Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Federigo Tozzi
Ricordi di un impiegato

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

1 febbraio

Più di tutto, quando so che gli esami sono andati bene, mi dispiace lasciare la fidanzata. L’amo da vero la mia Attilia; e, ad andarmene da Firenze, per essere mandato chi sa in quale stazione, mi sento colpevole come di un delitto. Prendo la fotografia di Attilia; e, bagnandola volentieri di lagrime, le giuro, come se avessi dinanzi lei stessa, che non è colpa mia. Mangio e bevo le mie lagrime con una ingordigia che mi fa disperare anche di più.

Mia madre mi sorprende; e con un viso, dove mi par di leggere una contrarietà assoluta e immutabile, quasi un’ostilità egoistica, mi dice:

Vorresti portarti la moglie in casa nostra? Forse, ti pare che siamo pochi senza di lei?

Io non ho il coraggio di risponderle; ma, con un tremito fin dentro i nervi del cervello, le faccio capire che non sono punto disposto a cedere. E, allora, mi meraviglio di riuscire, per la prima volta, a non ubbidire a mia madre. La guardo meglio, quasi spaventato di me stesso; ed ella, senza più curarsi di me, apre i cassetti del canterano per ricontare la biancheria che dovrò portare con me. Le camicie sono tre soltanto, le mutande due, i giubbettini di lana mancano, i fazzoletti devono essere cifrati perché la lavandaia non li mescoli con quelli di altri o li perda, i solini non reggono più l’amido. Quando ha finito, mi dice:

— La tua fidanzata dovrebbe pensare a rifarti il corredo, se tu sei certo che pensa a te!

Io, esaltato dalla gioia di difendere Attilia, tolgo dal fondo del tavolino, che mi fa da nascondiglio, dove credo che non frughi nessuno, un involto ben chiuso; e riesco ad aprirlo con sveltezza delicata:

Guarda: mi ha regalato già questa cravatta!

Mi pare così bella che mi si bagnano un’altra volta gli occhi.

Mia madre, vedendomi a quel modo, non la osa toccare per rigirarla dalla parte della costura; ma la dispregia:

— Non ti durerà né meno un mese. È seta poco buona.

Io, allora, mentisco:

— Mi comprerà anche un paio di scarpe.

Mia madre diviene pallida:

— E tu non ti vergogni a farti rivestire da lei?

Sto per confessare che ho mentito; e sento che il respiro mi gonfia il petto come se scoppiasse. E le rispondo:

— Tu non la conosci, e non puoi pensare male di lei.

— Io le donne le conosco meglio di te.

Tremando, le chiedo:

— Quando l’hai veduta?

— Dalla fotografia non mi piace. Perché si pettina a quel modo?

Trovo, più volentieri di prima, un’altra menzogna:

Gliel’ho detto io.

— Non ci credo. Tu non dirai mai a una donna come si deve pettinare. È lei che comanderà sempre te.

Credi, se le voglio bene, che io la obbedisca?

Intanto esamina di sbieco la fotografia, stesa sul tavolino; con gli occhi di donna incinta, scintillanti e le palpebre abbassate:

sembra agitata e che pensi perfino la bocca. La sua vicinanza è più forte del pensiero di Attilia: è necessario che anche mia madre le voglia bene.

Io le chiedo:

— Mi prometti di parlarle una volta sola, prima che io vada via?

— Lo dirò a tuo padre.

Arrossisco e mi sento avvilire, benché con un senso di piacere stravolto.

Inaspettatamente, dall’uscio restato aperto, entrano le mie tre sorelle, tutte dai sette ai dodici anni. Ho appena il tempo di rivoltare sottosopra la fotografia; e mia madre, accostatele insieme passando loro una mano su i capelli, mi dice sorridendo:

— Ti vergogni perfino di te stesso!

Io, restato solo, cerco di raccapezzarmi se mi sono vergognato di me stesso o di loro.




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License