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Federigo Tozzi
Ricordi di un impiegato

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3 marzo

Mi alzo prestissimo. Odo due o tre sirene, e apro la finestra. L’Arno e tutto il paese sono coperti di nebbia; ma, sopra un

bricato, distinguo il piccolo pennacchio di fumo che esce da una delle sirene. Un treno arriva. Su l’argine del fiume, camminano a fila, in senso contrario al treno, tre giovinette.

Mi vesto e vado all’ufficio. I miei colleghi fanno colazione con il pane e una fetta di rigatino.

Sono molto impacciato; ed evito di parlare. Frattanto, entra il gestore. Se non avesse gli occhiali e il berretto nero con le righe d’oro, lo prenderei per un contadino basso e tarchiato, che ha i baffi biondi e gli occhi di un celeste chiarissimo e freddo. Io mi tolgo il cappello, ed egli mi chiede con un’aria tra indagatrice e maliziosa:

— Perché ieri sera non venne a cenare con noi? Le avevamo fatto preparare il posto.

— Non sapevo dove fossero.

Egli non mi crede, e mi rimprovera:

— Eh, non ci vuole mica tanto! È li’; guardi.

E mi accenna una piccola osteria di fianco al piazzale della stazione.

I miei colleghi stanno attenti a quel che gli rispondo.

— Verrò oggi.

Ma il gestore non ha finito:

— Ha trovato la camera?

—No.

— Ci abbiamo pensato noi. La prenderà da Agostino, il corriere che va a Pisa.

Io lo ringrazio; ed egli, garantitosi che non mi sono già inteso, come ho saputo dopo, con il vicegestore, suo nemico, si una fregatina alle mani; e dice con una bonarietà affettata:

Insegnategli quel che deve fare.

Ed esce. Ma, mentre io sto per domandarmi se ho commesso qualcosa di male, i miei colleghi fanno una risata. Uno prende un seggiolone, e lo attraventa contro quello del bigliettaio; il quale comincia a bestemmiare. Quelle bestemmie m’impacciano, e me ne sto ai vetri della porta esterna, guardando che gente càpita nel piazzale: pochi facchini; molti barrocci carichi, con sopra un impermeabile o una coperta rossa.

Drago, che passeggia fuori dei vetri, appena mi scorge, sputa. Io racconto tutto al bigliettaio, ed egli mi dice:

— Se non gli paghi da bere, non smetterà mai.

Dopo mezz’ora, posso lavorare. Ma i registri sono così pieni di correzioni e di scarabocchi che io non so quel che devo scrivere.




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