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b. Anarchia e parlamentarismo20
...Merlino nega (vedi l’Avanti! del 9 marzo) che la lotta politica parlamentare sia contraria ai principi socialisti-anarchici.
Quello che è contrario ai nostri principii è il parlamentarismo, in tutte le sue forme e tutte le sue gradazioni. E noi riteniamo che la lotta elettorale e parlamentare educa al parlamentarismo e finisce col trasformare in parlamentaristi coloro che la praticano.
Merlino, che pare si dica ancora anarchico e pare vada facendo continue riserve sull’abolizione piena ed intera del parlamentarismo ed accampa la fede nuovissima nella possibilità di un governo che sia servitore del popolo e si possa congedare quando non faccia il suo dovere o non si abbia più bisogno dell’opera sua, dovrebbe innanzi tutto spiegarci che cosa sarebbe questa sua anarchia parlamentare. Finora il socialismo anarchico alla fin fine, non è stato che il socialismo antiparlamentare; perchè allora continuare a chiamarlo anarchico?
L’astensione degli anarchici non è da confrontare con quella, per esempio, dei repubblicani. Per questi l’astensione è una semplice questione di tattica: si astengono quando credono imminente la rivoluzione e non vogliono distrarre forze della preparazione rivoluzionaria; votano quando non hanno di meglio da fare, ed il loro meglio è molto ristretto poichè rifuggono per ragioni di classe dalle agitazioni sovvertitrici degli ordini sociali. In realtà essi stanno sempre sul buon cammino: essi vogliono un governo parlamentare e gli elettori che conquistano adesso sono sempre buoni per mandarli un giorno alla costituente.
Per noi invece, l’astensione si collega strettamente con le finalità del nostro partito. Quando verrà la rivoluzione (fra mille anni, s’intende, ci badi il procuratore del re) noi vogliamo rifiutarci a riconoscere i nuovi governi che tenteranno d’impiantarsi, noi non vogliamo dare a nessuno un mandato legislativo e quindi abbiamo bisogno che il popolo abbia ripugnanza delle elezioni, si rifiuti a delegare ad altri l’organizzazione del nuovo stato di cose, e quindi si trovi nella necessità di fare da sè.
Noi dobbiamo far sì che gli operai si abituino, fin da ora, per quanto è possibile, nelle associazioni di ogni genere, a regolare da loro i propri affari, e non già incoraggiarli nella tendenza a rimettersene in altri.
Merlino per ora dice ancora che le elezioni debbono servire come mezzo di agitazione, che gli eletti socialisti non debbono essere legislatori, e che la lotta importante si deve fare nel popolo, fuori del parlamento.
Ma senta un po’ i suoi amici dell’Avanti! Quelli sono logici. Essi vogliono andare al potere - per fare il bene del popolo, noi non ne dubitiamo - e quindi hanno ogni interesse a educare il popolo a nominare dei deputati e ad abituarsi essi a saper governare.
Ma Merlino dove vuole arrivare? Resterà egli eternamente tra il sì ed il no, tra il mi decido e non mi decido?...
Tutta la forza dell’argomentazione di Merlino consiste in un equivoco. Egli pone in contrapposto da una parte la lotta elettorale e dall’altra l’inerzia, l’indifferenza e l’acquiescenza supina alle prepotenze del governo e dei padroni; ed è chiaro che il vantaggio resta alla lotta elettorale...
La questione è tutt’altra. Si tratta di cercare qual’è il mezzo più efficace di resistenza popolare, qual’è la via che, mentre soddisfa ai bisogni del momento, conduce più direttamente ai destini futuri dell’umanità, qual’è il modo più utile d’impiegare le forze socialiste.
Non è vero che senza il parlamento mancano i mezzi per far pressione sul Governo e metter freno ai suoi eccessi. Al contrario. Quando in Italia non v’era il suffragio popolare, v’era una libertà che oggi ci sembrerebbe grande; e le violenze governative, molto minori di quelle di Crispi e Di Rudini, provocavano un’indignazione e una reazione popolare di cui oggi non si ha più l’idea. Lo stesso suffragio, di cui fan tanto caso, è stato naturalmente ottenuto quando il suffragio non v’era; ed ora che v’è, minacciano di toglierlo. Effetto miracoloso della sua efficacia!...
D’altronde il fatto è questo; se nel paese v’è coscienza e forza di resistenza, se vi sono partiti extracostituzionali che minacciano lo Stato, allora il governo rispetta lo Statuto, allarga il suffragio, concede libertà, tanto per aprire delle valvole di sicurezza alla crescente pressione; ed in Parlamento i deputati borghesi tuonano contro i ministri, tanto per farsi popolari. Se invece il governo vede che i partiti popolari fondano le loro speranze sull’azione parlamentare e che la cosa che più gli dà noia sono i deputati socialisti, allora respinge il suffragio, tien chiuso il parlamento, viola lo Statuto; e se i deputati hanno il nerbo, cosa rara, di resistere più che per burla, vanno in prigione malgrado il medaglino e l’immunità.
Quando Merlino poi dice che gli astensionisti sono dei dottrinari e si compiace a mettere in bocca loro una serie di ragionamenti che mena fuori di ogni vita reale ed al più completo quietismo, allora Merlino è... men che sincero.
Vi sono è vero degli anarchici che si curano poco della praticabilità delle loro idee e limitano il loro compito alla predica di nozioni astratte, che essi credono il vero assoluto... se vero oggi, o vero tra mille anni non importa.
Ma Merlino sa che quella tendenza non è quella di tutti gli anarchici, che di essa in Italia appena se ne ritroverebbe la traccia e che, anche all’estero, essa in fondo non è rappresentata che da poche personalità.
Servirsi dell’esistenza di una tale tendenza per attribuirla a tutti gli anarchici e darsi così l’aria di aver ragione, può essere un abile espediente di polemica, ma non è degno di chi cerca e vuol propagare la verità...