Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

1. Il periodo della maturazione ideologica

2. L’EVOLUZIONE DELL’ANARCHISMO

b. Il rifiuto del terrorismo amorfista

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b. Il rifiuto del terrorismo amorfista5

Lettera a Luisa Minguzzi Pezzi

 

...In Italia non si ingannano se credono che nella questione Ravachol io sono d’accordo con Merlino, perchè infatti lo sono, almeno nel punto di vista generale. Molti giornalisti sono venuti a domandarmi la mia opinione, ed io gliela ho detta francamente; ma poi nessuno l’ha pubblicata, forse perchè io ad evitare falsificazioni ho voluto dettarla.

Revachol mi pare un uomo sincero, devoto alla causa, forse anche buono di cuore ma traviato da un falso ragionamento fino al punto di assassinare nel più feroce modo un vecchio impotente ed innocuo. Ma non è per Ravachol personalmente che noi sentiamo il bisogno di protestare; è per le difese che fanno di lui certi suoi amici. L’uno dice che Ravachol ha fatto bene ad uccidere il vecchio, perchèera un essere inutile alla Società”; un altro dice che non vale la pena di far chiasso per un vecchio che “aveva pochi anni da vivere” e così di seguito. Il che vuol dire che questi anarchici che non vogliono giudici, non vogliono tribunali, si fanno poi essi stessi giudici e carnefici, e condannano a morte e giustiziano quelli che essi giudicano inutili. Nessun governo ha mai fatto confessar tanto!

Così per le esplosioni. Per uccidere un meschino procuratore si rischia di uccidere 50 innocenti, per fortuna non è successo tutto il male che poteva succedere; ma è anche vero che il procuratore ha avuto di rotto solo il suo urinale!

Si vede nel modo come la cosa è stata fatta, che i suoi autori disprezzano la vita umana, non si curano della sofferenza altrui. Ma infine, su tutto questo si potrebbe passare, e considerare le disgrazie come dolorose conseguenze della guerra.

Ma come non protestare quando sentite dire che si ha torto di lamentare la morte d’una serva o di un operaio, perchè “i domestici sono peggio dei padroni e bisogna ammazzarli tutti” ed “i bambini sono semenza dei borghesi e bisogna pure ammazzarli tutti”?

Come non inorridire quando trovate una donna la quale a voi che lamentate la disgrazia incorsa a quella povera donna che nella esplosione della rue Clichy ebbe la faccia lacerata da schegge di vetro, risponde: “Come! Siete così sensibile voi? Io ho riso tanto pensando alle smorfie che doveva fare quella donna colla faccia tutta tagliuzzata”.

Tutto questo vuol dire che succede a molti anarchici quello che succede ai soldati, agli uomini di guerra, che ubriacati dalla lotta, diventano feroci e dimentichi perfino del fine pel quale si lotta finiscono col volere il sangue per il sangue. Non è più l’amore per il genere umano che li guida, ma il sentimento di vendetta unito al culto di una idea attratta, di un fantasma teorico.

Ciò si comprende; tanto più in presenza di una borghesia che ci quotidianamente lo spettacolo della ferocia, ma non si può approvare, non si può incoraggiare. Una rivoluzione nella quale trionfassero questi istinti, sarebbe una rivoluzione perduta. Il terrore provoca la reazione: prima la reazione della pietà, poi la reazione degli interessi.

Vi è poi altra cosa. Questi anarchici pare si vogliano fare distributori di grazia e di giustizia e ciò non è niente affatto anarchico. Se noi avessimo il diritto di condannare in nome dell’idea che ci facciamo noi della giustizia, lo stesso diritto l'avrebbe il governo in nome della giustizia sua. Naturalmente ognuno crede di avere ragione, e se ognuno avesse il diritto di condannare quelli che secondo lui hanno torto addio giustizia, addio libertà, addio eguaglianza, addio anarchia; i più forti sarebbero, come sono oggi, il governo, ed ecco tutto.

