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LANCIOTTO
(segue collo sguardo Alberigo e rimane alcun tempo immobile)
Onde in me tanto sdegno?... Ei nulla disse;
Pure il suo ghigno atroce
Me come lama di pugnal trafisse.
(ritorna sul davanti della scena assorto in cupi pensieri)
Nel dì delle mie nozze - or lo rammento -
Quando in Ravenna il fratel mio tornò,
Di strano, inesplicabile sgomento
La sua candida fronte si turbò.
Quando trepido, ansante io le chiedea
Qual pena arcana le premesse il cor,
Uno sdegno implacabile fingea...
D'odio mendace ricoprìa l'amor!
(volgendosi alla porta)
Dessi!... ben giunti!... Il truce vel si
squarci!