Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

1. Il periodo della maturazione ideologica

3. LA LEZIONE DEI FATTI

c. Il nostro compito

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c. Il nostro compito12

 

… Che cosa dobbiamo fare per metterci in grado di fare la rivoluzione nostra, la rivoluzione contro ogni privilegio ed ogni autorità, e vincere?

La tattica migliore sarebbe di fare sempre e dappertutto la propaganda delle nostre idee; di sviluppare nei proletari, con tutti i mezzi possibili, lo spirito di associazione e di resistenza e di suscitare in loro sempre crescenti pretensioni; di combattere continuamente tutti i partiti borghesi e tutti i partiti autoritari restando indifferenti alle loro querele; di organizzarci fra quanti sono convinti e si van convincendo delle nostre idee, e provvederci dei mezzi materiali necessari alla lotta; e quando fossimo arrivati ad aver la forza sufficiente per vincere, insorgere da soli, per conto nostro esclusivo, per attuare tutto intero il nostro programma, o più propriamente per conquistare a ciascuno l'intera libertà di sperimentare, praticare ed andare man mano modificando il modo di vita sociale ch’egli crede migliore.

Ma, purtroppo, questa tattica non può essere sempre rigorosamente seguita ed è impotente a raggiungere lo scopo. La propaganda non ha che un’efficacia limitata, e quando in un dato ambiente si sono assorbiti tutti gli elementi capaci per le loro condizioni morali e materiali di comprendere ed accettare un dato ordine d’idee, poco più si può fare colla parola e cogli scritti fino a che una trasformazione dell’ambiente non abbia sollevato un nuovo strato della popolazione alla possibilità di apprezzare quelle idee. L’efficacia dell’organizzazione operaia è essa pure limitata dalle ragioni stesse che si oppongono all’estendersi indefinito della propaganda; nonchè da fatti economici e morali d’ordine generale che affievoliscono o neutralizzano del tutto gli effetti della resistenza dei lavoratori coscienti.

Una forte e vasta organizzazione nostra per la propaganda e per la lotta incontra mille ostacoli in noi stessi, nella nostra mancanza di mezzi e soprattutto nelle repressioni governative. Ed anche supponendo che fosse possibile col tempo di arrivare, per mezzo della propaganda e dell’organizzazione, ad aver la forza per fare la rivoluzione da noi, direttamente per il socialismo anarchico, si producono tutti i giorni, e ben prima che noi si sia giunti ad avere quella forza, delle situazioni politiche nelle quali siamo obbligati ad intervenire sotto pena non solo di rinunziare ai vantaggi che se ne possono ricavare, ma anche di perdere ogni influenza sul popolo, di distruggere una parte del lavoro e di rendere più difficile il lavoro futuro.

Il problema dunque è di trovare il mezzo per determinare per quanto sia in noi quelle modificazioni di ambiente necessarie al progresso della nostra propaganda e di profittare delle lotte fra i vari partiti politici e di tutte le occasioni che si presentano senza rinunziare a nessuna parte del nostro programma ed in modo da facilitare ed avvicinare il trionfo.

In Italia, per esempio, la situazione è tale che è possibile, è probabile, in un tempo più o meno breve una insurrezione contro la Monarchia. Ma è certo d’altra parte che il risultato di questa prossima insurrezione non sarà il socialismo anarchico.

Dobbiamo noi prendere parte alla preparazione ed alla realizzazione di questa insurrezione e come?

Vi sono alcuni compagni i quali pensano che noi non abbiamo nessun interesse a mischiarci in un movimento, il quale lascerà intatta l'istituzione della proprietà privata e servirà solo a sostituire un governo ad un altro, a fare cioè una repubblica, la quale non sarebbe meno borghese e meno oppressiva di quello che è la monarchia. Lasciamo, essi dicono, che i borghesi e gli aspiranti al governo si rompano le corna tra di loro, e noi continuiamo per la nostra strada, facendo sempre la propaganda antiproprietaria ed antiautoritaria.

