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5. Alla ricerca dell’anarchismo: problemi da approfondire 4. IL RUOLO DEL MOVIMENTO ANARCHICO b. La funzione degli anarchici |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
b. La funzione degli anarchici78
Vi è in una sezione del nostro movimento un gran fervore di discussioni sui problemi pratici che la rivoluzione dovrà risolvere.
Ed è questo un gran bene e di ottimo augurio, anche se le soluzioni proposte finora non sono nè abbondanti nè soddisfacenti.
È passato il tempo in cui si pensava che l’insurrezione bastasse a tutto, e che una volta vinti l’esercito e la polizia ed abbattuti tutti i poteri costituiti, il resto, che era poi l’essenziale, verrebbe da sè.
Siamo dunque d’accordo nel pensare che oltre il problema di assicurare la vittoria contro le forze materiali dell’avversario vi è anche il problema di far vivere la rivoluzione dopo la vittoria. Siamo d’accordo che una rivoluzione la quale producesse il caos non sarebbe vitale.
Ma non bisogna esagerare: non bisogna credere che noi si debba e si possa fin d’ora trovare una soluzione ideale per tutti i possibili problemi. Non bisogna voler troppo prevedere e troppo determinare, altrimenti invece di preparare l’anarchia faremmo dei sogni irrealizzabili oppure cadremmo nell’autoritarismo e, coscientemente o no, ci proporremmo di agire come un governo che in nome della libertà e della volontà popolare sottopone il popolo al proprio dominio.
Mi accade infatti di leggere le più strane cose: strane se si considera che sono scritte da anarchici.
Un compagno, ad esempio, dice che “le folle avrebbero ragione d’inveire contro di noi se dopo di averle invitate ai dolorosissimi sacrifici di una rivoluzione si dicesse loro: fate ciò che la volontà vi suggerisce, raggruppatevi, producete convivete come meglio vi aggrada”.
Ma come! non abbiamo noi sempre detto alle folle che non debbono aspettarsi il bene nè da noi nè da altri, che il bene debbono conquistarselo da loro stesse e che avranno solo quello che sapranno prendere e conserveranno solo quello che sapranno difendere? È giusto e naturale che noi, iniziatori e propulsori e parte della massa noi stessi, dobbiamo cercare di spingere il movimento nella direzione che ci sembra migliore e perciò essere preparati il più possibile per le cose che si debbono fare, ma resta sempre fondamentale il principio che la decisione spetta alla libera volontà degli interessati.
Leggo pure: “Creeremo un regime che se non sia del tutto libertario abbia l’impronta nostra e soprattutto dia adito alla progressiva attuazione dei nostri postulati”.
Che cosa è questo? Un piccolo governo, bono bono, che avrà cura di suicidarsi al più presto per far luogo all’anarchia!!!
Ma non eravamo già d’accordo nel pensare che ogni governo ha tendenza non a suicidarsi, ma a perpetuarsi e diventare sempre più dispotico, e che missione degli anarchici è quella di combattere, anche se obbligati a subirlo, qualunque regime non fondato sulla libertà piena e intera? E non dicevamo anche che gli anarchici al potere non potrebbero fare diversamente dagli altri?
Un altro compagno, tra quelli che più si preoccupano della necessità di avere un “piano” e che in sostanza non spera che nei sindacati operai, dice:
“A rivoluzione trionfata, si affidi alla classe lavoratrice – già da noi precedentemente educata a questa grande funzione sociale – la gestione di tutti i mezzi di produzione, di trasporto, di scambio, ecc.”.
Già da noi precedentemente educata a questa grande funzione sociale! Ma tra quanti secoli quel compagno vuol fare la invocata rivoluzione? E almeno bastassero i secoli! Ma il fatto è che non si educa la massa se essa non si trova nella possibilità e nella necessità di fare da sè, e che l’organizzazione rivoluzionaria dei lavoratori, utile e necessaria finchè si vuole, non può estendersi e durare indefinitamente: arrivata ad un certo punto, se non sbocca nell’azione rivoluzionaria, o il governo la strozza, o essa da se stessa si corrompe o si sfascia – e bisogna ricominciare da capo.
