Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

5. Alla ricerca dell’anarchismo: problemi da approfondire

3. I PROBLEMI DELLA RICOSTRUZIONE

d. La sicurezza pubblica

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d. La sicurezza pubblica76

 

Il mio articolo del n. 10 Demoliamo e poi? ha lasciato perplesso qualche compagno, forse perchè scuoteva delle vecchie abitudini mentali, o forse piuttosto perchè io non sviluppai abbastanza il mio pensiero e riuscii oscuro.

Cercherò di spiegarmi meglio.

C’è, per esempio, il compagno Salvatore Carrone il quale immagina nientedimeno! ch’io, dopo o durante la rivoluzione, vorrei conservare provvisoriamente gendarmi, tribunali, galere, e tutto l’apparato repressivo dello Stato; e getta il suo grido d’allarme contro questo che ci lascerebbe nel circolo vizioso: la reazione che provoca la rivoluzione e la rivoluzione che sbocca in una nuova reazione. E giustamente osserva che “la rivoluzione può essere guidata da uomini di cuore, di buon senso e volenterosi di fare il bene, ma a poco a poco attorno a questi buoni s’infiltrano torbidi elementi che avendo una vasta rete d’accoliti sparsi nella nazione, accerchiano i buoni e fatalmente li spodestano, o questi per reggersi al potere tradiscono la rivoluzione, adoperando per la bisogna appunto il gendarme, e il tribunale coi suoi accessori”.

Perfettamente d’accordo, ed io non ho mai detto cosa diversa.

Io dico che per abolire il gendarme e tutte le istituzioni sociali malefiche bisogna sapere che cosa vogliamo sostituirvi, non in un domani più o meno lontano, ma subito, il giorno stesso della demolizione. Non si distrugge, realmente e permanentemente, se non quello che si sostituisce; e rimandare a più tardi la soluzione dei problemi che si presentano coll’urgenza della necessità sarebbe dare alle istituzioni che si pretende abolire il tempo di rifarsi della scossa ricevuta ed imporsi di nuovo, forse con altri nomi, ma certo colla stessa sostanza.

Le nostre soluzioni potranno essere accettate da una parte sufficiente della popolazione ed avremo fatto l’anarchia, o un passo verso l’anarchia; o potranno non essere comprese ed accettate e allora la nostra opera servirà per propaganda, e poserà innanzi al grande pubblico il programma del prossimo avvenire. Ma in ogni caso delle soluzioni nostre dobbiamo averle: soluzioni provvisorie, rivedibili, e correggibili sempre al lume dell’esperienza, ma necessarie se non vogliamo subire passivamente le soluzioni degli altri, limitandoci alla poco proficua funzione brontoloni incapaci ed impotenti.

A proposito di io citavo il caso del satiro e dicevo della necessità di provvedere a metterlo nell’impossibilità di nuocere.

Il Carrone sembra propendere per il linciaggio. È una soluzione primitiva, selvaggia, che ripugna alla mentalità moderna, ma è una soluzione; e varrebbe sempre meglio che la beata fiducia che quelle cose, fatta la rivoluzione, non avverranno più, o il magro espediente di rimandare il problema ai nepoti. Senonchè avverrebbe come è sempre avvenuto in casi simili (ed anche recentemente a Roma ed altrove) che la folla irritata, commossa, non sapendo con chi prendersela, si scagli chi sa su quanti poveri diavoli indicati al suo furore da donne rese isteriche dallo sdegno e dalla paura. E allora la gente calma invocherebbe l’intervento della polizia, di una qualsiasi polizia professionale… che a sua volta molesterebbe molti innocenti e d’abitudine non riuscirebbe a trovare il colpevole.

Che cosa bisognerebbe dunque fare?

Persuadere la gente che la sicurezza pubblica, la difesa della incolumità e della libertà di ciascuno deve essere affidata a tutti; che tutti debbono vigilare, che tutti debbono mettere all’indice il prepotente ed intervenire in difesa del debole, che i compaesani, i vicini, i compagni di lavoro debbono all’occorrenza farsi giudici e, nei casi estremi, come quello in discussione, affidare chi è riconosciuto colpevole alla custodia ed alla cura di un manicomio, aperto sempre al controllo del pubblico. Ed in ogni caso evitare che la difesa contro i delinquenti diventi una professione e serva di pretesto alla costituzione di tribunali permanenti e di corpi armati, che diventerebbero presto strumenti di tirannide.

Ma insomma questa della delinquenza non è che una questione secondaria, per quanto sia la prima che si affaccia alla mente di coloro a cui si parla per la prima volta dell’inutilità e della nocuità del governo. Nessuno pretenderà che qualche satiro o qualche prepotente sanguinano possano arrestare il corso della rivoluzione!

L’importante, l’immediatamente urgente è l’organizzazione della vita materiale, la soddisfazione cioè dei bisogni primordiali ed il lavoro che a quei bisogni deve provvedere. Poichè quello che non riusciremo noi a fare ed a far fare con metodi nostri sarà fatto necessariamente da altri con metodi autoritari.

L’anarchia non si realizzerà se non quando si saprà vivere senza autorità, ed in quelle proporzioni in cui si riuscirà a fare a meno dell’autorità.

Ma ciò non vuoi dire che bisogna, come il Carrone pensa o crede ch’io pensi, “aiutare in caso di rivoluzione il partito più affine colla speranza che questo faccia meno reazione durante l’opera nostra di sostituire il bene al male”.

Noi possiamo avere rapporti di cooperazione coi partiti non anarchici finché abbiamo con loro un nemico comune da combattere e che non potremmo abbattere da soli; ma dal momento che un partito va al potere e diventa governo, noi non possiamo avere con lui che rapporti di nemico a nemico.

Certamente noi abbiamo interesse, finchè esiste un governo, che questo sia il meno oppressivo, cioè il meno governo possibile. Ma la libertà, anche una libertà relativa, non si ottiene da un governo aiutandolo. Si ottiene solo facendogli sentire il pericolo di troppo comprimere.

 





76 Titolo originale E poi?, in "Pensiero e Volontà", 1 agosto 1926.



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