Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Federigo Tozzi
Ricordi di un impiegato

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

18 marzo

In una bella mattinata, debbo tornare a dietro con l’anima opaca; perché, a mezzo del mio sogno, c’era come un coltello invisibile che l’ha tagliata in due parti. Avere avuto paura della stanchezza, e aver sentito una sofferenza aspra; avere tutta l’anima trapassata, sentendo la diffidenza dei miei sogni! Ed entrare in casa con la paura di non escire più! E la mia giovinezza come un’acqua bollente che è impossibile stia immobile!

Ma c’è proprio bisogno che la mia anima prenda quest’arie di scontentezza quasi allegra? Mi pare verniciata a nuovo e non ancora asciutta bene; come i cancelli del binario. Eppure io ricavo dal passato certe deliziose manie, come quando si ha voglia di rifrugare in un cassetto; pur sapendo che non c’è niente di cui abbiamo proprio bisogno. Allora tutte quelle cose che ora ci sono inutili, e che una volta abbiamo adoprate, mettono un’ebrietà di scontentezza che non ha proprio nessun senso. E così nella mia anima: vi sono ricordi che avrebbero la pretesa di essere considerati da più di quel che siano. Ma devo far notare che sono ricordi che di per se stessi non hanno nessuna importanza: piuttosto cercano di accomodarsi a certi stati d’animo che mi vengono adesso. Sono, direi, come rispondenze simboliche: scherzi inutili del passato, senza né meno che mi venga in mente d’andare proprio io a buttarlo all’aria. Ed è proprio strano che certe cose, a cui non pensavo né meno più, ora le riveda tanto bene!

Per esempio: stamani sotto casa mia c’erano due ciechi:

uno suonava il violino e l’altro la chitarra. Io ho sentito subito nella mia anima avanzarsi una freschezza morale che mi ha dato molto a riflettere. Ma, riflettendo, in vece che di ricavarci qualche utile, e magari saggia, speculazione per me, m’è parso che quella freschezza fosse la stessa di una giornata forse marzolina: quando vedevo il vento salire o scendere, a ondate, su per una collina di grano tutto verde.

Mi ci sono arrabbiato, dopo. Ma come? Una sensazione interamente morale poteva diventare un ricordo piacevole? Un ricordo che non aveva niente di speciale in se stesso? Certo non si riferiva allo stato d’animo che io avrò avuto quel giorno, perché anzi mi sarebbe addirittura impossibile ritrovarlo.

Che cosa avrebbero pensato gli altri di me? Io ero condannato ad essere compreso soltanto da pochissime persone pazienti, troppo poche: per tutte le altre, io doventavo ,un uomo volgare, un uomo da non distinguersi più dalla folla. E, in tanto, il vento saliva o scendeva per quel poggetto di grano tutto verde: e io mi trovavo solo a risolvere questa specie di problema.

Ma la mia anima, che con me è molto buona, mi aiutò: io dovevo ritrovare lungo i giorni del mio passato, che non avevo mai buttato via, molte cose. Io dovevo riprenderli, leggerli - dalla prima all’ultima riga perché erano come pagine lette soltanto a metà e anche meno. Dovevo ritrovarvi tanti significati, che avevo abbandonato, o per distrazione o per suggerimento sbagliato della mia volontà; che si crede, ogni volta, sempre infallibile. Oh, ma non era cosa da farsi li per li! Anzi, credo di non aver né meno cominciato.

Dovevo anzi tutto essere molto più sincero con me, magari anche riescendo brutale verso persone che non si attendevano da me tutta quanta questa verità. E dovevo convincermi, subito, per intuizione, che il mio sentimento si era sviluppato soltanto in sogni ed in estasi; che non avevano niente a che fare con l’esistenza che dovevo condurre.

Questo è stato il cattivo scherzo del violino e della chitarra; perché mi sono risvegliato come dopo il supplizio di un inganno; e con il preciso compito di non balbettare più invece che di parlare: le parole erano leggi.

Ma perché quel poggio di grano tutto verde? Se ci penso bene, può darsi che esso stia là come un punto di partenza, molto visibile, da dove mi devo rifare a prendere il mio passato. Non può avere altro senso: e, d’altra parte, sono portato ad escludere che sia un innocuo ricordo. Non so né meno che poggio sia: non lo riconosco, anzi. (Ora è bene che pianga un poco, invece dì scrivere!).

A piangere, mi piace come a ridere: è la stessa allegrezza, ma un poco dolorosa e aspra; come una fanfara improvvisa che fa tremare anche la finestra.

Alla fine, sono tornato tra i pioppi dell’Arno; perché sento

che la mia anima si fa più leggiera; imitando forse l’acqua che corre e pare immobile, tanto è limpida e silenziosa. Tremo anche io con i pioppi; e, se mi fermo, credo che la stesa dell’erba nata tra a gambàni mi si raduni intorno; perché mi sembra di fare amicizia anche con l’aria.

Non sono doventato erba anch’io, per farmi falciare insieme con tutta quella del campo? -

Tutto ciò che Attilia scrive mi piace. Ella è un essere vivente anche per me. Ogni sua parola si muove dentro la mia stanza, e la sento respirare.

Invece, quando parlo io, sento che il mio silenzio si fa anche più grande. E allora, tornato a casa, posso capire se mi sono comportato come dovevo.

Come sarà dolce stare vicino a una chiesa di campagna, con quel poco di verde delle siepi e con i cipressi alti!

Come sarà dolce confessarsi sul punto di morte, e sentire l’anima!

E rivedere, a un tratto, qualche viso che non smetterà di guardarmi!




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License