Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

5. Alla ricerca dell’anarchismo: problemi da approfondire

4. IL RUOLO DEL MOVIMENTO ANARCHICO

a. Revisionismo anarchico?

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

4. IL RUOLO DEL MOVIMENTO ANARCHICO

 

a. Revisionismo anarchico?77

 

...Premetto che di “atti di contrizione” non ne ho fatto alcuno. Io potrei facilmente documentare che quello che dico adesso sono andato dicendolo da anni; e se ora v’insisto di più ed altri vi fa più attenzione di prima si è perchè i tempi sono più maturi, in quanto l’esperienza ha persuasi molti, i quali prima si pascevano di quel beato ottimismo kropotkiniano, che io solevo chiamareprovvidenzialismo ateo”, a scendere dalle nuvole e tener calcolo delle cose quali sono, tanto differenti da quelle che si vorrebbe che fossero.

Ma lasciamo questi ricordi storici d’interesse personale, e veniamo alla questione generale ed attuale.

Noi di questa rivista, al pari di altri compagni in altre pubblicazioni nostre, non abbiamo per nulla preteso di avere bella e pronta la soluzione infallibile ed universale di tutti i problemi che ci si affacciano alla mente; ma, riconosciuta la necessità di un programma pratico, adattabile alle varie circostanze che possono presentarsi nello svolgersi della vita sociale prima, durante e dopo la rivoluzione, abbiamo invitato tutti i compagni che hanno delle idee da esporre e delle proposte da fare a concorrere alla elaborazione di detto programma. Quindi, quelli che trovano che tutto è andato bene finora e che bisogna continuare come per il passato, non hanno che da difendere il loro punto di vista; mentre gli altri che d’accordo con noi pensano che bisogna prepararsi intellettualmente e materialmente alla funzione pratica spettante agli anarchici, anzichè aspettare passivamente il verbo nostro dovrebbero cercare di dare essi stessi il loro contributo al dibattito che li interessa.

Per conto mio, io credo che non vi sia “una soluzione” ai problemi sociali, ma mille soluzioni diverse e variabili, come è diversa e variabile, nel tempo e nello spazio, la vita sociale.

In fondo, tutte le intuizioni, tutti i progetti, tutte le utopie sarebbero egualmente buone a risolvere il problema, cioè a contentar la gente, se tutti gli uomini avessero gli stessi desideri e le stesse opinioni e si trovassero nelle stesse condizioni. Ma questa unanimità di pensiero e questa identità di condizioni sono impossibili e a dir vero non sarebbero nemmeno desiderabili; e perciò nella nostra condotta attuale e nel nostro progetto d’avvenire dobbiamo tener presente che non viviamo, e non vivremo neppure domani in un mondo popolato da soli anarchici: invece siamo e saremo ancora per lungo tempo una minoranza relativamente piccola. Isolarsi non è generalmente possibile, e qualora lo fosse sarebbe a detrimento della missione che ci siamo dati, nonchè del nostro benessere personale. Bisogna dunque trovare il modo di vivere in mezzo ai non anarchici nel modo il più anarchico possibile e con il maggior vantaggio possibile per la propaganda e per l’attuazione delle nostre idee.

Noi vogliamo fare la rivoluzione, perchè crediamo nella necessità di un cambiamento radicale, che non può essere pacifico a causa della resistenza dei poteri costituiti, negli ordinamenti politici ed economici vigenti per creare un nuovo ambiente sociale che renda possibile quell’elevamento morale e materiale delle masse che la propaganda, l’educazione, è impotente a produrre nelle circostanze attuali, ma non potremmo fare una rivoluzione esclusivamente “nostra” appunto perchè siamo piccola minoranza, perchè non abbiamo il consenso delle masse e non vorremmo, anche potendolo, imporre con la forza la volontà nostra per non andare contro i fini che ci proponiamo. Dunque, per uscire dal circolo vizioso, dobbiamo contentarci di fare una rivoluzione il più “nostra” che sia possibile, favorendo e partecipando, moralmente e materialmente, ad ogni movimento diretto nel senso della giustizia e della libertà e maggiore giustizia. E questo non significaaccodarci” agli altri partiti, ma spingerli avanti e mettere le masse in presenza dei vari metodi affinché possano giudicare e scegliere. Potremo essere abbandonati, traditi, come ci è avvenuto altre volte; ma bisogna ben correrne il rischio se non si vuoi restare praticamente inattivi e rinunziare ad apportare la forza delle nostre idee e della nostra azione nel corso della storia.