Noi dobbiamo essere dei libertari. La dinamite è un’arma come un’altra spesso migliore di un’altra nella lotta contro gli oppressori: ma come tutte le armi, può essere adoperata bene o male, può servire a liberare gli oppressi, o a spaventare ed opprimere i deboli. Noi dobbiamo servirci di tutte le armi, ma non dobbiamo mai perdere di vista lo scopo, la proporzione tra il mezzo e lo scopo. Io capisco che si possa rischiare di uccidere degli innocenti per fare un atto risolutivo: far saltare per esempio un parlamento uccidere lo Czar ‑ ma rischiare di uccidere 50 persone per rompere l’urinale di un procuratore pubblico, mi pare una cosa folle ‑ e questa cosa, da folle diventa criminosa se non è ispirata da cattivo calcolo, ma da indifferenza per la vita degli altri.

So ben che queste idee non sono fatte per incontrare la simpatia generale dei nostri amici.

Per quanto si sia anarchici, si è sempre più o meno uomini del proprio tempo. Ed il popolo dei nostri tempi, come quello dei tempi passati, si lascia ancora imporre dalla forza, dal successo, senza guardarci tanto pel sottile. Se esplosioni sono riuscite, hanno messo paura ... ai paurosi, e molti dei nostri amici applaudiranno incondizionatamente, senza occuparsi dell’effetto che hanno sulla massa, che noi dovremmo attirare a noi, senza esaminare senza fare le parti del bene e del male. È la stessa tendenza per la quale il popolo applaude a tutti i guerrieri, a tutti i tiranni che vincono; è la stessa tendenza per la quale parecchi anarchici divennero boulangistes quando sembrava che Boulanger stesse per vincere.

Ma contro questa tendenza noi dobbiamo reagire, se no addio anarchia. La rivoluzione si farebbe ma per aprire il varco a nuovi tiranni.

La verità è che v’è molta gente che si chiama anarchica, e che dell’anarchia non ha capito nulla.

Anche in questa occasione i soliti, gli ex amici di Senace hanno pubblicato un foglio clandestino in cui minacciano bastonate a quegli anarchici, che non credono che Ravachol sia il tipo degli anarchici, e che l’eremita di Chambles meritava gli si schiacciasse la testa a martellate, vale a dire a noi, e le bastonate promesse ce le darebbero... se noi ce le lasciassimo dare.

Vedete dunque che anarchici! Come l’inquisizione; le bastonate (non potendo applicare la ghigliottina o il rogo) a quelli che non pensano come loro e dicono il loro pensiero.

È necessario reagire; mettere i punti sugli i, uscire dai termini generali i quali spesso fanno credere che si sia d’accordo, mentre si sta agli antipodi.

Ed io, dopo tutto, son contento di questa specie di crisi, perchè provocherà delle spiegazioni, in seguito alle quali si saprà con chi si è d’accordo davvero e con chi no, e si saprà uscire dall’equivoco, dai tira e molla e mettersi col lavoro fecondo dalla propaganda fra le masse e dell’azione veramente rivoluzionaria.

Voi saprete interpretare per il loro verso queste idee buttate già così confusamente ed in fretta. Io del resto le svilupperò completamente in un lavoretto che darò alle stampe al più presto.6

Se volete far leggere questa lettera a qualche amico fatelo pure; ma però, appunto perchè è buttata giù in fretta e senza ordine, fatela leggere solo a quelli che conoscete abbastanza intelligenti per non interpretare le cose a rovescio...

 





5 La lettera inviata alla Pezzi a Firenze da Londra il 29 aprile 1892 (rintracciata in C.P.C. dell’A.C.S.R , Fascicolo E. Malatesta, ora in L. GESTRI, , “Dieci lettere inedite di Cipriani, Malatesta e Merlino”, in Movimento operaio e socialista, XVII (1971), pp.325‑27.



6Un peu de théorie”, apparso nell'"EnDehors" del 21 agosto 1891 e ripubblicato più volte in opuscolo.



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