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Federigo Tozzi
Ricordi di un impiegato

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7 marzo

Il capostazione è traslocato; e per due giorni funzionano gli applicati.

La moglie di lui, malata di cuore da parecchi anni, viene portata in poltrona dentro uno scompartimento. Egli ci bacia tutti ad uno per volta, dai superiori al più inferiore; e i facchini stanno un quarto d’ora con il cappello in mano.

Il nuovo capostazione ha sei figlie e un ragazzo. È molto anziano, magro e nervosissimo. Introduce subito alcune modificazioni; tutti rimpiangono l’altro; e specialmente gli addetti alla gestione aizzano lo scontento.

Egli se ne accorge; e si decide, per puntiglio, a continuare il suo metodo.

Ma preferisco parlare di me. È strano come io legga volentieri le lettere che Attilia, sempre malata, mi fa scrivere dalla sua amica! Quando su la busta vedo quella calligrafia allungata e grossa, somigliante un poco alle mandorle, le apro più in fretta; come se lo facessi per deferenza e per rispetto a lei. E ho notato che la terza lettera, benché io non la conosca, e lei non conosca me, non sembra dettata da Attilia come la prima. Si sente -che ha come un’amicizia per me. E perché so che anche lei legge le lettere mie, mi vengono scritte perfino meglio; come se avessi di più da dire.

Non la vorrei questa mescolanza di sentimenti!

Ma, oggi, ne ho saputa una bella. Ho saputo che la Calamai è l’amante del vicegestore. Il Brilli, quando gli hanno detto che ora è la mia padrona di casa, fattomi un visaccio, mi tenta:

— Scopra, senza destare sospetti, a che ora stanno insieme, e me lo riferisca. Ne è capace? Io, con due o tre persone influenti del paese, capito lì; e lo costringiamo a chiedere un’altra residenza. Basta che lei sappia fare, e in quanto allo scandalo ci penso io. Con uno scandalo simile, le garantisco che a Pontedera non ci potrà restare né meno un’ora. Anche per lei, caro signor Gradi, non è bello reggere il moccolo! Se la padrona di casa, dove sto io, non fosse una donna più che illibata e onesta, non mi ci terrebbero né meno legato a catena!

E, poi, lasciandosi prendere dalla bramosia dell’inimicizia, dopo due boccate di sigaro, prosegue:

— Non lo capisce che anche lei si compromette, se tollera questa tresca? Invece, può trarne un vanto, se lei è il primo a toglierla di mezzo. Può essere la sua fortuna. Dia retta a me. Del resto, prima glielo dico con le buone; e poi, le garantisco che non le permetto di rivolgermi la parola.

Io, invece, ho mezza voglia di avvertire la padrona; perché si guardi dal pericolo di ogni sorpresa. Se non faccio così è perché non si creda che anche io la corteggio. Ma, dianzi, mentre uscivo di camera mia, ho visto Drago uscire da quella della padrona. Il suo viso allegro e il suo camminare in punta di piedi m’hanno scoperto ogni cosa: Drago se la intende con lei, di soppiatto; quando il vicegestore è certamente in ufficio.

Con il cuore in sussulto, e indeciso se lo dico al Brilli, il facchino mi ferma appena ho sceso le scale:

— Se lei non dice ad anima viva che m’ha visto su in casa, io le prometto la mia amicizia. Sono sincero.

— Capisco, invece, che vi volete garantire di me e seguitare a sparlare di me con tutti! Ora che potrei farvi del male, avete paura.

— Che Dio mi tolga gli occhi in questo istante, mentre pronuncio queste parole, se ho un’intenzione simile! Venga con me a bere un bicchiere di vino, che le pago io; e non se ne parli più. Santa Lucia benedetta, che mi protegge la vista, mi gastighi come vuole; se ne sono meritevole!

E, presomi per mano, mi porta nella strada. Dopo aver bevuto insieme, egli va in paese e io alla stazione. Ma ho il cuore troppo grosso, e informo subito il gestore; benché sia un poco difficile, quando si vuol parlare di nascosto, non dare nell’occhio agli altri. Il gestore resta muto e il suo viso si congestiona gradatamente fino a doventare irriconoscibile. Per riflettere a come deve prendere la cosa, stringe il labbro di sotto tra il pollice e l’indice; ma capisco che gli è molto difficile. Alla fine, lascia andare una risata; che fa volgere quanti si trovano sotto la tettoia della stazione, Io ho paura che sia per farmi compromettere; ma egli, accarezzandomi il viso, mi dice:

— Non potrei essere più contento! Bravo Gradi! Si comporti bene anche all’ufficio, e farà carriera prima degli altri.

Intanto, la padrona, Convinta che le sarebbe impossibile trovare un altro inquilino meno pettegolo e meno curioso di me, tutte le volte che mi vede mi fa più festa che se fosse mia madre.

In camera non mi manca nulla; e mi tiene due brocche d’acqua invece che una. Ha cambiato la catinella vecchia e scortecciata con una quasi nuova, rigata di rosso dentro e fuora; e trovo tutto in ordine.

Confesso che, perciò, quando sto solo in camera, mi sento meno triste.

La finestra risponde in una vigna trasandata; di fianco, ci sono i due binari che vanno da Empoli a Pisa. Accanto alla vigna, molti orti, divisi da muriccioli. Dinanzi all’uscio di casa un pozzo; e vi prendono l’acqua per mezzo di una lunga stanga messa in bilico sopra un sostegno verticale. Sotto la mia camera, dorme la donna addetta alle latrine della stazione; e suppongo che uno dei due deviatori sia il suo amante.

E, oggi, contento che posso non aver più paura di Drago, mi sono messo per la prima volta la cravatta regalatami da Attilia.




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