Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

4. Le idee ed i fatti

5. IL GOVERNO RIVOLUZIONARIO E LA DITTATURA DEL PROLETARIATO

a. La dittatura del proletariato

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5. IL GOVERNO RIVOLUZIONARIO E LA DITTATURA DEL PROLETARIATO

 

a. La dittatura del proletariato53

 

Carissimo Fabbri,

...Sulla questione che tanti si preoccupa, quella della dittatura del proletariato, mi pare che siamo fondamentalmente d’accordo.

A me sembra che su questa questione l’opinione degli anarchici non potrebbe esser dubbia, ed infatti prima della rivoluzione bolscevista non era dubbia per nessuno. Anarchia significa non-governo e quindi a maggior ragione non-dittatura, che è governo assoluto senza controllo e senza limiti costituzionali.

Ma quando è scoppiata la rivoluzione bolscevista parecchi nostri amici hanno confuso ciò che era rivoluzione contro il governo preesistente, e ciò che era nuovo governo che veniva a sovrapporsi alla rivoluzione per frenarla e dirigerla ai fini particolari di un partito – e quasi quasi si sono dichiarati bolscevisti essi stessi.

Ora, i bolscevisti sono semplicemente dei marxisti, che sono onestamente e conseguentemente restati marxisti, a differenza dei loro maestri e modelli, i Guesde, i Plekanoff, gli Hyndmann, gli Scheidemann, i Noske, ecc, ecc., che han fatto la fine che tu sai. Noi rispettiamo la loro sincerità, ammiriamo la loro energia, ma come non siamo stati mai d’accordo con loro sul terreno teorico, non sapremmo solidarizzarci con loro quando dalla teoria si passa alla pratica.

Ma forse la verità è semplicemente questa: che i nostri amici bolscevizzanti coll’espressionedittatura del proletariatointendono semplicemente il fatto rivoluzionario dei lavoratori che prendono possesso della terra e degli strumenti di lavoro e cercano di costituire una società, di organizzare un modo di vita in cui non vi sia posto per una classe che sfrutti ed opprima i produttori.

Intesa così, la “dittatura del proletariato” sarebbe il potere effettivo di tutti i lavoratori intenti ad abbattere la società capitalistica, e diventerebbe l’anarchia non appena fosse cessata la resistenza reazionaria e nessuno più pretendesse di obbligare con la forza la massa ad ubbidirgli ed a lavorare per lui. Ed allora il nostro dissenso non sarebbe più che una questione di parole. Dittatura del proletariato significherebbe dittatura di tutti, vale a dire non sarebbe più dittatura, come governo di tutti non è più governo, nel senso autoritario, storico, pratico della parola.

Ma i partigiani veri della “dittatura del proletariato” non la intendono così, e ce lo fanno ben vedere in Russia. Il proletariato naturalmente c’entra come c’entra il popolo nei regimi democratici, cioè semplicemente per nascondere l’essenza reale della cosa. In realtà si tratta della dittatura di un partito, o piuttosto dei capi di un partito; ed è dittatura vera e propria, coi suoi decreti, colle sue sanzioni penali, coi suoi agenti esecutivi e soprattutto colla sua forza armata, che serve oggi anche a difendere la rivoluzione dai suoi nemici esterni, ma che servirà domani per imporre ai lavoratori la volontà dei dittatori, arrestare la rivoluzione, consolidare i nuovi interessi che si vanno costituendo e difendere contro la massa una nuova classe privilegiata.

Anche il generale Bonaparte servì a difendere la rivoluzione francese contro la reazione europea, ma nel difenderla la strozzò. Lenin, Trotski e compagni sono di sicuro dei rivoluzionari sinceri, così come essi intendono la rivoluzione, e non tradiranno; ma essi preparano i quadri governativi che serviranno a quelli che verranno dopo per profittare della rivoluzione ed ucciderla. Essi saranno le prime vittime del loro metodo, e con loro, io temo, cadrà la rivoluzione. È la storia che si ripete: mutatis mutandis, è la dittatura di Robespierre che porta Robespierre alla ghigliottina e prepara la via a Napoleone.

Queste sono le mie idee generali sulle cose di Russia. In quanto ai particolari le notizie che abbiamo sono ancora troppo varie e contraddittorie per potere arrischiare un giudizio. Può anche darsi che molte cose che ci sembrano cattive siano il frutto della situazione e che nelle circostanze speciali della Russia non fosse possibile fare diversamente di quello che hanno fatto. È meglio aspettare, tanto più che quello che noi diremmo non può avere nessuna influenza sullo svolgimento dei fatti in Russia, e potrebbe in Italia essere male interpretato e darci l’aria di far eco alle calunnie interessate della reazione.

L’importante è quello che dobbiamo fare noi – siamo sempre , io sto lontano ed impossibilitato a fare la parte mia…

 





53 Lettera a Luigi Fabbri sulla "Dittatura del proletariato" (premessa al libro "Dittatura e Rivoluzione"), datata Londra 30 luglio 1919, in "Volontà" Ancona, 16 agosto 1919 e apparsa poi come prefazione al vol. di L. Fabbri, Dittatura e Rivoluzione, Ancona, 1921.



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