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§. XIV.
Ingiurie della turbe delle Bestie. Rimproveri, sentenze e ammonimenti dell'Asino.
Qui fu sentito un fruscio lungo e pauroso delle ossa morte, come lo zufolare che fanno le foglie di castagno per le forre dei monti quando le mena in giro la tempesta, e subito dopo un suono immenso di voci discordi, le quali schiamazzavano:
- Silenzio, Asino. Tu consumi la Eternità a ragionare di te Asino pro dono tua; basta, basta.
Ma l'Asino appoggiato con le zampe sul davanzale della tribuna spaziava coll'occhio e più con la mente sereni sopra la vile moltitudine delle Bestie morte, pari al Nettuno Tirreno che vide un dì scorrere sotto le sue piante le larghe onde, per andare a rompersi su la costa Maremmana. Quando il muggito della turba incominciò a quietare, col più potente de' suoi ragli l'Asino riprese il ragionamento così;
«- Bestie, a me sorelle per lunghi dolori, per le gioie fugaci e per la morte comune, ponete mente alle mie parole novissime. Le Bestie codate o senza coda, con quattro gambe o con due, vestite di pelo o di piuma, salvansi insieme tutte, o tutte si rompono il collo insieme. Chi fa parte da sè fa la parte del nemico. Ogni regno diviso in sè casca in rovina. Avete sentito dire; Ognuno per se, Dio per tutti; questo è bugiardo, vero all'opposto quest'altro: Ognuno per sè, Dio per nessuno. Voi vivendo foste come quelli del ponte a Rifredi, pochi e mal di accordo: state in pace una volta; ancorchè siate morti, la carità può giovarti a qualche cosa; soprattutto prendete questo ammonimento in buona parte, chè ve lo dà un Asino di cuore; quando parlo degli Asini, non dicano i Rondoni: a me che rileva cotesto? In verità affaticandomi per gli Asini io giovo anche ai Rondoni.