Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

5. Alla ricerca dell’anarchismo: problemi da approfondire

2. GRADUALISMO. CHIARIMENTI, DIVERGENZE ED ERRORI

a. Rimasticature autoritarie

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2. GRADUALISMO. CHIARIMENTI, DIVERGENZE ED ERRORI

 

a. Rimasticature autoritarie69

 

Dalle scarse notizie che accidentalmente arrivano fino a me, rilevo che vi sono alcuni compagni che si sono rimessi a sostenere che per far trionfare l’anarchia sarà necessario, quando scoppierà la rivoluzione, obbligare la gente a fare a modo nostro, fino a quando essa si sarà convinta che noi abbiamo ragione e farà spontaneamente quello che al principio le faremo fare per forza. Insomma assumere la funzione di governo.

S’intende che il governo che vorrebbero costituire quei singolari anarchici dovrebbe essere una cosa blanda e provvisoria, dovrebbe governare il meno possibile e durare pochissimo: ma anche ridotto ai minimi termini dovrebbe sempre essere un governo, cioè un gruppo di uomini che si attribuiscono la facoltà d’imporre al popolo le proprie idee… ed i propri interessi.

E questo per essere pratici, per aderire alla realtà, ecc. Sembra sentire i discorsi che facevano i guerraioli quando predicavano la guerra per distruggere la guerra!

La cosa non è nuova. Durante tutto il corso del nostro movimento vi sono stati degl’individui che, pur dicendosi anarchici anzi più anarchici degli altri, hanno espresso concetti e propositi ultra autoritari: soppressione per i nostri avversari delle libertà elementari di parola, stampa, riunione, ecc.; lavoro forzato sotto il comando di soprastanti anarchici; fanciulli strappati alle famiglie per educarli anarchicamente; polizia rossa, armata rossa, terrore rosso. E per quanto sia evidente la contraddizione tra l’idea di libertà che è l’anima dell’anarchismo, e l’idea di coercizione, pure a rifletterci bene non v’è di che troppo meravigliarsi. Nati e cresciuti in una società in cui ognuno è costretto a comandare o essere comandato, influenzati da una tradizione millenaria d’oppressione e di servitù, non avendo altro mezzo per emanciparsi che quello di ricorrere alla violenza, per abbattere la violenza che ci opprime, è difficile pensare e sentire da anarchici, è difficile soprattutto concepire e rispettare il limite che separa la violenza che è giusta e necessaria difesa dei propri diritti, dalla violenza che è violazione di diritti altrui. E perciò v’è sempre chi ricade nell’autoritarismo e per arrivare all’anarchia vuole agire come agiscono i governi, vuole insomma essere governo.

Naturalmente le intenzioni sono sempre buone; siamo anarchici sì, essi dicono, ma siccome le masse sono tanto arretrate bisogna spingerle avanti colla forza. Qualche cosa come insegnare ad uno a camminare legandogli le gambe!

Io non voglio qui dilungarmi su questo errore di voler educare la gente alla libertà, all’iniziativa ed alla fiducia in se stessa per mezzo della coercizione. voglio insistere sul fatto che chi sta al governo ci vuol restare, sia pure col sincero proposito di fare il bene, e quindi prima di tutto pensa a costituire un partito o una classe di cointeressati ed una forza armata fedele e disciplinata per tenere a freno i ricalcitranti; cose che accadrebbero ai governantianarchici” come agli altri, sia perchè sono una necessità della situazione, sia perchè noi anarchici non siamo poi di tanto migliori della comune umanità. Questo menerebbe a ripetere tutte le ragioni che l’anarchismo oppone all’autoritarismo, ragioni che quei compagni, i quali, a quanto mi si dice non sono dei novellini, debbono conoscere al pari di me.

Voglio solo far notare, che, come avviene spessissimo, quelli che più si vantano di essere pratici e di non perdersi nei sogni, sono poi quelli che più sognano cose impossibili.

Infatti, è chiaro che per impossessarsi del governo e non esporci ad un fiasco sicuro che ci discrediterebbe e c’impedirebbe per molto tempo ogni azione utile, bisognerebbe disporre di una forza numerica e di una capacità tecnica sufficienti. Noi probabilmente non avremo al principio della prossima rivoluzione, quella forza e quella capacità, ma, supposto che l’avessimo, che bisogno ci sarebbe allora di farsi governo e mettersi sopra una via che necessariamente ci condurrebbe verso una mèta opposta a quella che vogliamo raggiungere? Essendo così forti, noi potremmo facilmente mettere la gente sulla buona via per mezzo della propaganda e dell’esempio, e sviluppare e difendere la rivoluzione con metodo perfettamente anarchico, cioè col concorso volontario ed entusiasta della massa interessata al suo trionfo.

Questo per quelli che intendessero impossessarsi del governo come anarchici per fare l’anarchia, o almeno indirizzare la rivoluzione verso l’anarchia. Che se si volesse andare al governo insieme coi partiti autoritari, i quali mirerebbero innanzi tutto a soffocare l’iniziativa popolare e ad assicurare lo sviluppo e la permanenza delle istituzioni governative, allora sarebbe il caso di defezione pura e semplice, e conservare il nome d’anarchici sarebbe una menzogna e un inganno. Col risultato che, dopo di aver messo le nostre forze al servizio dei nuovi dominatori ed averli aiutati a consolidarsi al governo, non appena non si avrebbe più bisogno di noi, saremmo ignominiosamente scacciati e resteremmo impotenti e disonorati.

Invece, pur minoranza come siamo, restando in mezzo alle masse per spingerle ad abbattere l’autorità politica ed il privilegio economico e ad organizzare da loro stesse la nuova vita sociale e dandone noi stessi l’esempio, in grande o in piccolo secondo le forze che potremo raccogliere nelle varie località e nelle varie corporazioni operaie, senza prendere responsabilità che non possiamo assolvere, noi potremo dare alla rivoluzione un carattere profondamente rinnovatore e preparare la via per il trionfo dell’anarchia integrale.

Non riusciremo forse ad impedire la costituzione di un nuovo governo, ma potremo impedire ch’esso diventi forte e tirannico ed obbligarlo a rispettare, per noi e per quelli che si unirebbero a noi, la massima libertà possibile ed il diritto all’uso gratuito dei mezzi necessari alla produzione.

In ogni caso, anche vinti, daremo un esempio fecondo di risultati concreti in un prossimo avvenire.

 





69 In Il Risveglio, 1 maggio 1931.



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