Come è vero che gli uomini “pratici” sono spesso i più ingenui utopisti!
Ma tutta questa discussione non saprebbe forse alquanto di accademia se nel caso concreto si trattasse di un paese in cui la libera organizzazione dei lavoratori è distrutta ed interdetta, la libertà di stampa, di riunione, di associazione soppresse ed i propagandisti anarchici, socialisti, comunisti, repubblicani sono o rifugiati all’estero, o relegati nelle isole, o chiusi in prigione, o messi altrimenti in condizioni di non poter nè parlare, nè muoversi e quasi neppure respirare?
Si può ragionevolmente sperare che il prossimo rivolgimento, in un paese ridotto nelle condizioni descritte, sarà la rivoluzione sociale in tutto il senso ampio e profondo che noi diamo alla parola? Non sembra che oggi il possibile e l’urgente sia piuttosto la riconquista delle condizioni necessarie alla propaganda e all’organizzazione?
A me sembra che la ragione per cui si veggono tante difficoltà e si cade in tante incertezze e contraddizioni si è che o si vuole fare l’anarchia senza anarchici, o perchè si crede che la propaganda basti a convertire all’anarchia tutta o gran parte della popolazione prima che le condizioni ambientali siano radicalmente mutate.
Vi è chi suol dire che “la rivoluzione sarà anarchica o non sarà”. Ancora una di quelle frasi d’effetto che guardate in fondo o non dicono nulla o dicono uno sproposito. Infatti, se s’intende dire che la rivoluzione quale la vorremmo noi deve essere anarchica, si fa una vera tautologia, cioè un giro di parole che non spiega nulla, come se si dicesse, per esempio, la carta bianca deve essere bianca. Se poi s’intende dire che non vi può essere altra rivoluzione che quella anarchica, allora si dice uno sproposito perchè vi sono stati e certamente vi saranno ancora nella vita delle società umane dei movimenti che, cambiando radicalmente le condizioni esistenti danno una nuova direzione alla storia successiva, e perciò meritano il nome di rivoluzioni. Ed io non saprei ammettere che tutte le rivoluzioni passate pur non essendo anarchiche siano state inutili, nè che saranno inutili quelle future che non saranno ancora anarchiche. Anzi inclino a credere che il trionfo completo dell’anarchia, piuttosto che per rivoluzione violenta, verrà per evoluzione, gradualmente, quando una precedente o delle precedenti rivoluzioni avranno distrutti i più grossi ostacoli militari ed economici, che si oppongono allo sviluppo morale delle popolazioni, all’aumento della produzione fino al livello dei bisogni e dei desideri e all’armonizzazione degl’interessi contrastanti.
In ogni modo, se teniamo conto delle nostre scarse forze e delle disposizioni prevalenti tra le masse e se non vogliamo prendere per realtà i nostri desideri, dobbiamo aspettarci che la prossima, forse imminente, rivoluzione non sarà anarchica, e perciò quello che più urge è di pensare a quello che possiamo e dobbiamo fare in una rivoluzione in cui non saremo che una minoranza relativamente piccola e mal armata.
Alcuni compagni, forse suggestionati ancora dalle vanterie socialiste e dalle illusioni che fece nascere la rivoluzione russa, credono che il compito degli autoritari sia più facile del nostro perchè essi hanno un “piano”; impossessarsi del potere e imporre con la forza i loro sistemi.
