Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

2. Antiparlamentarismo ed elezionismo

3. SOCIALISMO LEGALITARIO E SOCIALISMO ANARCHICO. L’INTERVISTA DI CIANCABILLA E LA POLEMICA CON L`AVANTI!

a. La situazione del movimento e le sue prospettive

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3. SOCIALISMO LEGALITARIO E SOCIALISMO ANARCHICO. L’INTERVISTA DI CIANCABILLA E LA POLEMICA CON L`AVANTI!

 

a. La situazione del movimento e le sue prospettive26

 

[Sulla situazione di crisi del movimento in Italia Malatesta, allora rientrato clandestinamente dall’Inghilterra e stabilitosi ad Ancona, attribuiva un’influenza solo indiretta alle leggi eccezionali. Secondo Malatesta la crisi era preesistente ed interna al movimento.]

 

E quali erano queste cause interne di debolezza?

Principalmente eran questioni teoriche, non ancora ben delucidate, le quali avevan fatto sì che ci credevano d’accordo, mentre spesso sotto una stessa fraseologia si nascondevano idee assolutamente diverse.

Eranvi poi in mezzo a noi degli elementi dissolventi che di anarchici non avevano che il nome. Fu inoltre gravissimo errore quello di esserci allontanati dal movimento operaio e di aver cessato così a poco a poco dall’essere un partito vivente e popolare, per ridurci invece in un manipolo di dottrinari.

Si può aggiungere che in sui primordi del movimento anarchico, forse per l’estrema giovinezza ed inesperienza dei suoi iniziatori, si aveva l’illusione di poter arrivare alla rivoluzione a breve scadenza; e per conseguenza si trascurava ogni lavoro di organizzazione che richiedeva opera lunga e paziente, pur riconoscendone teoricamente l’utilità. E accadde questo fenomeno: che noi, i quali eravamo sempre stati, sin dalle origini in lotta con il partito marxista, eravamo per molti lati più marxisti di quelli che si professavano tali. Così, ad esempio, accettavamo del marxismo l’inerte fatalismo, la legge del salario messa in voga da Lassalle, ed altri postulati. Per questo eravamo persuasi della impossibilità ed inutilità di qualsiasi riforma e miglioramento delle condizioni del proletariato in un regime capitalistico. Questo fece sì che non solo noi non ci occupassimo delle piccole rivendicazioni e lotte operaie che tutti i giorni fatalmente si combattono in questa "struggle for life" sociale, ma si ottenesse invece questo effetto negativo: che appunto nei paesi più avanzati, dove il proletariato aveva maggior coscienza di organizzazione, e dove, quindi, esso poteva resistere, imporsi e strappare qualche brandello di concessione, gli operai con più difficoltà, e quasi con diffidenza, ascoltavano noi che predicavamo loro, in modo assoluto, l’impossibilità di ogni miglioramento nel regime capitalistico attuale. Questa spiegazione è, secondo me, più e più logica di quella addotta dall’Avanti! per dar la ragione del fatto che molto spesso è nei paesi dove il proletariato aveva maggiore coscienza che l’idea anarchica fece minor progresso perchè gli operai abbandonavano l’anarchia in forza della predicazione socialista.

Ma allora tendereste a diventare un partito riformista?

– No, perchè per noi le riforme, se e dove si possono ottenere non debbono essere che un avviamento alla rivoluzione; e perciò vogliamo che il popolo le conquisti da se stesso, senta che sono dovute alla sua energia, e in lui, quindi, si sviluppi la volontà di pretendere sempre di più. Siamo un partito rivoluzionario perchè miriamo alla rivoluzione e perchè riteniamo che le riforme possibili nel regime capitalistico non possono essere che anodine, spesso semplicemente temporanee, e che il proletariato non potrà raggiungere la sua emancipazione senza la trasformazione completa degli ordinamenti sociali.

Per sistema, noi patrociniamo sempre quelle riforme che più delle altre, rendono evidente il conflitto tra proprietari e proletari, tra governanti e governati, e che quindi pretendono preparare un sentimento cosciente della ribellione, che esploderà nella rivoluzione definitiva finale.

D’altronde per noi l’essenziale è di stare col popolo, di mostrargli che noi intendiamo lottare e soffrire con lui, di sviluppare in lui la coscienza della forza, volontà e potenza che solo possono venirgli dall’organizzazione. Poi non mancherà l’occasione di far di più; che veramente in Italia non sono le occasioni di rivoluzione che sono mancate, ma la forza nei partiti popolari di approfittarne. Ora noi miriamo appunto ad acquistare questa forza. Il resto verrà dopo.

Avete intenzione di dar alla luce nessuno schema di programma?

– Nelle linee generali il programma socialista-anarchico è abbastanza noto, e noi lo esponiamo e lo difendiamo continuamente nelle nostre pubblicazioni, nei nostri discorsi e nella propaganda individuale, che è per ora la parte principale della nostra attività. Del resto è in discussione fra le sezioni del nostro partito una formula di programma, diremo così ufficiale, che vedrà la luce quanto prima, e che, pur restando fisso nei suoi cardini fondamentali, sarà nella parte tattica sempre aperto alle modificazioni che il partito, a seconda delle occasioni, crederà di apportarvi.

Insomma sembrerebbe che voi pure tendete a seguire in questo la falsariga del partito socialista

– No. Il nostro partito si differenzia dal partito socialistalegalitario oltre che per i suoi principii, anche nella sua struttura. E ne differisce perchè non è un partito autoritario, e non è sottoposto a qualsiasi direzione.

