono sempre stati in mezzo a noi una scarsissima minoranza, generalmente senza credito e senza influenza.

Non sono stati gl’individualìsti che hanno inventata la massima, secondo me diametralmente opposta al vero, che “l’anarchia è l’ordine naturale”!

 





52 Titolo originale Nota all’articoloIndividualismo anarchico” di Adams, In Pensiero e Volontà, 1 agosto 1924. L'Adams aveva polemizzato con l’art. pubblicato da Malatesta nel n. del periodico del 1 luglio 1924.



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