Ora la conseguenza di questa astensione sarebbe, prima di tutto che l'insurrezione senza il contingente delle nostre forse avrebbe meno probabilità di vincere e quindi per causa nostra potrebbe trionfare la monarchia, la quale, massime in questo momento che combatte per la vita ed è resa feroce dalla paura, preclude la via alla propaganda ed a qualsiasi progresso. Di più, facendosi il movimento senza il nostro concorso, noi non avremmo nessuna influenza sugli avvenimenti ulteriori, non potremmo cavar nulla dalle occasioni che si presentano sempre nel periodo di transizione tra un regime ed un altro, saremmo discreditati come partito di azione e non potremmo per lunghi anni fare alcuna cosa d’importanza.

Non è il caso di lasciare che i borghesi si battano tra di loro, perchè in un movimento insurrezionale la forza, per lo meno materiale, è sempre il popolo che la , e se noi non siamo nel movimento dividendo coi combattenti i pericoli ed i successi e cercando di trasformare il moto politico in rivoluzione sociale, esso popolo non servirà che di strumento in mano agli ambiziosi che aspirano a dominarlo.

Invece, pigliando parte all’insurrezione (insurrezione che non avremmo la forza di far da noi soli) e pigliandovi la parte più grande possibile noi avremmo la simpatia del popolo insorto, e potremmo spingere le cose più avanti che si può.

Noi sappiamo benissimo, e non cessiamo mai di dirlo e di dimostrarlo, che repubblica e monarchia si equivalgono e che tutti i governi hanno un’eguale tendenza ad allargare il loro potere e ad opprimere sempre più i governati. Ma sappiamo pure che più un governo è debole, che più è forte la resistenza ch’esso incontra nel popolo, e più grande la libertà più è grande la possibilità di progredire. Contribuendo in modo efficace alla caduta della monarchia noi potremmo opporci con più o meno efficacia alla costituzione o alla consolidazione di una repubblica, potremmo restare armati e negare ubbidienza al nuovo governo come potremmo qua e fare dei tentativi di espropriazione e di organizzazione anarchica e comunista della società. Noi potremmo impedire che la rivoluzione si arresti al suo primo passo e che le energie popolari, svegliate dall’insurrezione, si addormentino di nuovo. Tutte cose che non potremmo fare, per ovvie ragioni di psicologia popolare, intervenendo dopo: quando l’insurrezione contro la monarchia si fosse fatta ed avesse vinto senza di noi.

Spinti da queste ragioni, altri compagni vorrebbero che noi lasciassimo da parte per il momento la propaganda anarchica e ci occupassimo solo della lotta contro la monarchia, per poi ad insurrezione vinta ricominciare il nostro lavoro speciale di anarchici. E non pensano che se noi ci confondessimo oggi coi repubblicani, lavoreremmo a beneficio della prossima repubblica, disorganizzeremmo le nostre file, confonderemmo la mente dei nostri, e non avremmo poi, quando vorremmo, la forza d’impedire che la repubblica si faccia e si fortifichi.

Fra questi due errori opposti, la via che dobbiamo seguire ci pare chiara.

Noi dobbiamo concorrere con i repubblicani, con i socialisti democratici e con qualsiasi partito antimonarchico ad abbattere la monarchia: ma dobbiamo concorrervi come anarchici, per gli interessi dell’anarchia senza scompaginare le nostre forze e confonderle con quelle degli altri, e senza prendere nessun impegno che vada oltre della cooperazione nell’azione militare.

Così solo possiamo, secondo noi, avere, nei prossimi avvenimenti, tutti i vantaggi di un’alleanza cogli altri partiti antimonarchici senza rinunziare a nessuna parte del nostro programma.

 





12 Titolo originale Il compito degli anarchici, in “La Questione Sociale”, Paterson, settott. 1899. AI suo rientro in Europa, Malatesta lanciava da Londra, sempre nel 1899, un breve opuscolo largamente diffuso in Italia, clandestinamente, dal titolo Aritmetica elementare. In realtà esso era un “appello a tutti gli uomini di progresso” contro la monarchia: mirava cioè all’unione di tutti i partiti antimonarchici invitando all’insurrezione, senza pregiudiziale alcuna per i principi che ciascun partito professava e senza impegni circa quanto ciascuno di essi avrebbe creduto di dover fare dopo la caduta della monarchia. La parte sostanziale dell’opuscolo venne ripubblicata insieme ad altro scritto del 1920 di Malatesta e ad un saggio del 1920 di E. Molinari, sotto il titolo Contro la monarchia / Le due vie / I fattori economici pel successo della rivoluzione sociale, Ginevra, Il Risveglio, 1932.



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