Il solo vincolo che unisce noi tutti socialistianarchici è quello di volere le stesse cose, di volerle raggiungere con gli stessi mezzi generali, e di voler stare uniti per cooperare insieme al raggiungimento del fine. I nostri organi federali, cioè le varie Commissioni di corrispondenza, non sono che il mezzo per mantenere con più facilità le relazioni e gli accordi fra i compagni, per poterli più rapidamente informare delle proposte che sorgono dai gruppi, del parere che su di esse danno i compagni tutti, insieme col concorso che essi vogliono e possono dare per la loro effettuazione. Del resto tutti i gruppi han piena autonomia, limitata solo naturalmente dall’impegno di non mettersi in contraddizione coi principi e colla tattica generale del partito, violando i quali, i gruppi o i compagni dissidenti verrebbero a mettersi volontariamente fuori del partito

Dunque ti sembra che il partito anarchico si sia finalmente messo sulla buona strada, e progredisca a grandi passi?

– Oh, questo progredire a grandi passi veramente non si può dire ancora. Ma, come tu dici, siamo sulla buona strada. Prima di tutto si può affermare con sicurezza che l’intesa è adesso completa. Molti equivoci sono stati dissipati, molte questioni che in fondo eran di parole sono state ridotte ai loro veri termini, e laddove vi erano elementi incompatibili con noi essi sono stati eliminati. Nei paesi dove il partito anarchico aveva vecchie tradizioni si sono ricostituite sezioni che lavorano attivamente ad estendere la propaganda, e ogni giorno riescono a penetrare in qualche nuovo centro vergine alla nostra azione, incominciano a partecipare alla vita operaia e ad avere qualche influenza in mezzo alle organizzazioni economiche. Oltre a parecchie pubblicazioni di propaganda più o meno periodiche, abbiamo un giornale, "L’Agitazione", che ha ormai la vita assicurata. Certamente vi è ancora molto, immensamente da fare prima di essere un partito che faccia sentire validamente la sua influenza nella vita pubblica; ma già siamo in tale condizione da poter guardare con fiducia l’avvenire, ed essere sicuri che qualsiasi uragano reazionario ci piombi addosso, non riuscirà a distruggere ad arrestare l’opera nostra.

Perchè avete creduto di dover aggiungere alla parola anarchici l’aggiunta, che quasi può parere un’attenuante, di socialisti?

– Non è punto un’aggiunta, e tanto meno un’attenuante. Fin dal 1871, quando incominciammo la nostra propaganda in Italia, noi siamo sempre stati e ci siam sempre detti socialistianarchici. Nell’uso del linguaggio ci è accaduto di chiamarci semplicemente anarchici, poichè intendevasi implicitamente che gli anarchici fossero socialisti, come altra volta quando i soli socialisti eravamo noi, ci accadeva molto spesso di chiamarci semplicemente socialisti, poichè s’intendeva (e allora in Italia lo intendevano tutti) che i socialisti fossero anche anarchici. Noi siamo stati sempre d’opinione che socialismo ed anarchia sono due parole che in fondo hanno lo stesso significato; poichè non è possibile, secondo noi, l’emancipazione economica (abolizione della proprietà) senza l’emancipazione politica (abolizione del governo) e viceversa.

Oggi più spesso ripetiamo insieme i due aggettivi non perchè si siano modificate le nostre idee, ma perchè oggi son diventati più numerosi coloro i quali credono di poter arrivare al socialismo per mezzo di un governo; come d’altra parte vi sono individui i quali si dicono anarchici senza essere socialisti, il che secondo noi, equivale a non essere nemmeno anarchici. Però bisogna intendere che per molti i quali si dicono anarchici respingendo l’appellativo di socialisti, non è che una questione di parole, volendo anche essi assicurati a tutti i mezzi di produzione.

I veri anarchici non socialisti, se anarchici si possono chiamare, non sono che alcuni borghesi i quali per voglia di attirare su di loro l’attenzione pubblica e di parere originali, o per ragioni teoriche completamente diverse da quelle che inspirano i veri anarchici, han preso qualche volta quel nome.

Credi possibile, almeno momentaneamente, un accordo tra il partito anarchico e il partito socialista?

– Io credo che coi socialisti legalitari noi abbiamo un immenso terreno comune nella lotta contro il governo e contro i capitalisti, e credo che potremmo e dovremmo trovarci d’accordo in tutte le agitazioni economiche e proletarie quali, ad esempio, quella odierna contro il domicilio coatto, gli scioperi, le leghe di resistenza, ecc. Disgraziatamente i socialisti legalitari, col loro spirito autoritario, hanno la tendenza a voler monopolizzare il movimento operaio, e a volgere tutte le agitazioni verso uno scopo elettorale, dimodochè temo che possano sorgere conflitti fra i due partiti, come già ne sorsero, e per gli stessi motivi, nei Congressi operai internazionali, nei quali i socialisti intendevano bensì di ammettere tutti gli operai senza distinzione di opinione, ma volevano poi escludere gli operai di opinioni anarchiche. Io mi auguro che quando noi avremo un’influenza ed una forza reale nel movimento operaio, i socialisti avranno il sentimento della propria responsabilità, e non vorranno farsi traditori della causa dei lavoratori, fomentando dissidi, quando di questi dissidi non vi è ragione reale

 





26 Titolo originale Un’intervista, fatta a Malatesta da G. Ciancabilla allora redattore dell’"Avanti!" e poi anarchico. L’intervista venne pubblicata sull’"Avanti!" del 3 ottobre 1897. Ciancabilla per non denunciare la presenza di Malatesta in Ancona, finge di averlo intervistato “in una piccola stazione di provincia, tra l’arrivo e la partenza di un treno”.



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