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5. Alla ricerca dell’anarchismo: problemi da approfondire 2. GRADUALISMO. CHIARIMENTI, DIVERGENZE ED ERRORI b. L'errore del "tutto e subito" |
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b. L'errore del "tutto e subito"70
Voglio esprimere la mia opinione sulla causa per la quale alcuni compagni, certamente sinceri e pieni di ardore per il trionfo dell’anarchia, sono indotti a rimettere in discussione le basi stesse dell’anarchismo.
Fenomeni simili si producono in tutti i partiti all’indomani di una sconfitta, e non vi sarebbe nulla di strano che lo stesso avvenisse in mezzo a noi. Ma a me pare che, nel caso nostro, questa ricerca affannosa di vie novelle, piuttosto che la conseguenza di nuove e più ardite e più vere concezioni, sia l’effetto della persistenza di vecchie illusioni che quei compagni, malgrado la lunga esperienza, sperano ancora di poter realizzare immediatamente, come lo si sperava agli inizi del movimento.
Sessanta e più anni or sono noi pensavamo che l’anarchia ed il comunismo potessero sorgere come conseguenza diretta, immediata di un’insurrezione vittoriosa. Non si tratta, dicevamo, di giungere un giorno all’anarchia e al comunismo, ma di cominciare la rivoluzione sociale coll’anarchia e col comunismo. Bisogna, ripetevamo nei nostri manifesti, che la sera del giorno stesso in cui saranno vinte le forze governative ciascuno possa soddisfare pienamente i suoi bisogni essenziali, sentire senz’altro ritardo i benefici della rivoluzione.
Era insomma l’idea che, accettata un po’ più tardi da Kropotkin, fu da lui popolarizzata e quasi fissata come programma definitivo dell’anarchismo.
Secondo noi bastava distruggere gli ostacoli materiali, cioè sconfiggere la forza armata che difendeva i proprietari, e tutto sarebbe andato da sè.
E badavamo soprattutto a perfezionare il nostro ideale, facendoci l’illusione che la massa ci seguisse, anzi credendo di non essere che gl’interpreti degl’istinti profondi di essa massa.
Eravamo in pochi, ma avevamo una fiducia illimitata sull’efficacia della propaganda. Il nostro ragionamento in proposito era dei più ingenui: se, noi pensavamo, essendo in dieci a far propaganda in un mese siamo diventati venti, ora che siamo in venti in un altro mese diventeremo quaranta, e poi da quaranta ottanta e così di seguito. Raddoppiando il numero di mese in mese presto avremo avuto la forza necessaria per fare la rivoluzione.
La rapida organizzazione dei corpi di mestiere e lo spirito di solidarietà tra gli oppressi in lotta per l’emancipazione avrebbero risolte tutte le difficoltà. L’Associazione Internazionale dei Lavoratori (la Prima Internazionale) che stava allora nel suo più florido periodo, sembrava già pronta per sostituire la sua organizzazione a quella della società borghese.
Data questa idea, è chiaro che ci doveva sembrare che l’anarchia stesse per sorgere subito, spontaneamente, per la volontà e la capacità di tutta la popolazione, o almeno della parte cosciente e attiva della popolazione, appena fosse liberata dalla forza bruta che la teneva soggetta.
Ma coll’andar del tempo lo studio e più la dura esperienza ci mostrarono che molte delle nostre convinzioni erano effetto del nostro desiderio e delle nostre speranze e non corrispondevano ai fatti reali...
Stando così le cose, che cosa bisognava fare? Abbandonare la lotta, diventare scettici ed indifferenti, o rinunziare all’anarchia ed aderire ad un partito autoritario?
Alcuni lo fecero; ma i più tra noi, quelli che avevano nell’animo “il fuoco sacro” furono compresi più che mai della nobiltà e della grandezza della missione che gli anarchici si erano data. Essi restarono convinti che l’aspirazione alla libertà integrale (quello che potrebbe chiamarsi lo spirito anarchico) è stata sempre la causa di ogni progresso individuale e sociale, e che invece tutti i privilegi politici ed economici (che sono poi i diversi aspetti di una stessa oppressione) se non trovano nell’anarchismo più o meno cosciente un ostacolo sufficiente, tendono a respingere indietro l’umanità verso la più fosca barbarie. Essi compresero che l’anarchia non poteva venire che gradualmente, a misura che la massa arriva a concepirla e desiderarla; ma che non verrebbe mai se mancasse la spinta di una minoranza più o meno coscientemente anarchica, che agisce in modo da preparare l’ambiente necessario.
Restare anarchici, agire da anarchici in tutte le possibili circostanze restava il dovere da noi liberamente scelto ed accettato.
Ho detto più sopra che, secondo me, i cosiddetti revisionisti, ancora sotto l’influenza dei pregiudizi dell’anarchismo primitivo, s’illudono di poter fare il comunismo e l’anarchia d’un colpo solo; ma siccome comprendono anch’essi che la massa è ancora impreparata, cadono nell’assurdo di volerla preparare coi metodi autoritari. Lo dicono poco chiaramente, credo anzi che essi stessi non se ne rendano conto esatto, ma il fatto mi sembra questo: essi vorrebbero fare il comunismo rimandando la libertà a più tardi, e vorrebbero educare il popolo alla libertà per mezzo della tirannia.
A me pare, e credo che questa sia oramai l’opinione di quasi tutti gli anarchici, che la rivoluzione non può cominciare col comunismo, o sarebbe, come la Russia, un comunismo da convento, da caserma e da galera, peggiore dello stesso capitalismo. Essa deve attuare subito quello che si può, ma non più di quello che si può; basterebbe per cominciare attaccare con tutti i mezzi possibili l’autorità politica ed il privilegio economico, disciogliere l’esercito e tutti i corpi di polizia, armare tutta quanta la popolazione, requisire a vantaggio di tutti le sostanze alimentari e provvedere alla continuità dell’approvvigionamento e spingere le masse, soprattutto spingere le masse ad agire senza aspettare ordini dall’alto. E badare a non distruggere se non quello che si può sostituire con qualche cosa di migliore. Poi si procederà verso l’organizzazione del comunismo volontario o quelle altre forme, probabilmente varie e multiple, di convivenza sociale che i lavoratori, illuminati dall’esperienza, preferiranno.
Se gli anarchici volessero assumere da soli la funzione di governo (cosa del resto che non avrebbero la forza di fare), o, peggio ancora, volessero unirsi ai partiti autoritari per dettar leggi e regole obbligatorie, non farebbero che tradire se stessi e la rivoluzione. Allora essi, invece di spingere verso l’anarchia colla propaganda e coll’esempio, contribuirebbero, volenti o nolenti, a strappare al popolo quelle conquiste ch’esso avrebbe fatte nel periodo insurrezionale: farebbero insomma quello che han fatto sempre tutti i governi.