Errico Malatesta
Rivoluzione e lotta quotidiana

3. Gli anarchici e il movimento operaio

2. NECESSITÀ E PROBLEMI DEL MOVIMENTO OPERAIO

b. La funzione del sindacato nella rivoluzione

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b. La funzione del sindacato nella rivoluzione35

 

Il mio articolo recente su Sindacalismo e Anarchismo ha suscitato dei dubbi in alcuni compagni, che pur sono d’accordo sulla tesi generale ch’io sostenevo.

Uno di essi mi scrive:

Visto che non salteremo a piè pari dalla società borghese a quella anarchica bell’e organizzata, non potrebbero essere i sindacati – quelli dei mestieri utili, si capisce, non quelli dei marmisti o dei gioiellieri! – gli organi per lo meno provvisori necessari a continuare l’organizzazione della produzione e della distribuzione che dovrà continuare senza interruzione anche in periodo rivoluzionario?”

Perfettamente. Ed appunto perchè sono convinto che i sindacati possono e debbono esercitare una funzione utilissima, e forse necessaria, nel passaggio della società attuale alla società ugualitaria, io vorrei che essi fossero giudicati al loro giusto valore e che si tenesse sempre presente la loro naturale tendenza a diventare delle corporazioni chiuse intente solo a propugnare gl’interessi egoistici della categoria, o, peggio ancora, dei soli organizzati, per potere meglio combatterla ed impedire che essi diventino degli organi di conservazione. Così come appunto perchè riconosco l’utilità grandissima che possono avere le cooperative nell’abituare gli operai alla gestione dei loro affari e del loro lavoro, e funzionare, all’inizio della rivoluzione, quali organi già pronti per l’organizzazione della distribuzione dei prodotti e servire come centri di attrazione intorno a cui si potrà raccogliere la massa della popolazione, io combatto lo spirito bottegaio che tende naturalmente a svilupparsi in esse e vorrei che esse fossero aperte a tutti, che non dessero alcun privilegio ai loro soci e soprattutto che non si trasformassero come avviene spesso, in vere società anonime capitalistiche che impiegano e sfruttano dei salariati e speculano sui bisogni del pubblico.

Secondo me, cooperative e sindacati, tali quali sono in regime capitalistico, non portano naturalmente, per loro forza intrinseca, alla emancipazione umana (è questo il punto controverso), ma possono produrre il male o il bene, essere organi oggi di conservazione o trasformazione sociale, servire domani la reazione o la rivoluzione, secondo che si limitino alla loro funzione propria di difensori degli interessi attuali dei soci, o siano animati e travagliati dallo spirito anarchico, che fa loro dimenticare gl’interessi in omaggio agli ideali. E per spirito anarchico intendo quel sentimento largamente umano che aspira al bene di tutti, alla libertà ed alla giustizia per tutti, alla solidarietà, ed all’amore fra tutti, e che non è dote esclusiva degli anarchici propriamente detti, ma anima tutti gli uomini di cuore buono e d’intelligenza aperta.

Per stesso il movimento operaio, mirando alla protezione degl’interessi attuali dei lavoratori e più specialmente dei membri di ciascun sindacato, tende naturalmente a diminuire la concorrenza sul mercato del lavoro per poter meglio resistere alle pretese dei padroni, ad ostacolare l’entrata di nuovi soci alle organizzazioni arrivate ad un certo limite di potenza, a fare del lavoro qualificato e meglio pagato un privilegio degli organizzati, a creare insomma una nuova classe privilegiata, un nuovo ceto interessato ad intendersela coi padroni, a diventare complice dello sfruttamento capitalistico, colla compartecipazione agli utili, coll’azionariato operaio, ecc, a danno della grande massa dei diseredati, condannati ai lavori puramente manuali e divenuti servi delle macchine e poco più che pezzi di macchine.

Questo può non accadere se vi è spirito di ribellione nella massa, e se una luce ideale illumina ed eleva quegli operai meglio dotati e più favoriti dalle circostanze che sarebbero in grado di costituire la nuova classe privilegiata. Ma è indubitato che se si resta sul terreno della difesa degl’interessi attuali che è il terreno proprio dei sindacati, poichè gli interessi non sono armonici possono armonizzarsi in regime capitalistico, la lotta tra i lavoratori è un fatto naturale e può anche in certe circostanze e fra certe categorie diventare più accanita che tra lavoratori e sfruttatori.

Per convincersene basta osservare quello che sono le maggiori organizzazioni operaie nei paesi in cui vi è molta organizzazione e poca propaganda, o tradizione rivoluzionaria

 





35 In Umanità Nova, 13 Aprile 1922. Malatesta richiama qui l’articolo pubblicato nel numero del 6 aprile 1922.



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