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5. Alla ricerca dell’anarchismo: problemi da approfondire 3. I PROBLEMI DELLA RICOSTRUZIONE b. Lo sviluppo delle idee e la loro applicazione alle attuali contingenze |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
b. Lo sviluppo delle idee e la loro applicazione alle attuali contingenze74
Ho l’impressione, sia per quello che appare nei vani nostri periodici in Italia e fuori, sia per quello che i compagni ci mandano e che resta in gran parte impubblicato per mancanza di spazio o per soverchia insufficienza di composizione, ho l’impressione, dico, che non siamo ancora riusciti a far comprendere a tutti gli scopi che ci proponiamo con questa pubblicazione.
V’è infatti chi, interpretando a modo suo il nostro espresso desiderio di praticità e di realizzazione, crede che noi intendiamo “iniziare un processo revisionista dei valori dell’anarchismo teorico” e, secondo le proprie tendenze e le proprie preferenze teme, o spera, che noi si voglia rinunziare, in pratica, se non in teoria, alle nostre concezioni rigorosamente anarchiche.
Non v’è da tanto.
In realtà noi non crediamo, come qualcuno ci ha fatto dire, che vi sia “antinomia tra teoria e pratica”. Crediamo invece che in generale la teoria è vera solo se è confermata dalla pratica, e che nel caso nostro se non si può fare subito l’anarchia non è già per deficienza della teoria, ma perchè non tutti sono anarchici, e gli anarchici non hanno ancora la forza di conquistare almeno la loro libertà e di imporne il rispetto.
Insomma noi restiamo fermi nelle idee che fin dall’origine sono state l’anima del movimento anarchico e non abbiamo proprio nulla da rinnegare. Diciamo questo non a titolo di merito, poichè se credessimo di essere nel passato caduti in errore sentiremmo il dovere di confessarlo e di correggerci; ma lo diciamo perchè è un fatto. E chi conosce gli scritti di propaganda sparsi un po’ dappertutto dai fondatori di questa rivista ben difficilmente riuscirebbe a trovare una sola contraddizione tra quello che diciamo ora e quello che dicevamo già più di cinquant’anni or sono.
Non è dunque di “revisione” che si tratta, ma di sviluppo delle idee e della loro applicazione alle contingenze attuali.
Quando le idee anarchiche erano una novità che meravigliava e sbalordiva e non si poteva che far la propaganda in vista di un lontano avvenire e gli stessi tentativi insurrezionali ed i processi volontariamente provocati ed affrontati non servivano che a richiamare l’attenzione pubblica a scopo di propaganda, poteva bastare la critica della società attuale e l’esposizione dell’ideale a cui si aspirava. Anche le questioni di tattica non erano in fondo che questioni sui mezzi migliori per propagare le idee e preparare gl’individui e le masse alle agognate trasformazioni.
Ma oggi i tempi sono più maturi, le circostanze sono cambiate, e tutto fa credere che, in un tempo che potrebbe essere imminente ma che certo non è molto lontano, ci troveremo nella possibilità e nella necessità di applicare le teorie ai fatti reali e mostrare che non solo abbiamo più ragione degli altri per la superiorità del nostro ideale di libertà, ma anche perchè le nostre idee ed i nostri metodi sono i più pratici per il raggiungimento del massimo di libertà e di benessere possibile allo stato attuale della civilizzazione.
La stessa reazione imperversante e trepida mantiene il paese in uno stato di equilibrio instabile che lascia aperta la via a tutte le speranze come a tutte le catastrofi. E gli anarchici possono da un momento all’altro esser chiamati a mostrare il loro valore e ad esercitare sugli avvenimenti una pressione che potrà a prima giunta non essere preponderante, ma che sarà tanto più grande quanto maggiore sarà il loro numero e la loro capacità morale e tecnica.
Necessità quindi di approfittare di questo periodo transitorio, che non può essere se non di calma preparazione, per mettere insieme il più possibile di forze morali e materiali e tenersi pronti per tutto quello che potrà avvenire.
Il fatto che non bisogna perder di vista è questo: noi siamo una minoranza relativamente piccola, e resteremo tale fino al giorno in cui un cambiamento nelle circostanze esteriori – condizioni economiche migliorate e libertà aumentata – non metterà le masse in condizioni di potere meglio comprenderci e noi in posizione di potere esplicare praticamente l’opera nostra.
Ora, le condizioni economiche non miglioreranno sensibilmente e stabilmente e la libertà non aumenterà seriamente fino a che vigerà il sistema capitalistico e l’organizzazione statale che sta a difesa del privilegio. Quindi il giorno in cui per cause che sfuggono in gran parte alla nostra volontà ma che esistono e dovranno produrre i loro effetti, l’equilibrio sarà rotto e scoppierà la rivoluzione, noi ci troveremo come ora in esigua minoranza tra le varie forze in conflitto.
Che cosa dovremo fare?
Disinteressarsi del movimento sarebbe un suicidio morale per ora e per sempre, poichè senza l’opera nostra, senza l’opera di quelli che vogliono spingere la rivoluzione fino alla trasformazione totale di tutti gli ordinamenti sociali, fino all’abolizione di tutti i privilegi di tutte le autorità, la rivoluzione finirebbe senza aver nulla trasformato d’essenziale, e noi ci troveremmo nelle stesse condizioni d’ora. In un’altra futura rivoluzione saremmo sempre piccola minoranza e dovremmo ancora disinteressarci del movimento, e cioè rinunziare alla ragione stessa della nostra esistenza che è quella di combattere sempre per la diminuzione (fino a che non si potrà conseguire l’abolizione completa) dell’autorità e del privilegio – almeno per noi che crediamo che la propaganda, l’educazione non possa, in ogni dato ambiente sociale, che raggiungere un numero limitato d’individui, e che occorre cambiare le condizioni ambientali prima che sia possibile l’elevazione morale di un nuovo strato d’individui.
Che fare dunque?
Provocare, se ci è possibile, noi stessi il movimento, parteciparvi in ogni modo con tutte le nostre forze, imprimervi il carattere più libertario e più egualitario che per noi si potrà, appoggiare tutte le forze di progresso, difendere il meglio quando non si può raggiungere l’ottimo; ma conservare sempre ben distinto il nostro carattere di anarchici che non vogliono il potere, e mal sopportano che altri lo prenda.
V’è tra gli anarchici – noi diremmo tra sedicenti anarchici – chi pensa che, non essendo le masse capaci ora di organizzarsi anarchicamente e di difendere la rivoluzione con metodi anarchici, dovremmo noi stessi impossessarci del potere ed “imporre l’anarchia con la forza”. (La frase, come sanno i nostri lettori, è stata pronunziata letteralmente, in tutta la sua crudezza).
Io non starò a ripetere qui che chi crede nella potenza educativa della forza brutale e nella libertà promossa e sviluppata per opera dei governi, può essere tutto quello che vuole, potrebbe anche aver ragione contro di noi, ma certamente non può dirsi anarchico se non mentendo a se stesso ed agli altri…