Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

2. Antiparlamentarismo ed elezionismo

4. ELEZIONI E VOTAZIONI

b. L’astratto rigorismo degli “intransigenti”

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b. L’astratto rigorismo degli “intransigenti30

 

Comincio a ricevere qualche giornale spagnuolo, che mi fa crescere la volontà di andare sul posto, senza, ohimè! aumentarne la possibilità.

A proposito delle tue osservazioni sul fatto che la caduta della monarchia spagnuola fu determinata da una manifestazione elettorale, ti dirò che è vero che tale fatto darà un certo credito alla lotta elettorale e sarà certamente sfruttato dagli elezionisti nella loro propaganda e nelle eventuali discussioni con noi, ma non infirma la nostra tesi, se fatti e teorie sono debitamente esposti e compresi.

In realtà le elezioni che noi combattiamo, cioè quelle che servono a nominare dei governanti, o tendono, nel periodo preparatorio, a discreditare e paralizzare l’azione diretta delle masse, non sono equiparabili al fatto spagnuolo. Le elezioni municipali spagnuole sono state l’esplosione del sentimento antimonarchico della popolazione, che ha profittato per manifestarsi della prima occasione che si è presentata. La gente è corsa all’urna come sarebbe corsa in piazza a fare una dimostrazione se non avesse avuto paura delle fucilate della Guardia Civile.

Non è detto con ciò che le urne hanno decisa la situazione, poichè se il re non si fosse sentito abbandonato dalle classi dirigenti e se fosse stato sicuro dell’esercito, se ne sarebbe infischiato delle elezioni ed avrebbe messo ordine alle cose con molte manette e qualche buon massacro.

Certamente sarebbe stato molto meglio se la monarchia fosse caduta in altro modo, in seguito per esempio ad uno sciopero generale od un’insurrezione armata, perchè il fatto che il movimento prese le forme elettorali influisce malamente sulla sua natura e sui suoi probabili sviluppi futuri; ma insomma meglio così che nulla. Possiamo deplorare che non vi siano state forze sufficienti per far trionfare i metodi nostri, ma dobbiamo rallegrarci che la gente cerchi, per una via qualsiasi, di conquistare maggiore libertà e maggiore giustizia.

Ti ricordi quando Cipriani fu eletto deputato a Milano? Alcuni compagni furono scandalizzati perchè io, dopo aver predicato l’astensione, mi rallegrai poi del risultato dell’elezione. Io dicevo, e direi ancora, che poichè vi sono quelli che, sordi alla nostra propaganda, vanno a votare, è consolante il vedere che essi votano per un Cipriani piuttosto che per un monarchico o un clericale – non già per gli effetti pratici che la cosa può avere, ma per i sentimenti ch’essa rivela.

Questa delle elezioni è stata sempre una maledetta questione anche in mezzo a noi stessi, perchè molti compagni danno estrema importanza al fatto materiale del voto e non capiscono la natura vera della questione.

Per esempio, una volta a Londra una sezione municipale distribuì delle schede per domandare agli abitanti del quartiere se volevano o no la fondazione di una biblioteca pubblica. Crederesti tu che vi furono degli anarchici i quali, pur desiderando la biblioteca, non volevano rispondere sì, perchè rispondere era votare?

E non vi erano, almeno a tempo mio, a Parigi e a Londra di quelli che trovavano antianarchico l’alzare la mano in un comizio per approvare l’ordine del giorno che esprimeva le loro idee? Applaudivano gli oratori che sostenevano una data risoluzione, ma poi si rifiutavano di manifestare la loro approvazione con un’alzata di mano o con un sì, perchè gli anarchici non votano.

Ritornando alla Spagna, naturalmente la questione si posa differentemente a riguardo delle elezioni per le Cortes Costituentes. Qui si tratta veramente di un corpo legislativo che gli anarchici non debbono riconoscere ed alla cui elezione non possono partecipare. Naturalmente se Costituente vi deve essere è preferibile ch’essa sia repubblicana e federalista anziché monarchica e accentratrice; ma il compito degli anarchici resta quello di sostenere e mostrare che il popolo può e deve organizzare da il nuovo modo di vita e non già sottoporsi alla legge. Ed io credo che si può obbligare la Costituente ad essere il meno reazionaria possibile ed impedire ch’essa strozzi la rivoluzione meglio agendo di fuori che standovi dentro.

Io cercherei di opporre alla Costituente dei Congressi permanenti (locali, provinciali, regionali, nazionali) aperti a tutti, i quali, appoggiandosi sulle organizzazioni operaie, discuterebbero tutte le questioni (espropriazione, organizzazione della produzione, ecc.) stabilirebbero rapporti volontari fra le varie località e le varie corporazioni, consiglierebbero, spronerebbero, ecc.

Ma è meglio smettere. Tu riceverai questa mia quando forse la situazione sarà cambiata; ed io riceverò la tua risposta quando vi sarà stato forse un altro cambiamento.

 





30 Dalla lettera a Luigi Fabbri datata Roma 18 maggio 1931, poi pubblicata in "Studi Sociali" del 30 settembre 1932.



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