Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

4. Le idee ed i fatti

6. L’ALLUVIONE FASCISTA

g. Repubblica "democratica"?

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g. Repubblica "democratica"?63

 

Si afferma che, mutata la situazione attuale, si farà la repubblica. E sia! Conveniamo anche noi che, non potendo noi per mancanza di consensi e di forze sufficienti, instaurare oggi la libera federazione delle comunità anarchiche, la sola soluzione pratica immediata del problema politico è la repubblica.

Ma che specie di repubblica sarà quella che dovrà governarci e, naturalmente, opprimerci e sfruttarci?

Giuseppe Mazzini diceva, ed i repubblicani ripetono approvando: “L’argomento continuamente ripetuto che per fondare la repubblica si richiedono anzi tutto repubblicani e virtù repubblicane, somma a dire che l’educazione repubblicana deve darsi dalle monarchie e, in altri termini, che la fede in un principio deve insegnarsi dal principio contrario. Le repubbliche si formano appunto per creare, con l’educazione repubblicana, i repubblicani”.

Ma allora chi farà questa repubblica che dovrà creare i repubblicani?

Il popolo per mezzo del suffragio universale?

Il popolo, nella sua stragrande maggioranza non è repubblicano, e non può esserlo perchè, secondo lo stesso Mazzini, è stato educato dalla monarchia ad un principio contrario. Perciò si potrà ben fare una repubblica come se ne son fatte tante in America ed in Europa per la mancanza di pretendenti monarchici abbastanza forti e prestigiosi e per altre circostanze politiche; ma sarà, al pari di tutte le altre esistenti, una repubblica fondata, come le monarchie, sui privilegi di pochi e sulla miseria e l’ignoranza dei molti, non già quella repubblica vagheggiata dal Mazzini, che dovrebbe creare repubblicani e virtù repubblicane.

Infatti la repubblica esiste da secoli in Svizzera, esiste da oltre un secolo nelle Americhe, da cinquantacinque anni in Francia, e in nessun luogo vediamo un popolo repubblicano nel senso elevato che Mazzini dava alla parola. Dappertutto domina il capitalismo, dappertutto durano gli stessi mali che si lamentano nelle monarchie, dappertutto urge sempre il pericolo della reazione e la minaccia di un fascismo nazionale.

L’esperienza storica degli ultimi centocinquanta anni smentisce tutte le speranze poste nel suffragio universale e nel governo popolare. La democrazia, intesa come strumento di liberazione e di giustizia, ha fatto fallimento dovunque e sempre; essa non ha fatto che illudere il popolo con la parvenza di una bugiarda sovranità, ha tradito la volontà della stessa maggioranza ed ha sostituito l’onnipotenza di una piccola oligarchia di capitalisti e di politicanti a quella dei re e degli imperatori.

Per emanciparsi bisogna essere capaci e degni di emancipazione, e per arrivare a quella capacità ed a quella dignità bisogna prima essere emancipati. Come si esce da questo circolo vizioso?

Esclusa la monarchia, più o meno costituzionale, escluso il cosiddetto governo della maggioranza (democrazia), non restano altri modi di reggimento politico che la dittatura e l’anarchia.

Forse nel pensiero intimo di Mazzini era la dittatura (“la dittatura dei migliori”), che avrebbe dovuto educare il popolo alle virtù repubblicane e fondare la vera repubblica. Ma Mazzini, quelli che egli avrebbe giudicati migliori, avevano le qualità che occorrono per conquistare ed esercitare la dittatura. Uomini di fede e d’alta moralità, sacerdoti di un’idea, inceppati dai più nobili scrupoli, essi avrebbero potuto, se i tempi fossero stati propizi, fondare forse una religione ed una chiesa, ma certamente non avrebbero potuto dominare uno Stato e resistere all’assalto degl’interessi contrari. Di ben altra stoffa e ben meno pura, sono fatti i dittatori!

