Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

5. Alla ricerca dell’anarchismo: problemi da approfondire

2. GRADUALISMO. CHIARIMENTI, DIVERGENZE ED ERRORI

d. Il rovescio dela medaglia: l'attendismo dei compagni spagnoli

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d. Il rovescio dela medaglia: l'attendismo dei compagni spagnoli72

 

Roma, 9 giugno 1931

 

...In quanto alla corrispondenza dalla Spagna pare anche a me che quei compagni non si rendono un conto chiaro di quello che stanno facendo i governi di Madrid e di Barcellona, i quali, al pari d’ogni governo, cercano innanzi tutto di consolidarsi al potere appoggiandosi su vecchi e nuovi privilegi. Sorti da un movimento popolare debbono mostrarsi più liberali del regime decaduto, ma fatalmente, per necessità d’esistenza e per istinto di comando, faranno tutto il possibile per ostacolare lo sviluppo della rivoluzione.

Secondo me, bisognerebbe profittare di questi primi tempi di debolezza e di disorganizzazione governative, per strappare allo Stato ed al capitalismo il più che si può. Più tardi la Costituente ed il potere esecutivo cercheranno di ritogliere al popolo i vantaggi ottenuti, e non rispetteranno che quelle conquiste popolari che stimeranno troppo pericoloso attaccare.

Trovo veramente troppo esageratamente ottimista il dire che la “libertà politica non è limitata da nessuna autorità” quando sappiamo che la guardia civile (che corrisponde ai nostri carabinieri) e stata conservata e leggiamo che qua e in tutta la Spagna, da Sevilla a San Sebastiano, si spara sulla folla e si proclamano stati d’assedio. Il fatto di aver permesso un comizio in un teatro di Barcellona prova solo che il governo non lo ha creduto pericoloso, o non si è sentito abbastanza forte per impedirlo.

Il compito dei rivoluzionari sarebbe quello di profittare della presente debolezza del governo per imporgli la dissoluzione dei corpi di polizia, l’armamento generale della popolazione, la demolizione del Castello di Montjuich, ecc.

Non sono poi nemmeno d’accordo con quei compagni dell’“Ufficio libertario di corrispondenza” nel pensare che la situazione, dal nostro punto di vista e per gli scopi nostri, sia più favorevole in Catalogna che nelle altre parti della Spagna.

Il proletariato catalano, secondo l’idea che me ne feci nelle due volte che sono stato in quei paesi, è il proletariato più cosciente, più serio, più avanzato che vi sia nel mondo. Metto quindi in lui le più grandi speranze; ma mi pare che se in Catalogna si può fare più facilmente che altrove una radicale rivoluzione politica, vi sono invece maggiori difficoltà per raggiungere l’emancipazione economica, senza la quale le libertà politiche finiscono col non contar nulla e sparire. E credo che la difficoltà viene proprio dal grande sviluppo industriale del paese.

A causa dell’industria la massa degli operai catalani si trova legata alla borghesia da una certa solidarietà d’interessi. Se cessa l’esportazione, se si disorganizza il commercio (e ciò non potrebbe non avvenire in caso di rivoluzione economica) l’operaio della città catalana resta senza lavoro e non mangia. Quindi una rivoluzione economica non si potrebbe fare che sopra vasta scala, quando il proletariato delle città e quello delle campagne di molta parte della Spagna agissero d’accordo. Con energia ed unione, gli operai catalani potrebbero, io credo, fin da ora costringere i padroni a dar lavoro a tutti (cioè a dividere fra tutti il lavoro che c’è), e pagare salari sufficienti per una vita decente; ma non potrebbero sopprimere completamente i padroni, i quali hanno in mano non solo gli strumenti di lavoro, che si possono toglier loro con facilità, ma anche l’organizzazione dello scambio colle altre regioni della Spagna e dell’estero, che è più difficile sostituire da un giorno all’altro.

Invece in altre regioni, e specialmente al Sud, in Andalusia, la situazione mi sembra più favorevole. la massa vive coi prodotti della campagna, e vive male perchè il più dei prodotti è portato via dai proprietari ed inoltre grandi estensioni di terre sono lasciate incolte. I lavoratori andalusi, che hanno spirito ribelle ed aspirano da secoli al possesso della terra, potrebbero occupare le terre incolte e coltivarle per loro conto, e nello stesso tempo impedire ai proprietari delle terre coltivabili di asportare e mandare via i prodotti. Sarebbe l’espropriazione pura e semplice, e non si avrebbe da resistere che ai tentativi di repressione militari, i quali sarebbero impotenti di fronte ad un movimento di una certa importanza.

Ma io parlo da lontano e posso facilmente sbagliarmi. In ogni modo mi pare che la situazione spagnuola presenta infinite possibilità e la speranza che il movimento possa svilupparsi e metter capo ad una vera rivoluzione sociale.

Io pagherei non so che per poter andare in Spagna e mi arrabbio per la mia impotenza. Sono sempre sotto gli occhi dei poliziotti e non posso fare un passo senza averli attorno...

 

Roma, 7 marzo 1932

...Sono stato quasi due mesi senza sapere nulla dalla Spagna. Solo da qualche giorno ricomincio a ricevere dei giornali di Spagna e vado apprendendo quello che è avvenuto in questi ultimi tempi. Peccato! quale situazione è stata sciupata! Ma forse c’è ancora da sperare.

Sono così incompletamente e male informato che non oso esprimere una opinione decisa sulla condotta dei compagni spagnoli: sono essi che stanno sul posto, sono essi che hanno la responsabilità morale e materiale, e quindi sono essi che debbono decidere. Nullameno mi pare di poter dire che gli anarchici ed i sindacalisti spagnoli non seppero profittare dell’occasione che offriva loro la rivoluzione del 14 aprile con il susseguente entusiasmo popolare. Secondo me fu un errore grandissimo il rimettersi a fare degli scioperi per limitati miglioramenti economici, come quelli che si fanno in tempi tranquilli. Quello era il tempo della lotta politica; non già s’intende nel senso in cui generalmente i compagni spagnoli prendono la parola politica; ma nel senso di lotta contro il potere politico. Bisognava armarsi, esigere la dissoluzione della Guardia Civica e degli altri corpi di polizia, obbligare i padroni (se per il momento non si poteva abolirli) a dar lavoro a tutti i disoccupati, ecc. In ogni modo, disertare le urne e restare in posizione d’aperta ostilità contro il Governo di Madrid e quello della Generalidad di Catalogna. E come sarebbe stato bello, almeno quale atto simbolico, la demolizione del Castello di Montjuich

 





72 La lettera del 9 giugno 1931, indirizzata al "Carissimo Adolfo" in "L’Adunata dei Refrattari", 20 agosto 1932; quella del 7 marzo 1932, indirizzata ad A.Borghi, in E.MALATESTA, scritti scelti, Napoli, 1954, pp.230-232



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