Giacomo Ferretti
L’ajo nell’imbarazzo
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ATTO SECONDO

Scena terza. Gilda ed Enrico, indi il marchese Giulio

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Scena terza. Gilda ed Enrico, indi il marchese Giulio

 

GILDA
Quando avrò fra le braccia il figlio mio
non pavento sventure.

ENRICO
Or vedi, Gilda,
se il core di Gregorio
è un cor che non ha eguale?

GILDA
Io non credea
in un vecchio pedante
alma così pietosa. Or spero alfine...
Che s'ei parla per noi, quell'orso ircano
quel padre tuo diventerà più umano.

ENRICO
Lo spero anch'io. Non più pien di sospetto,
di furto, e palpitante,
quando dormono tutti,
a te cara, verrò. Finché vivea
il mio vecchio Bastiano
era facile impresa. Ora il periglio
si fa sempre maggior.

GILDA
Le nostre pene,
le nostre smanie ormai saran finite.

GILDA ed ENRICO
Sarem marito e moglie...

GIULIO
Aprite... aprite.
(di dentro picchiando fortemente all'uscio)

GILDA
Ah! chi sarà?

ENRICO
Mio padre!
Non aprire, o son morto.

GIULIO
Femmina! aprite, e non gridate.
(di fuori picchiando)

GILDA
Enrico,
o sa tutto, o v'è equivoco,
caro, fidati a me.

ENRICO
Tremo da capo a piè.
(tremando con smania)

GIULIO
S'apre o non s'apre?
Getto a terra la porta.

GILDA
(a voce alta) Ma chi siete?

GIULIO
Il padrone.

GILDA
Va ... va ... obbedisci,
v'è Gilda tua per te. Nel caso estremo,
estremo ardir ci vuole.

ENRICO
Io per te tremo.

GILDA
Or tocca a me.

GIULIO
Spezzo la porta.

GILDA
Piano;
sofferenza signor. Non vi conosco.
Pur vi credo, e rispetto. Apro, e mi fido.
Della fiducia mia non abusate;
io sono in casa vostra.

GIULIO
(con forza)
Aprite.

GILDA
Entrate.
(apre e richiude)

Giulio la fissa immobile per la collera; Gilda con
dolcezza tenta di parlare, ed esso afferrandola per un
braccio la trascina con violenza sull'innanzi della
scena.

GILDA
Signor...

GIULIO
Se parli, o perfida,
trema.

GILDA
(Che ceffo!)

ENRICO
(Io gelo!)

GIULIO
Ho già sugli occhi un velo.

ENRICO e GIULIO
(Chi mi/la potrà salvar?
Un freddo sento, un tremito,
scender di vena in vena;
palpito, e posso appena...
appena respirar...)

GIULIO
Donna rea! mi leggi in fronte
l'irritato mio furore:
in tal loco? Ed a quest'ore?
Ah! che nera iniquità!
Ma se il fulmine sospendo
più tremendo piomberà.

GILDA
Ah! signor, non conoscete
le vicende del mio fato,
e che son...

GIULIO
Lo so: tacete.
Ah! Gregorio scostumato!
Vecchio ipocrita! insensato.
Con quel volto! in quell'età!

GILDA ed ENRICO
È in inganno.

GIULIO
Voi pensate,
che ho due tortore innocenti.
Zitta, zitta, non fiatate;
che non s'odano lamenti.
Ah! direi... vorrei... farei...
Ma prudenza ci vorrà.

GILDA
Son la figlia...

ENRICO
(Oh Dio! si perde.)

GIULIO
Non ascolto.

ENRICO
(Ciel! che dice?)

GIULIO
O sedotta, o seduttrice,
taci, vieni, non fiatar.
(afferrandole un braccio)
Quando torna, al reo Gregorio
fuor di qui ti vuò mostrar,
e lo voglio smascherar.

ENRICO
(Sento l'anima agghiacciar.)

GILDA
(Giusto ciel che avrò da far?)

GIULIO
Vedrò, vedrò l'ipocrita
pallido al mio cospetto;
solo in pensarlo, inondami
incognito diletto.
Vedrò tremar quel perfido,
confondersi, e gelar.
Taci per poco o collera,
presto dovrai scoppiar.

ENRICO e GILDA
Tutti del fato i fulmini
tutti dal fato aspetto.
Per me, per me non palpito
ho il cor tranquillo in petto.
Oh ciel (lo sposo/la sposa) e il figlio
affrettati a salvar.
Per me non v'è periglio;
la sorte io vo' sfidar.

Enrico rientra rapidamente nella camera. Giulio
trascina Gilda verso la porta di mezzo, ma nel
momento di aprirla, s'ode Gregorio di fuori che
picchia.


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