Esempi contemporanei ci dispensano dal fare una critica estesa del sistema dittatoriale. Esso, senza parlare delle difficoltà pratiche che lo rendono impotente a risolvere i problemi sociali, è la negazione della libertà e dell’iniziativa, e quindi non può dare quell’educazione che si acquista solo coll’esercizio della libertà. Perciò noi siamo decisamente avversi – ed in questo crediamo avere consenzienti i repubblicani – ad ogni dittatura, sia che si presenti apertamente come dominio di uno o pochi individui, sia che si nasconda dietro la maschera di un partito o di una classe.

Resta l’anarchia.

Ma se l’anarchia non può farsi subito perchè la grande massa non la comprende e non la vuole?

Certo l’anarchia qual regime generale applicato in tutti i luoghi ed a tutte le funzioni della vita sociale non può farsi domani; ma può sempre farsi, quando vi sia libertà sufficiente, in quei luoghi ed in quelle categorie dove si trovano anarchici forti abbastanza per applicare le loro idee.

Dunque, non governo di uno, di pochi o di molti, non governo della maggioranza, ma libertà per tutti di fare quello che sono capaci di fare, senza ledere l’eguale libertà degli altri.

Ed in fondo è così, con spirito e con metodi essenzialmente, anche se incoscientemente, anarchici, per libera iniziativa di individui e di aggruppamenti volontari, che il mondo ha progredito, che la civiltà è andata faticosamente costituendosi. I governi, autocratici o democratici, monarchici o repubblicani sono stati sempre fattori di conservazione e di reazione, sempre difensori dei privilegi stabiliti, sempre ostacolo al progresso; e si è andato avanti solo quando, ed in quanto, delle forze, intellettuali e materiali, sono riuscite a sfuggire alla pressione governativa.

Il problema dunque è di conquistare almeno un minimo di libertà, indispensabile ad ogni progresso.

In Italia avremo la repubblica, e noi contribuiremo al suo trionfo concorrendo ad abbattere l’ostacolo comune che preclude il cammino a noi ed ai repubblicani; ma non diventeremo repubblicani per questo. Noi profitteremo delle circostanze per rinforzare la nostra compagine, per allargare la nostra propaganda e mireremo sempre all’immediata espropriazione dei capitalisti, come condizione preliminare di ogni vera libertà.

Io non sono repubblicano, perchè repubblica significa democrazia, cioè, nel senso più genuino della parola, governo della maggioranza. Ed io sono contrario al governo della maggioranza come al governo della minoranza – anche lasciando da parte la questione, pure importantissima, del modo come fatalmente, in qualunque regime elettoralistico, si fabbrica una maggioranza e se ne falsifica la opinione.

Perciò sono anarchico.

Gli aggettivisociale”, “federalista” ecc. appiccicati alla parola repubblica mi sono sempre sembrati una burletta. Vi possono essere dei repubblicani socialisti, come ve ne possono essere borghesi o clericali, dei repubblicani unitari e accentratori, come dei repubblicani federalisti e discentratori, i quali potranno fare la propaganda per far votare le leggi che loro piacciono. Ma la repubblica resta la repubblica, cioè una forma di governo a cui sostanza la volontà di quelli che riescono a farsi passare come rappresentanti della maggioranza – e se la sua proclamazione non sarà preceduta da una profonda rivoluzione sociale che distrugga nel fatto il privilegio economico, essa sarà necessariamente capitalistica e accentratrice, e forse anche clericale.

Un governo repubblicano, come qualsiasi altro governo, tende innanzi tutto a consolidare e ad allargare il suo potere; ed il solo limite alle sue invasioni contro la libertà dei singoli, individui o collettività, sta nella resistenza che si riesce ad opporgli.

Il compito degli anarchici, poichè non possono per mancanza di forza e di consensi fare l’anarchia dappertutto, è di creare alimentare, organizzare quella resistenza, rifiutare per conto loro qualsiasi contributo obbligatorio allo Stato (servizio militare, pagamento d’imposte, ecc.) e reclamare e pretendere per loro e per quelli che con loro consentono, piena libertà e libero accesso ai mezzi di produzione.

 





63 Titolo originale Repubblica?, in "Pensiero e Volontà", 16 ottobre 1925.



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