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Federigo Tozzi
Ricordi di un impiegato

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16 aprile

Ricevo due lettere. Una mi dice che m’è nata una sorellina; un’altra che Attilia sta molto male.

Allora, mostro la prima al capostazione; e ottengo il permesso di stare due giorni a Firenze. Sono quasi presago di non tornare più a Pontedera, e metto nella valigia tutta la mia roba. Saluto in fretta i colleghi e parto. Il gestore appena mi risponde; invece il vicegestore mi perfino la mano. Anche Drago non ha più voglia di essere mio amico, e vado a salutare la signora Marianna proprio per convenienza.

Salendo in treno, avrei piacere che ci fosse qualcuno a salutarmi; qualcuno che mi chiudesse lo sportello come si fa con le persone a cui si vuol bene. E, invece, non c’è nessuno. L’applicato di servizio mi un’occhiata di traverso, quasi malevola; e non risponde all’ultimo cenno che gli mando con la mano. Tuttavia, prima di sedermi e di guardare chi c’è nello scompartimento, m’affaccio. M’ero affezionato più di quel che credevo a Pontedera; ma mi prometto di non tornarci più; a costo di perdere l’impiego. Némora dove sarà a quest’ora? Negli stabilimenti industriali, le vetrate sono già illuminate dalle lampadine dentro; una donna si fa alla finestra e si ritrae prima ch’io abbia potuto vedere se la riconosco. La stazione si nasconde. Allora, metto dentro la rete la valigia; e mi siedo. Tengo le mani in tasca, e sono molto triste.

Di questi due mesi, mi resta soltanto una velatura di fastidio e di tedio.




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