Altra osservazione... Il socialismo nel senso largo; della parola, l’aspirazione al socialismo si presenta quale problema di distribuzione in quanto è lo spettacolo della miseria dei lavoratori di fronte all’agiatezza ed al lusso dei parassiti e la rivolta morale contro la patente ingiustizia sociale che hanno spinto i sofferenti e tutti gli uomini di cuore a ricercare ed immaginare dei modi migliori di convivenza sociale. Ma la realizzazione del socialismo – sia esso anarchico o autoritario, mutualista o individualista, ecc. – è eminentemente problema di produzione. Quando la roba non c’è, è vano cercare il miglior modo di distribuirla, e se gli uomini sono ridotti a contendersi il tozzo di pane, i sentimenti di amore e di fratellanza si trovano in gran pericolo di cedere il passo alla lotta brutale per la vita.

Oggi fortunatamente i mezzi di produzione abbondano. La meccanica, la chimica, l’agraria, ecc, hanno centuplicata la potenza produttiva del lavoro umano. Ma bisogna lavorare, e per lavorare utilmente bisogna sapere: sapere come si deve lavorare e come si può economicamente organizzare il lavoro.

Se gli anarchici vogliono agire efficacemente fra la concorrenza dei diversi partiti bisogna che si approfondiscano, ciascuno nel ramo in cui si sente più adatto, nello studio di tutti i problemi teorici e pratici del lavoro utile.

Ancora. Noi non siamo più in tempi ed in paesi in cui bastava ad una famiglia un pezzo di terra, una vanga, un pugno di semi, una vacca ed un po’ di galline per vivere soddisfatta. Oggi i bisogni si sono moltiplicati e complicati in modo enorme. L’ineguale distribuzione naturale delle materie prime obbliga ogni agglomerazione d’uomini ad avere rapporti internazionali. La stessa densità della popolazione rende, nonchè miserabile, assolutamente impossibile la vita dell’eremita, se fossero molti ad avere di quei gusti.

Noi abbiamo bisogno di ricevere i prodotti di tutto il globo, noi vogliamo la scuola, la ferrovia, la posta, il telegrafo, il teatro, la pubblica igiene, il libro, il giornale, ecc.

Tutto questo, che è il frutto della civiltà, bene o male funziona: funziona a vantaggio principalmente delle classi privilegiate, ma funziona; ed i benefici possono con relativa facilità essere estesi a tutti, quando fosse abolito il monopolio della ricchezza e del potere.

Vogliamo noi distruggerlo?

O siamo in grado di organizzarlo subito in modo migliore?

La vita sociale, specialmente la vita economica non ammette interruzione. Bisogna mangiare ogni giorno, bisogna ogni giorno alimentare i fanciulli, i malati, gl’impotenti; e vi sarebbe anche chi dopo aver fatto le schioppettate durante la giornata vorrebbe la sera andare al cinema. Per provvedere a questi bisogni improrogabililasciamo stare il cinema – vi è tutta un’organizzazione commerciale, che compie male, ma in qualche modo compie la sua funzione. Bisogna evidentemente utilizzarla, togliendole quanto più è possibile del suo carattere sfruttatore ed accaparratore.

È tempo di finirla con quella retoricapoichè non si tratta che di retorica – che voleva compendiare tutto il programma anarchico nel famosodemoliamo”.

Demoliamo, sì, o cerchiamo di demolire, ogni tirannia, ogni privilegio. Ricordiamoci però, che governo e capitalismo sono solamente delle superstrutture che tendono a restringere i benefizi della civiltà ad un piccolo numero d’individui, e che per abolirli non occorre rinunziare a nessuno dei prodotti dell’ingegno e del lavoro umano. E quindi è ben più quello che bisogna conservare di quello che bisogna distruggere.

In quanto a noi non dobbiamo distruggere se non quello che possiamo sostituire con cosa migliore. Ed intanto lavorare in tutti i rami per migliorarci e migliorare: rifiutandoci s’intende ad accettare ed esercitare qualunque funzione coercitiva.

Ho gettato giù qualche osservazione. Altre ne farò quando capiterà l’occasione.

I compagni le tengano nel conto che credono, e se pare loro che ne valga la pena, ne facciano argomento di discussione.

Ma per carità, non aspettino da noi la formula magica.

Noi non siamo e non vogliamo parere dei padri eterni.

 





77 Titolo originale A proposito di “revisionismo anarchico”, in "Pensiero e Volontà", 1 maggio 1924.



«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2010. Content in this page is licensed under a Creative Commons License