Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

4. Le idee ed i fatti

6. L’ALLUVIONE FASCISTA

a. Analisi di un errore

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6. L’ALLUVIONE FASCISTA

 

a. Analisi di un errore57

 

Dico la mia opinione sui bisogni del nostro movimento nell’ora attuale. I compagni giudicheranno ed agiranno con quella disciplina anarchica che non è l’ubbidienza ai voleri di altri, ma spontanea coerenza con le proprie convinzioni.

Quando tornai in Italia, nelle circostanze che tutti conoscono, la rivoluzione era all’ordine del giorno. Proletariato, borghesia, governo, partiti, tutti vivevano nella speranza o nel timore di una prossima, imminente sollevazione popolare, dalla quale poteva risultare un radicale cambiamento negli ordini politici ed economici. Ma, come sempre, occorreva la spinta iniziale per determinare il movimento ed occorreva l’intesa di nuclei coscienti e fattivi per indirizzare detto movimento a scopi determinanti ed impedire che esso si esaurisse in disordini inutili e sanguinosi, senza risultati tangibili e duraturi.

La situazione era urgente. Lo stato di tensione spirituale in cui si trovavano le masse non poteva durare a lungo; il governo o la borghesia sarebbero usciti dallo stato di depressione morale e d’impotenza materiale in cui erano caduti, e difatti già incominciavano ad apprestare i mezzi di repressione; le condizioni economiche, colle crescenti esigenze dei lavoratori e la progressiva diminuzione della produzione, potevano ammettere il prolungarsi di una condizione di ansia e di incertezza che impediva al capitalismo di funzionare mentre non permetteva il lavoro libero, associato, senza sfruttamento padronale, che avrebbe dovuto risolvere il problema.

Il partito socialista che comprendeva allora anche coloro che poi si sono costituiti in partito comunista, e che era di gran lunga il più forte tra i partiti anticostituzionali, cercava di procrastinare nella convinzione, o col pretesto, che il tempo lavorava per noi, che ogni giorno passato aumentava la probabilità di vittoria.

A me sembrava il contrario, e perciò desideravo che quel che si poteva fare si facesse subito.

La storia passata non m’ispirava soverchia fiducia nella capacità e soprattutto nella volontà rivoluzionaria dei dirigenti socialisti, e d’altra parte come anarchico non potevo non avere le peggiori prevenzioni contro il regime burocratico e dittatoriale che, in caso vittoria, i socialisti avrebbero tentato d’imporci.

Ma come fare? Noi eravamo troppo poco numerosi per potere, con qualche probabilità di successo, prendere da soli l’iniziativa dell’azione; e pure bisognava fare il possibile perchè la situazione tanto eccezionalmente favorevole alla rivoluzione non andasse miseramente sciupata! Perciò io fui tra i più caldi fautori del “fronte unico” che fu uno sforzo per trascinare all’azione coloro che, avendo promesso la rivoluzione, gli uni per scopi sporcamente elettorali, gli altri per un transitorio entusiasmo provocato dai fatti di Russia, non potevano decentemente confessare che essi la rivoluzione non la volevano, perchè, a non parlare che delle ragioni oneste, non la credevano possibile.

I fatti mi hanno dato torto. Il “fronte unico” non era stato voluto realmente che dagli anarchici e quando venne il momento di agire si sfasciò miseramente.

Il modo come si strozzò il magnifico movimento, che poteva ben essere risolutivo dell’occupazione delle fabbriche, la fine vergognosa dell’agitazione pro vittime politiche cessata non appena furono arrestati i membri anarchici del comitato mostrarono quanto torto avevamo avuto fidando nel concorso degli “affini”.

Noi dicemmo parole dure, gridammo al tradimento; ed avevamo ragione se consideriamo le promesse che i socialisti avevano fatto alle masse, se ci ricordiamo il modo come essi soffocavano ogni agitazione promettendo la rivoluzione sicura a breve scadenza. L’Avanti!, per esempio, per indurre gli operai a lasciare tranquillamente le fabbriche assicurava che la rivoluzione si sarebbe fatta “tra poche settimane”!

Ma se trascuriamo i modi poco leali e guardiamo il fondo delle cose, se consideriamo il tipo di organizzazione adottato dai socialisti ed il personale che costituisce la loro classe dirigente, e principalmente la maniera come essi concepiscono il divenire rivoluzionario, allora dovremo convenire che non furono essi i traditori, ma noi gl’ingenui.

 





57 Titolo originale Ricominciando: il compito dell'ora presente, in "Umanità Nova" Roma, 21 agosto 1921.



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