Ciò non è vero. Il desiderio di afferrare il potere socialisti e comunisti ce l’hanno certamente, ed in date circostanze possono riuscirci. Ma i più intelligenti tra loro sanno bene che stando al potere potrebbero bensì tiranneggiare il popolo e sottoporlo ad esperimenti capricciosi e pericolosi, potrebbero sostituire alla borghesia attuale una nuova classe privilegiata, ma il socialismo non potrebbero farlo, il “piano” non potrebbero applicarlo. Come si può mai distruggere una società millenaria e fondare una nuova e migliore società con decreti fatti da pochi uomini ed imposti colle baionette! Ed è questa la ragione onesta (delle altre meno confessabili ragioni non voglio occuparmi) è questa la ragione onesta per la quale in Italia socialisti e comunisti negarono il loro concorso ed impedirono la rivoluzione quando c’era la possibilità di farla. Essi sentivano che non avrebbero potuto dominare la situazione ed avrebbero dovuto o lasciar libero il campo agli anarchici o farsi strumenti della reazione. Nei paesi poi dove al potere ci sono andati si sa quello che hanno fatto.
Il compito nostro, se solamente avessimo la forza materiale per sbarazzarci della forza materiale che ci opprime, sarebbe di molto più facile, perchè noi non pretendiamo dalla massa se non quello che la massa è capace e vogliosa di fare, limitandoci a fare tutto quello che possiamo per svilupparne la capacità e la volontà.
Dobbiamo guardarci però dal diventare noi stessi meno anarchici perchè la massa non è capace d’anarchia. Se la massa vorrà un governo, noi probabilmente non potremo impedire che un nuovo governo si formi, ma non dovremo meno per questo fare il possibile per persuadere la gente che il governo è inutile e dannoso e per impedire che il nuovo governo s’imponga anche a noi ed a quelli che non lo vogliono. Noi dovremo adoperarci perchè la vita sociale, e specialmente la vita economica, continui e migliori senza l’intervento del governo, e perciò dobbiamo essere preparati il più possibile pei problemi pratici della produzione e della distribuzione, ricordandoci d’altronde che i più adatti ad organizzare il lavoro sono quelli che lo fanno, ciascuno nel proprio mestiere.
Noi dovremo cercare di essere parte attiva, e se possibile preponderante, nell’atto insurrezionale. Ma, abbattute le forze repressive che servono a tenere il popolo nella schiavitù, disfatti l’esercito, la polizia, la magistratura, ecc., armata tutta la popolazione perchè possa opporsi ad ogni ritorno offensivo della reazione, indotti i volonterosi a prendere in mano l’organizzazione della cosa pubblica ed a provvedere, con criteri di giustizia distributiva, ai bisogni più urgenti servendosi con parsimonia delle ricchezze esistenti nelle varie località, dovremo adoperarci perchè si eviti ogni sperpero e si rispettino e si utilizzino quelle istituzioni, quei costumi, quelle abitudini, quei sistemi di produzione, di scambi, d’assistenza che compiono, sia pure in modo insufficiente e cattivo, delle funzioni necessarie, cercando bensì di far sparire ogni traccia di privilegio, ma guardandoci dal distruggere ciò che non si può ancora sostituire con qualche cosa che risponda meglio al bene di tutti. Spingere gli operai ad impossessarsi delle fabbriche, federarsi tra loro e lavorare per conto delle collettività, e così spingere i contadini ad impossessarsi delle terre e dei prodotti usurpati dai signori ed intendersi cogli operai pei necessari scambi.
Se non potremo impedire la costituzione di un nuovo governo, se non potremo abbatterlo subito, dovremo in tutti i casi negargli ogni concorso. Negare il servizio militare, negare il pagamento delle imposte. Non ubbidire per principio, resistere fino all’ultima estremità ad ogni imposizione delle autorità e rifiutarsi assolutamente ad accettare qualunque posto di comando.
Se non potremo abbattere il capitalismo, dovremo esigere per noi e per tutti quelli che vogliono il diritto all’uso gratuito dei mezzi di produzione necessari per una vita indipendente.
Consigliare quando avremo consigli da dare, insegnare se sappiamo più degli altri; dar l’esempio della vita per libero accordo; difendere, anche colla forza, se è necessario e se è possibile, la nostra autonomia contro qualunque pretesa governativa… ma comandare mai.
Cosi non faremo l’anarchia, perchè l’anarchia non si fa contro la volontà della gente, ma almeno la prepareremo.